L’entroterra fermano fa da sfondo al romanzo giallo/rosa “Le storie di Imma”, scritto da Helvia Bartolini ed edito da “Edizioni Simple” di Macerata. La storia o, meglio, le piccole storie si svolgono in una tenuta nobiliare nei pressi di Montappone, la patria di cappelli e cappellai. Non per caso sulla copertina del libro c’è un bel dipinto di Oreste Bartolini che raffigura una venditrice di cappelli in cammino, con le ciabatte, tra dolci declivi e paesi turriti: borsa in mano e sacco in testa. Le mini-storie sono suddivise in mini-capitoli, a volte di poche righe, che rendono snella la lettura, favorita anche dalla semplicità con cui si snodano le vicende. In genere siamo abituati a leggere romanzi gialli dal complicato svolgersi, con un finale, spesso a sorpresa, ma sempre risultato di un arzigogolo di fatti. Protagonista dei racconti è la contessa Imma (chiamiamola contessa anche se lei preferirebbe essere chiamata “signora”), naturalmente bella e ricca e pure vedova, appassionata di burraco, un gioco che fa spesso capolino nelle trame e porta con sé quel po’ di suspence (quanto basta per non complicare troppo gli accadimenti) per via delle tante coppie che siedono ai tavoli. La villa di Imma, immersa in una tenuta agricola che lei amministra con sapienza e con passione, è il palcoscenico, i lavoranti sono le comparse (spesso anche co-protagonisti) al pari dei giocatori. Personaggi di rilievo sono un Commissario in pensione (con moglie gelosa), una domestica tuttofare e affezionatissima, un giardiniere anch’esso ormai di casa. Perché romanzo “giallo/rosa”? Perché tra una avventura poliziesca e l’altra ci scappa l’avventura sentimentale… Il libro si compone di sei racconti. Il primo è intitolato “Catturati dal burraco” e si snoda tra botte in testa e furti mentre le coppie di giocatori, avvinti dalla competizione di nulla si accorgono ma non tutte le coppie hanno in testa jolly e pinelle… Nel secondo, “Gioca con Lucian”, il fatto è meno truce: riguarda la scomparsa di un bambino con Imma che evidenzia la sua bontà di animo. Si passa al terzo episodio dove si brinda a “Tempo di novello” e castagne arrostite… ma la festa è interrotta dal ritrovamento di una persona svenuta nella legnaia e da altro, che non vi sveliamo. Nel quarto, dal titolo “Un pallone per Lucian”, troviamo furti nel circondario della villa e nella villa stessa mentre la gelosia della moglie del Commissario è sempre più evidente, come è evidente ormai la simpatia che cresce tra la contessa e il poliziotto in pensione. E siamo al quinto: “L’addio”. Questa volta ci scappa il morto ma il colpevole non si trova, la situazione è ingarbugliata, una moglie ascolta una telefonata, parte una lettera di addio. L’intreccio delle storie è ormai completo, si sono delineate le parti e le caratterizzazioni dei personaggi, i risvolti sociali e umani, le difficoltà economiche del periodo storico che sono spesso la causa degli eventi. Siamo al sesto, epilogo della storia. Ormai c’è la certezza di chi sia l’autore dell’omicidio e la finale è da tregenda tra tuoni, fulmini e pioggia torrenziale che ingrossa i corsi d’acqua. Giustizia arriva ma non è quella della legge dello stato italiano. È un’altra giustizia, non proprio divina piuttosto parecchio umana, che lascia di stucco perché inaspettata. Sennò che giallo sarebbe?
Fernando Pallocchini
23 dicembre 2019