La natura va per suo conto. Ha i suoi ritmi, le sue luci, le sue armonie, le sue intemperanze: una volontà tutta sua, che solo lei sa. È imprevedibile, misteriosa, non c’è verso che la si possa ammansire; è ribelle a qualsiasi volontà. Si prova a prevederne le mosse, ma chi può mai sapere di un raggio improvviso che penetra tra le nubi a ravvivare i colori, esaltandoli? O di una coltre di nebbia che copre per un verso, e scopre per un altro, cancellando da una parte e animando dall’altra? Renato Gatta sa bene, conosce le sue bizzarrie, la sua imprevedibilità.
Naturalmente non può prevedere, ma sa attendere le sue mosse: l’aspetta al varco. Lei fa le regole del gioco, ma lui sa dove sceglierla; sa pazientare, si organizza, programma in anticipo, perché comunque una cosa pretende che sia chiara: la scelta è sua; una sua creatura l’opera che solo lui potrà firmare. Appostamenti, attese, levate impossibili, ore e ore sottratte al sonno, ma alla fine sarà lui ad averla vinta. Bisogna conoscere i luoghi, affezionarsi ad essi, sapendo di una pianta, di un casale che giace abbandonato.
Tante, tante volte nello stesso posto: il soggetto pretende una familiarità. Andare e tornare, continuamente. Quel che si vuole, ma la foto deve essere unica, come lui la desidera, come lui la sa scegliere. Naturalmente bisogna essere pronti a ogni evenienza, organizzarsi, prepararsi al meglio possibile. E quante inutili attese! Quante delusioni! Ma quante vittorie, alla fine! Girando le sue foto su un album o tramite un monitor, quante storie! Lui le ricorda una ad una. Di ognuna sa tutto perché quelle immagini sono sue creature. Tutte sono solo sue!
Lucio Del Gobbo
18 ottobre 2019