Con l’espressione “Genius loci” (Spirito del luogo) si fa riferimento alla caratteristica orografica del luogo, unita a qualcosa di mistico che lo rende unico.
Nei periodi romano e preromano i luoghi erano classificati in tre categorie1:
1 – Selvaggi e inaccessibili, sotto la protezione delle divinità superiori;
2 – Semiselvaggi, non abitati ma prossimi ad abitazioni o villaggi: essi erano sotto la protezione dei semidei. Tra essi Fauni, Pani, Silvani, Satiri*; Teodontio li considera semidei, figli di Fauno. Fauno, figlio di Pico, fu il secondo re dei Latini** (11 secoli avanti Cristo). Evidente la origine Picena del mito;
3 – Città, villaggi e terreni coltivati, sotto la protezione dei Lari.
Gli antichi popoli Italici (Sabini, Piceni, Etruschi),per dimostrare la loro fede e forse anche per evitare le cicliche calamità, erigevano sontuosi templi nelle loro città, oltre a tabernacoli e nicchie sull’esterno delle singole case: i lumini votivi indicavano le vie. Nelle campagne, soggette a scarse risorse economiche, costruivano più modeste “edicole”, la cui origine si perde nella notte dei tempi. Nel Piceno sono ancora visibili molte “pinture” o edicole; in latino “aedicula” = Cappella, Chiesetta, Tempietto, Oratorio domestico (Vocabula Latini Italianique 1767). Una lunga ricerca per trovare la documentata etimologia di “Pintura e Pinturetta” non ha sortito risultati. Evidentemente sono considerate parole gergali, ma fanno chiaramente riferimento alle immagini (picturae) in esse effigiate: Pompei ha conservato antiche edicole dipinte, a Montegiorgio in via Soccorso è visibile una edicola con un affresco della seconda metà del 1400. Nelle più recenti “pinture” marchigiane si trovano spesso quadri, stampe e ceramiche colorate (pictae): non dovrebbe sembrare strano che “pintura e pinturetta” facciano riferimento all’intera struttura in cui sono contenute Pi(c)nture sacre di… Le antiche edicole potevano essere domestiche (nicchie o piccoli tempi, altari – spesso detti Lariari); o all’aperto. Queste ultime erano edificate in prossimità degli incroci (sacella compitalia) e/o vicine alle strade, spesso sulla linea di confine tra due proprietà.
Principali divinità familiari2
1 – Lari: Individuavano Divinità tutelari dei campi e del focolare: rappresentati come giovani danzanti (così sono spesso descritti anche i Salii). Ogni famiglia onorava il proprio. I Lari erano vari e proteggevano gli incroci (compitales), i campi (rurales), le strade (viales), le città (praestites), gli accampamenti (militares), dai nemici (hostiles), dal mare (permarini).
2 – Vesta: dea di origine italica, a Lavinium gli fu dedicato un grande tempio, presiedeva all’unità della famiglia e dello stato, custodiva il fuoco (se il fuoco si spegneva, doveva essere riacceso dai raggi del sole focalizzati con lo specchio).
3 – Penati: Da pinus = provviste alimentari, erano imma-ginati come protettori della casa, delle derrate, della fami-glia e la seguivano nei trasferimenti, ma non gradivano i traslochi. Anche lo Stato aveva i suoi Penati.
4 – Mani: (Spesso confusi con i Lari) custodi della famiglia erano le anime dei familiari morti che nella vita avevano agito bene. Venivano festeggiati in febbraio; si banchettava con lenticchie e uova, dopo aver adornato di fiori i sepolcri degli avi.
Dall’Enciclopedia dell’Arte Antica (1961) si ricavano molte notizie interessanti:
A – Le immagini dei Lari, conservate fino a noi, possono essere di Tre classi: statuine bronzee; bassorilievi nei vicomagistri; pitture, specialmente nei Lariari pompeiani;
B – Secondo Tibullo, le sculture in legno o in bronzo erano rozzamente scolpite; per le pitture la sorte era analoga. Nevio afferma che il pittore Theodotos dipingeva immagini in modo grossolano “con la coda di un bue”. Non si può pretendere che ai grandi pittori siano state commissionate opere d’arte in piccole edicole campestri.
C – In età imperiale i monumenti raffiguranti i Lari si moltiplicano… alla raffigurazione del Lare danzante (frequenti nelle edicole campestri), si somma quella del Lare stante (lari famigliari), in atteggiamento calmo e pacato.
D – In una moneta i Lares Praestites sono rappresentati seduti con elmo, lancia, mantello e un cane tra loro, simbolo di buona guardia…
E – Per Plutarco (Quaest. Rom., 51), i Lari erano vestiti di una pelle di cane.
L’asserzione di Plutarco mi ha fatto ricordare Luigi (detto Scucchia o Togliatti), aveva combattuto nella prima guerra mondiale. I racconti del vecchio contadino di Loro Piceno affascinavano noi ragazzini. Una volta, nella sua ricca cantina, trovammo un piccolo rotolo di pelle: “Che è questa pelle?” – “È pelle di cane” – “E che ci fai?” – “I lacci per le scarpe” – “Perché?” – “Se porti qualche cosa di pelle di cane, le streghe non possono farti dispetti”. Rimanemmo perplessi, scettici e forse lo commiserammo. Il caro vecchio Luigi non sapeva leggere: non poteva aver tradotto il latino Plutarco; ma sapeva molte cose dei Lari. Era il custode di tre millenni di tradizioni. Luigi era comunista accanito e portava i fiori all’edicola con la Madonnina.
Nel periodo Romano, le feste abbondavano: in gennaio (e non solo) si festeggiavano i Lari con processioni, sacrifici, libagioni, musiche, giochi e lauti banchetti. Come nelle dimenticate feste campestri del secolo passato. Il bisogno di chiedere aiuto a entità superiori per proteggere il territorio, le case, i campi e le varie attività umane ha origini ancestrali e “popolari”. Per questo le edicole sono sopravvissute, adeguando le immagini alle fedi religiose, compresa quella Cristiana. Nei territori abitati dagli antichi Piceni si trova spesso, nelle vecchie stalle, il calendario con l’immagine di Sant’Antonio (a protezione degli animali) e, sui cruscotti delle auto, un San Cristoforo con la scritta “proteggimi”, fino alla più recente immagine della Madonna di Loreto, protettrice dei viaggi aerei. La tradizione cattolica narra che la “Santa Casa” di Loreto sia stata trasportata dagli Angeli. Papa Benedetto XV, il 24 marzo 1920, decreta la Madonna di Loreto “protettrice dell’aviazione” e fa inserire (nel Rituale Romano) la formula di benedizione degli aerei e la “Preghiera dell’aviatore”4. Alcuni sostengono che Edicole e Lari siano di origine Etrusca, anche se da quanto sopra non sembra. Non credo si possano fare nette distinzioni tra culture, tradizioni, civiltà e reperti archeologici di popoli italici vicini: le contaminazioni devono essere considerate ovvie. Non si deve sottovalutare, nemmeno, l’analogia dei Lari con i Titiri dell’Arcadia con la quale i Piceni erano in stretti rapporti***, in età preromana.
Titiri3…erano rappresentati come persone danzanti e suonanti un flauto: talvolta anche due flauti. Con i piedi battevano la scabilla o crupezia (strumento suonato anche dalle baccanti, per ritmare la musica e il ballo). Virgilio nella “Bucolica prima” canta del Titiro assimilabile al semidio Silvano: “Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi silvestrem…”. Traduzione: Titiro, tu che riposi all’ombra di un ampio faggio, vai modulando con il flauto dolce un canto agreste; noi lasciamo i territori della patria e i dolci campi, noi fuggiamo dalla patria; tu, Titiro, adagiato all’ombra, insegni alle selve a cantare la bella Amarillide. Iacopo Sannazaro (Poeta e umanista – Napoli, 28 luglio 1457 – Napoli, 6 agosto 1530) nella sua “Arcadia” descrive “Titiro” come un pastore sovrapponibile ai nostri Zampognari. In sintesi: ampi spazi, armonie, immagini Silvane, bucoliche, giovani danzanti, ritmi ben scanditi (ricordate che la Saltatio dell’esercito dei Sali era un ballo prima che marcia militare). Nel piceno, fino a qualche decennio fa, le edicole pullulavano. Con l’abbandono degli insediamenti agricoli e con l’agricoltura estensiva e tecnologica non sono più state custodite e rispettate. Salviamo quanto è rimasto, comprese le vecchie case con le nicchie (Lariarie) sopra le porte d’ingresso. Rappresentano più di trecento secoli di storia e di tradizioni.
Svetonio (Augustus, 31), trattando dalle varie riforme volute da Augusto (GaiusIulius Caesar Octavianus Augustus; Roma, 23 settembre 63 a.C. – Nola, 19 agosto 14),scrive: ”Stabilì che i Lari Compitali venissero ornati di fiori due volte all’anno, in primavera e in estate”. Evidentemente, anche alla fine del primo secolo avanti Cristo, l’antica tradizione stava scemando.
In attesa di un Augusto qualsiasi, cerchiamo di salvare quel poco che resta della storia di un popolo, anche se non bisogna disperare perché la tradizione continuerà: sulle montagne del maceratese, coordinate 43.057052 – 13.221770, troverete questa piccola “Pinturetta”. È stata costruita e curata dagli Scout Agesci. Da qualche anno “protegge” il trivio per Sassotetto (Sarnano), Fiastra e Monastero (Cessapalombo).
NOTE
1 – da Imperium romanum, Roberto Lanciani;
2 – da Dizionario Mitologico, Carassiti 1996;
3 – da Dizionario Storico, Mitologico, Livorno,1829;
4 – “Preghiera dell’aviatore”: Dio di potenza e di gloria/ che doni l’arcobaleno ai nostri cieli/ noi saliamo nella Tua luce per cantare,/ con il rombo dei nostri motori/ la Tua gloria e la nostra passione…
* vedi Pico, Fauni, Fate, Satiri e Boccaccio “La rucola” nr. 238 Marzo 2018
https://www.larucola.org/2018/06/06/re-pico-tra-storia-e-leggende-fauni-fate-satiri-e-boccaccio/ ;
** vedi Italia centrale prima di Roma “La rucola” nr. 234 novembre 2018
*** vedi Correnti superficiali dell’Adriatico “La rucola” nr. 217 Giugno 2016
https://www.larucola.org/2016/08/13/correnti-superficiali-delladriatico/
1 settembre 2019