Nel periodo in cui l’uva è matura, in tutta la nostra terra, si faceva (e si fa) la vendemmia. La raccolta dell’uva e la successiva pigiatura erano un momento di gran fatica, sì, ma anche di grande festa.
La raccolta dell’uva
Gli uomini e le donne, lavorando fianco a fianco lungo i filari, parlavano del più e del meno, i ragazzi e le ragazze, spesso usando gli stornelli, si scambiavano proposte d’amore o, se la cosa non piaceva, pungenti risposte negative. L’uva era raccolta prima nei cestini e poi, a fine filare, nelle cassette che erano, con il biroccio, trasportate alla cantina.
La pigiatura con i piedi
Qui erano versate nella “canà” per poi pigiarle. La “canà” era una vasca, quasi sempre rettangolare, profonda un metro e larga due e lunga circa cinque. Le misure cambiavano a seconda della quantità d’uva che doveva essere raccolta e quindi si rapportavano a tale uso. Su di essa salivano gli uomini e le donne per pigiare l’uva con il classico movimento di piedi che salgono e scendono, con forza, facendo uscire dai chicchi il pregiato mosto. Ora nelle case padronali, data la quantità d’uva raccolta dai vari contadini della proprietà della famiglia nobile, la pigiatura poteva durare anche tre giorni.
La nascita del saltarello
Una leggenda narra che, in tempi molto remoti, un conte, il quale aveva visto che i pigiatori erano stanchi, chiamò un suonatore di organetto e gli intimò di suonare una musica ritmata e molto veloce. I piedi dei pigiatori presero il ritmo e così nacque “il saltarello” il ballo che, per secoli, è stato la danza tradizionale della nostra terra. I ricercatori hanno dimostrato con i loro studi che tale ballo è, data la sua origine, il più antico d’Italia, sia della taranta, da cui la tarantella, che di altri balli, in quanto la pigiatura dell’uva ha origini molto più antiche. Vendemmia, pigiatura e saltarello: tre ingredienti che per la nostra gente hanno creato, dopo la grande fatica, veri momenti di socializzazione e di allegra serenità.
Cesare Angeletti
29 dicembre 2019