Declassato con decorrenza dall’1 gennaio 2020 il reparto di odontostomatologia chirurgica e speciale degli Ospedali Riuniti di Ancona.
Il declassamento
L’unita’ operativa, una vera eccellenza, l’unica in tutte le Marche in grado di erogare servizi odontoiatrici e di implantologia dentale a pazienti disabili non collaboranti, è stata modificata con una determina dirigenziale che recepisce le linee di indirizzo regionali, da struttura organizzativa dipartimentale “complessa” a struttura organizzativa “semplice”, non più dotata quindi della medesima autonomia e delle stesse risorse economiche e professionali.
Colpite le persone disabili
Tagli che colpiranno soprattutto le famiglie delle persone con fragilità (per i quali tra l’altro l’incidenza di alcune patologie dentali è più elevata) che necessitano di questa struttura pienamente efficiente perché la sola ad essere dotata della massima specializzazione nel trattamento delle persone non collaboranti, ricorrendo ove necessario alla sedazione o all’anestesia generale, e operando in estrema sicurezza, avendo a disposizione e a supporto l’unità operativa di rianimazione e di rianimazione pediatrica dell’ospedale, fondamentale in caso di non risveglio dall’anestesia generale del paziente disabile.
Disagi per i pazienti, più costi per la Sanità pubblica
Tagli che sacrificheranno maggiormente proprio alcune funzioni peculiari e servizi specialistici perché ridimensioneranno a semplice reparto di odontoiatria, una unità operativa complessa che un tempo era invece modello di eccellenza e di professionalità, come ci si dovrebbe attendere in un presidio ospedaliero di rilevanza regionale qual è il polo degli Ospedali Riuniti di Ancona: a oggi l’unica azienda sanitaria marchigiana con la qualifica di “secondo livello”, quello più alto in base alla classificazione vigente nella nostra regione. Ciò significa che di fronte alla minor accessibilità a tali servizi nell’ospedale di Ancona, le famiglie dei pazienti con disabilità non possono trovare risposte alternative in altre strutture delle Marche e saranno costrette a rivolgersi fuori regione, con i disagi enormi che lunghi spostamenti comportano alle persone fragili, ed oltretutto con un aggravio di costi (anziché un risparmio!) per la Regione.
Incontri fallimentari con dirigenti sanitari e politici
Ma non si può certo dire che il declassamento giunge inatteso. Incessanti sono stati negli ultimi anni gli appelli delle famiglie dei pazienti più fragili, nel frattempo costituitesi in “Comitato delle famiglie di persone con disabilità grave e gravissima delle Marche” con presidente Maria Rosaria Borgognoni e aderente al “Comitato regionale Pro Ospedali Pubblici Marche” con presidente Carlo Ruggeri, che hanno costantemente cercato una interlocuzione con la dirigenza sanitaria e le autorità politiche competenti regionali, le quali le hanno più volte ricevute, senza però poi dar seguito ad un concreto impegno per il mantenimento dell’integrale funzionalità del reparto.
Reparto sempre più ridotto e sacrificato: mesi per la cura di un dente
Gli esiti degli incontri delle famiglie del Comitato con le istituzioni regionali sono stati perlopiù orientati alla rassicurazione da parte dei politici sul fatto che l’imminente modifica organizzativa del reparto non avrebbe significato declassamento né contrazione di risorse e funzioni, ma una semplice riorganizzazione al fine di ridurre i primariati e contenere i costi.Queste affermazioni non convincono i familiari dei pazienti che da tempo assistono ad un continuo inesorabile depotenziamento della struttura, già da qualche anno privata, tra le altre cose, della funzione operativa di implantologia dentale con la conseguenza che le persone disabili, molte delle quali hanno subito il degrado dei propri denti magari a causa dei farmaci anti epilettici ed anticonvulsivanti, trovandosi impossibilitate a ripristinare i denti perduti con impianti hanno, come ultima soluzione, dovuto far ricorso sempre più alla dentiera, ausilio che però proprio in caso di attacchi epilettici e convulsioni costituisce un ostacolo alle prime fondamentali manovre salvavita. Oltre a ciò comunque, anche per funzioni di base, il reparto di odontostomatologia è stato nell’ultimo periodo fortemente ridotto e sacrificato, con erogazione di prestazioni sempre più diradate ed arrivando a liste di attesa anche di mesi e mesi per la cura di un dente.
Una scelta operata 15 anni fa
Le motivazioni ostative addotte dalla dirigenza e dalla politica rispetto alla possibilità di mantenimento della struttura operativa di odontostomatologia come autonoma e complessa, affondano le radici addirittura nella scelta operata quindici anni fa, al momento dell’istituzione stessa dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Ospedali Riuniti di Ancona” sul modello di gestione adottato: quello dei “dipartimenti aziendali integrati” (DAI). Questo modello gestionale ha come obiettivi dichiarati l’integrazione tra funzioni ospedaliere e universitarie, sulla base del Protocollo d’Intesa tra Regione Marche ed Università Politecnica delle Marche, annualmente aggiornato, e la soppressione delle sovrapposizioni risultati dalla fusione sotto un’unica azienda ospedaliera dei tre poli preesistenti (l’Umberto I, il Lancisi ed il Salesi).
Va in pensione il primario, chiude la struttura
Parallelamente però prevede anche, come espresso nell’Allegato 2 dell’Atto Aziendale, documento fondante che disciplina l’organizzazione dell’azienda ospedaliera sin dalla sua nascita (Determina 127/DG del 10/03/2005), la graduale “riduzione delle strutture operative complesse”, con “possibilità di classificazione ad esaurimento, che si renderà operativa nel momento della vacanza della responsabilità apicale” per le “strutture non inserite nella tabella ministeriale”. In sostanza le discipline non contemplate nelle tabelle ministeriali come meritevoli di essere inquadrate in un reparto dotato di propria autonomia debbono essere accorpate e quelle non inserite affatto in tali tabelle, una volta che il medico primario abbia raggiunto il pensionamento vanno in esaurimento, vengono del tutto soppresse. Appare evidente che entrambe le procedure: accorpamento e soppressione, vanno a discapito del livello di specializzazione e, se risultano inaccettabili perfino per nosocomi medio-piccoli (già “ospedali di rete”) data la situazione critica e di congestione che affligge la sanità marchigiana, sono logiche ancor più incompatibili con la funzione che dovrebbe assolvere un’Azienda Ospedaliera Universitaria d’eccellenza su scala regionale come gli Ospedali Riuniti di Ancona, la cui “mission”, come direbbero gli aziendalisti, i cui “obiettivi strategici” sono l’erogazione di prestazioni ad alta complessità, nonché prestazioni destinate ad un’utenza specifica che su base regionale assume una massa critica e volumi tali da giustificare l’impiego di maggiori risorse.
Ignorate le nuove linee guida ministeriali
Oltre a ciò si ravvisa che sia l’Atto Aziendale, documento ormai datato (al contrario dei protocolli di intesa Regione – Ateneo che vengono frequentemente rinnovati, integrati ed aggiornati), sia i provvedimenti dirigenziali che ne discendono, disattendono e anzi sembrano totalmente ignorare le nuove linee guida ministeriali per la presa in carico del paziente con disabilità che necessita di cure odontostomatologiche in base al grado collaborazione e autonomia approvate dal Consiglio Superiore della Sanità e operative già dal gennaio 2019, elaborate sulla base di un lungo e approfondito studio in merito alla diversa applicazione in ambito odontostomatologico del modello di presa in carico del paziente con disabilità, e redatte per conto del Ministero dal Gruppo tecnico sull’odontoiatria (GTO), istituito con il decreto dirigenziale 24 maggio 2012 e operante ai sensi del DM del 15 marzo 2018.
La situazione paradossale
Alla luce di quanto espresso, da parte delle figure dirigenziali sanitarie, accademiche e politiche di riferimento ci si attende un ravvedimento immediato rispetto al declassamento della Odontostomatologia Chirurgica e Speciale di Ancona con ripristino della struttura operativa dipartimentale complessa con le sue funzioni, le sue professionalità e una reale accessibilità ai servizi per i pazienti, così come in passato. Urge inoltre una revisione profonda dell’Atto Aziendale, un aggiornamento in chiave di sviluppo e innalzamento del livello di specializzazione, motivato e favorito dalla presenza e dall’attività svolta dall’Università Politecnica delle Marche all’interno del polo ospedaliero.
Risulta infatti paradossale che di pari passo alla deleteria politica regionale di chiusura dei piccoli ospedali nell’ottica di accentramento in strutture ospedaliere di più grandi dimensioni, di maggiori volumi, per questo ritenute dotate di un livello di sicurezza superiore (e più idonee al raggiungimento di livelli qualitativi elevati), d’altrocanto si contraggano proprio nell’azienda ospedaliera di maggior eccellenza e rilevanza per la regione, reparti operativi ad elevata specializzazione e complessità.
Intanto le cliniche private… godono!
Paradossale e illogico dal punto di vista dei cittadini utenti che vengono privati di un servizio per alcuni di loro essenziale. Paradossale e illogico persino da un punto di vista di coerente programmazione strategica aziendale. Se per “azienda” si intende l’azienda sanitaria pubblica, e non le cliniche private convenzionate, che tra l’altro nell’ultimo anno sembrano particolarmente vivaci nell’attivazione di servizi odontoiatrici di ultima generazione rivolti anche a persone con disabilità, “in barba” ai requisiti dimensionali, di volume e di sicurezza (sono strutture sprovviste di rianimazione!) in assenza dei quali i reparti e gli ospedali pubblici vengono smantellati ma il centro privato convenzionato può tranquillamente proliferare.
Dott.sa Beatrice Marinelli – Membro tecnico del direttivo del Comitato Pro Ospedali Pubblici Marche
10 gennaio 2020