Sono passati tre anni dagli eventi sismici del 2016 per il Centro Italia e la ricostruzione è al di là da venire (si è detto sui giorni della tragedia di tutto e di più, si è ricordato che i politici o politicanti – non la politica che è una cosa seria – che hanno visitato le nostre terre hanno affermato che non saremmo mai stati lasciati soli, che i nostri paesi sarebbero stati presto ricostruiti più belli e più forti di prima: niente di più falso!). Le ricorrenze sono una cosa seria se si affrontano i problemi e poi si risolvono, altrimenti sono cerimonie – abbiamo assistito a troppe – che lasciano il tempo che trovano.
In questi lunghi anni di promesse abbiamo capito, senza alcuna polemica, che il nostro Paese è maggiormente portato all’emergenza più che alla prevenzione e alla ricostruzione. In Italia non si fa tesoro della propria storia sismica e dei modi con cui si è trattata la difesa dei cittadini, dei loro interessi.
I governi che si sono succeduti hanno nominato tre Commissari (uno per ogni esecutivo – si sa bene che in ogni terremoto c’è chi ci guadagna e chi perde – e si sono definiti provvedimenti che inconsapevolmente hanno favorito questa linea a partire dalle delocalizzazioni che hanno privilegiato alcuni commercianti i quali hanno insediato le proprie attività verso la ricca costa o in regioni diverse da quelle di provenienza) e forse il Conte II° ne nominerà burocraticamente un altro, senza che siano affrontati né politicamente né tecnicamente i temi fondamentali che i sismi hanno aggiunto all’economia già povera della montagna.
Quest’anno è diminuita la presenza di persone, forse dovuta anche alla mancanza delle seconde case e ai ritardi nelle costruzioni di bed and breakfast, alberghi provvisori, strade (quella per Castellucccio e il paese stesso, la cui forte attrazione, dava rilevanza economica anche alle valli sottostanti a partire da Castelsantangelo sul Nera), campeggi, costruzione di siti per roulotte e case provvisorie.
Tutto da poter essere utilizzato da persone affezionate, attaccate a questo territorio, da appassionati, da “curiosi”, da visitatori o turisti. Il “disinteresse” aumenterà in inverno, quando gli impianti sciistici da Monte Prata ad altri non riapriranno: poi il Parco dei Sibillini – è più una spesa che un investimento per l’ambiente – ha preferito non fare niente, così è stato, durante gli anni in attesa della ricostruzione, ma nella “ripresa” avrebbe dovuto fare la sua parte per un turismo sostenibile sui sentieri già presenti, attirando in varie forme i visitatori nelle aree protette. Il Sindaco di Castelsantangelo sul Nera, Mauro Falcucci, assieme con altri ha fatto il proprio dovere (non tutte le zone terremotate, da Camerino all’alto Nera, sono uguali) ma, purtroppo, non basta, perché le voci giuste sono rimaste “isolate”.
Tra le poche strutture ed edifici che sono stati risparmiati dal sisma c’è il Capannaccio, tanto è vero che è stato per lungo tempo, durante il terremoto, la sede della Protezione Civile del Comune di Castelsantangelo sul Nera: non sono mai riuscito a capire, sicuramente ci sono delle problematiche che io non conosco, perché quell’ambiente di ritrovo e d’incontro per i giovani sia del luogo e come per quelli che venivano da fuori non sia stato aperto al pubblico e non penso che sia solo un problema finanziario.
Voglio ricordare la storia di questa struttura e chi la ideò (1967 Presidente Pro Loco il compianto Giorgio Lorenzetti) e realizzò assieme ad altri: Gino Funari e Rodolfo Falconi. Fu prima un ritrovo-balera per i giovani in legno e canne e poi si pensò, per la mancanza di servizi, a una struttura di riferimento per le nuove generazioni (quanti figli hanno vissuto e sono tornati nelle nostre terre, e quale attrazione rappresentava il Capannaccio tutte per le valli di montagna e gli universitari di Camerino) moderna e curata in ogni sua parte, che non è mai stata una concorrente delle attività commerciali presenti nel territorio, anzi, in questa difficile situazione, potrebbero essere gli stessi commercianti del luogo a rilanciare il Capannaccio: insomma vorrei una comunità più unita, meno anziana e spopolata che, integrata, guardi al futuro.
Giulio Lattanzi
20 novembre 2019