Che Ottone III sia morto in Italia è storicamente accettato, in quanto la sua vicenda ruota intorno ad alcune località che non è stato possibile manipolare. Ma le ricostruzioni non sono perfette, né convincenti, così di questo imperatore non si parla più di tanto; viene ricordato ad Aachen con una lapide vuota, giusto per sottolineare che fu sepolto nello stesso luogo di Carlo Magno.
La storiografia ufficiale e non
La storiografia ufficiale lo vede perire a Paterno di Viterbo (località che in tutti i testi viene citata una sola volta), poi trasportato in Germania ad Aachen; tra i sostenitori della Francia Picena, invece, citiamo due note teorie: don Carnevale sostiene che Ottone III morì forse per avvelenamento, forse per malattia, a Paterno di Treia (zona San Lorenzo); Simonetta Torresi propone un altro itinerario, con il Paterno frazione di San Severino Marche (rif. A). Per completezza menzioniamo che negli annali di Baronio, la trascrizione di un anonimo del XI secolo parla invece di Todi e di Salerno: Imperator Otto natalem Tudertina cum domno Apostolico celebravit. Inde Romam tendens Salernum (legendum, Paternum) oppidum adiit; sed febre & italico morbo graviter correptus cum generali omnium(…). Crediamo anche noi che ci sia un errore di trascrizione o interpretazione tra Paternum e Salernum, e formuliamo piuttosto una nostra teoria, pardon, ucronia, tralasciando per brevità tutte le vicende politiche prima e dopo il decesso.
Come interpretare Paterno?
Prenderemo in considerazione quel passo della Cronaca di Tietmaro – considerato da alcuni come inventato e inserito dal copista – nel quale si trova una nota che descrive dettagliatamente l’evento luttuoso. Tanto per cominciare, per quanto riguarda la località Paterno, posizionarla a Viterbo è una interpretazione contestabile: ci sono tanti castelli, città, frazioni denominati Paterno, è un toponimo che deriva da Paternum-Praedium, ossia podere, tenuta, di eredità paterna.
Un tempo ci sono state tre Roma
Come nasce la questione? Dovendo mettere per forza Ottone in Italia, visto che è storicamente accertato e accettato, mancava l’individuazione di questo posto, che non fosse troppo distante da Roma, solo che gli storiografi non hanno mai considerato la possibilità che in un periodo storico, di “Rome” ce ne fossero state ben tre: 1 – quella diruta in Lazio, 2 – quella dove si trovava il papa fuggito dalla Roma distrutta (Macerata [rif. A]) e dove i successori restarono per circa tre secoli (rif. B), e 3 – la nuova Roma a Urbisaglia. Quest’ultima era la “fissazione” di Ottone che sognava di ricrearvi il Sacro Romano Impero (rif. A – 2).
Su Tietmaro modifiche premeditate?
L’errore potrebbe essere stato anche una modifica apportata con premeditazione nei testi più recenti, lo sospettiamo in quanto nelle versioni da noi consultate della Cronaca di Tietmaro, abbiamo osservato che in quelle del 1580 e del 1667 l’unica volta che si cita Paterno in realtà c’è scritto “in paterna urbe” tutto minuscolo, mentre le altre località menzionate nel racconto, Bernam e Pollingum, sono chiaramente un nome proprio con l’iniziale maiuscola. Nella versione del 1807, troviamo “in Paterno urbe”, anziché “in paterna urbe”. In vita Beati Meinwerci del 1867 sparisce l’urbe, c’è solo Paternum. É una differenza notevole, perché paterna urbe indica la città dei padri, anzi, la urbe di famiglia.
La cronaca della vicenda secondo Tietmaro
Quindi, ecco il racconto in sintesi, come da cronaca di Tietmaro 1580 e Vita S. Heriberti Archiepiscopo coloniense 1668: Siamo all’inizio dell’anno 1002, l’imperatore Ottone III è stato imprigionato a Roma dai “vergari” romani, che non lo riconoscono come loro sovrano. Suo cugino Enrico duca di Baviera, con uno stratagemma lo aiuta a fuggire, e ora Ottone si trova nella casa paterna (paterna urbe). Qui si sente male e, consapevole che sta per morire, si confessa e muore sereno il 23 gennaio. É il caos, e per paura dei ribelli di Roma una parte del suo esercito si disperde nei paesi vicini. E in effetti il feretro, custodito dai suoi fedelissimi, parte per essere seppellito in Aquisgrana, luogo dove si incoronano gli imperatori e dove è sepolto Carlo Magno. Viene inseguito e assediato dai Romani che vogliono impedirlo; il corteo passa per la città di Bernam, poi dopo 7 giorni dal decesso, sempre inseguito dai Romani, giunge a Pollingum, un fondo gestito dal presule augustano Sigfrido, dove viene raggiunto dai vescovi Augustani, avvisati da Enrico duca di Baviera, che arriva anch’egli con il suo seguito. La salma, ormai malridotta, viene imbalsamata e preparata in modo degno di un imperatore, con la lancia accanto, e resa disponibile per essere onorata, sorvegliata a vista dall’arcivescovo Eriberto.
Ecco civitatem nova…
Ripartono tutti insieme e raggiungono la città di Augusta, e qui Enrico pone – per darne degna sepoltura – due urne con dentro gli intestini dell’imperatore defunto nell’oratorio dedicato al Santo Vescovo Otelrico, situato nella chiesa edificata in onore di Luidulphus, che si trova nella parte australe del monastero di Santa martire Afrae. Poi congedata pacificamente la moltitudine dei presenti, il corpo di “Cesare” prosegue diretto alla città di Enrico, che chiamavano “nuova” (deidenque dimissa cum pace magna moltitudine, ad civitatem suam, quae nova vocatur, corpus Caesaris prosequitur – anche qui è scritta in minuscolo nella edizione più vecchia e in maiuscolo in quella più recente: nova sarà stato il nome proprio, o un aggettivo di uso comune per quel luogo?). Qui ha luogo una trattativa tra Enrico e la sorella sposata dell’imperatore (la principessa di Sassonia Mathilde moglie di Azzo duca di Lorena) che supplica e ottiene la restituzione del corpo alla famiglia per il funerale privato cui seguirà, come concordato, la sepoltura in Aquisgrana.
L’itinerario del feretro
La cerimonia è doverosa per testimoniare nei luoghi importanti che l’imperatore è effettivamente deceduto, e sarà necessario nominare un successore (che sarà proprio Enrico). Il feretro quindi viene portato il lunedì post palmas a Colonia (tandem revertar-finalmente ritornato), ricevuto dall’arcivescovo Eriberto presso il monastero di San Severino. Da qui una serie di processioni, il martedì viene portato a San Pantaleone, il mercoledì a San Gereone, il giovedì a San Pietro. Il funerale itinerante finisce il sabato, quando all’alba arriva ad Aquisgrana, e la domenica viene infine sepolto a metà del coro nella chiesa di Santa Maria Sempre Vergine (dove era già sepolto Carlo Magno). Sembrerebbe, dal succinto testo di Tietmaro, che il funerale si sia svolto tutto a Colonia, vagando da una chiesa all’altra. E se, invece, fosse partito da Colonia, diretto ad Aquisgrana, facendo tappa lungo il tragitto nelle principali chiese del tempo, una tappa al giorno? Ora mostriamo, nei tre specchietti qui sotto, gli itinerari, quello delle fonti (Tietmaro), quello della storiografia ufficiale, e l’itinerario in una nostra versione “maceratese”.
Testo Tietmaro
1 – Roma (fuggitivo)
2 – paterna urbe
3 – Bernam
4 – Pollingum
5 – Augusta
6 – civitatem sua nova vocatur
7 – Colonia (monastero S. Severino)
8 – chiesa S. Pantaleone
9 – chiesa S. Gereone
10 – chiesa S. Pietro
11 – Aquisgrana (chiesa S. Maria Vergine)
Storia ufficiale
1 – Roma (RM)
2 – Castel Paderno Faleria (VT)
3 – Berna (Svizzera)
4 – Polling di Baviera (Germania)
5 – Augusta (Germania)
6 – Neuburg sul Don (Germania)
7 – Colonia – Koln (Germania)
8 – Colonia
9 – Colonia
10 – Colonia
11 – Aachen (Germania
Ucronia
1 – Urbisaglia “Nuova Roma”
2 – loc. Colotto S. Severino
3 – C.da Berta S. Severino
4 – Pollenza
5 – Rambona
6 – Civitanova Alta
7 – S. Severino Marche
8 – Colotto S. Severino Marche
9 – Rambona
10 – chiesa S. Pietro a Macerata
11 – San Claudio al Chienti / Annunziata a Montecosaro
Note su ucronia:
5 – Rambona – Ratisbona fondata da Marco Aurelio Augusto, posa degli intestini nel monastero di Santa Afra.
6 – Civitanova Alta – da Wikipedia: nel 1009 la si menziona con i nomi di Civitate Nova, Civitas Nova, Civitatem Novam, Nova Civitas.
7 – Colotto: colonìa degli Ottoni (?)
Versione “ucronica” maceratese
Il viaggio dura due mesi, in pieno inverno e con tappe che non siamo in grado di giustificare: immaginiamo i nobili ribelli romani a inseguire il corteo fino a Pollingum, dove arrivano dopo una settimana, altra stranezza è che non si citano altre città intermedie, specie italiane, visto che è italiano più della metà del percorso. La tappa Neuburg poi, l’abbiamo segnata sul Don: con il nome di Neuburg-Neustadt, ossia “città nuova” ce ne sono 36, questa essendo la più vicina ad Augusta ci rendeva il disegno più… sensato. Il percorso teorico-ucronico invece, lo possiamo descrivere così: Ottone si trova nella nuova Roma, a Urbisaglia, dove i capi della nobiltà locale, o vergari, ne contestano l’autorità e lo imprigionano. É liberato dal cugino Enrico, e fugge verso la casa paterna. Si ammala e muore; il suo esercito si disperde per paura delle ritorsioni dei rivoltosi romani di Urbisaglia, che non tardano ad arrivare: vogliono impedire che la salma sia portata ad Aquisgrana, quindi assediano il corteo funebre: non lo stanno inseguendo (se fosse diretto in Germania, perché inseguirlo? Se ne sta andando fuori dalle scatole!), lo assediano per non farlo passare! La seconda tappa è Berta, la frazione di San Severino, Berna potrebbe essere una errata lettura o trascrizione, da qui arrivano a Pollenza-Pollinga, dopo sette giorni di faticosa marcia. Qui arrivano anche i vescovi di Augusta/Rambona avvisati da Enrico che giunge anche lui con la sua scorta, e si sedano gli animi dei Romani. Il corpo, ormai malridotto, è finalmente ricomposto, forse imbalsamato. Ora possono continuare il viaggio in sicurezza e si dirigono ad Augusta che poniamo a Rambona (Ratisbona fondata da Marco Aurelio Augusto) e qui Enrico pone due urne con gli intestini di Ottone nella chiesa di un monastero dedicato a S. Afra. Proseguono diretti a Civita-nova Alta, la città di Enrico, e qui interviene la sorella di Ottone, Mathilda, che patteggia prima della sepoltura ad Aquisgrana, un funerale come si deve, a partire dalla propria città per consentire al popolo di vedere che è morto e omaggiarlo. Così la salma è riportata indietro a Colonia-San Severino Marche il lunedì dopo le Palme, presso la chiesa dove riposano le reliquie di San Severino, il martedì è nella Chiesa di Colotto, il mercoledì a Rambona-Augusta , il giovedì a Macerata, in San Pietro (la chiesa era dove oggi è piazza Libertà), dove c’è il papa, e il sabato all’alba arriva nel territorio di Aquisgrana-San Claudio. Fino al 1300 era vietato seppellire dentro le chiese, salvo eccezioni per vescovi, abati, preti e personaggi particolarmente importanti, ma solo con il permesso dell’autorità ecclesiastica. Ogni sepoltura, singola e ben fatta, rinvenuta sotto il pavimento di chiese antiche, deve ritenersi perciò di un “pezzo grosso”: gli ossari comuni divennero usanza con le epidemie di peste dal 1300 in poi. Ottone III ebbe questo privilegio e fu sepolto in medio choro dentro la chiesa di Santa Maria Sempre Vergine. Quale? Forse San Claudio, dove proprio in quella posizione fu trovata una mummia (rif. C), o forse all’Annunziata di Montecosaro (rif. D) che oltre ad apparire rotundo facta, è molto vicina alla civitas nova del successivo imperatore Enrico.
Decida il lettore, con tutte le considerazioni possibili (clima, strade, mezzi di trasporto, vettovagliamento, persone al seguito, strumenti di comunicazione, usanze, culto, politica) quale delle due ricostruzioni, la storica e la ucronica, sia la più strampalata, dopotutto sono entrambe ipotetiche. Ottone attende con ansia di uscire dal mito e di avere la sua seria pagina di storia.
LEGENDA ITINERARIO STORICO
1 – Roma; 2 – Castel Paterno (Faleria);
3 – Berna; 4 – Polling; 5 – Augusta;
6 – Neuburg – Neustetten; 7 – Colonia;
8 – Aquisgrana (Aachen.)
LEGENDA ITINERARIO UCRONIA
1 – Nuova Roma – Urbisaglia;
2 – Paterna Urbe / Col-otto;
3 – Berta;
4 – Pollenza – Pollinga;
5 – Rambona – Ratisbona (Augusta);
6 – Civita-nova Alta;
7 – San Severino / Colonia;
8 – Macerata / Roma;
9 – San Claudio / Aquisgrana;
10 – S. Maria Pié di Chienti-Annunziata
Fonti
Acta Sanctorum Junii tumus primus 1867 (Vita Auctore Abdinghossensi Anonymo)
Acta Sanctorum Martii t.II 1668 (De Sancto Heriberto archiepiscopo coloniensi)
Chronici Dithmari Liber IV 1807
Chronici Ditmari Liber IV 1667
Chronici Ditmari Liber IV 1580
Gesta pontificum cameracensium
Annales Ecclesiastici Baronii tomo XVI 1744
Vitaquinque fratrum eremitarum (Bruno di Quertfurt)
Gramatica de la lengua latina libro segundo 1771
Il Santo del Giorno (sito internet)
La morte nel Medioevo- articolo di Serena Viva su win.galatina.it
Riferimenti
(A) II+II di Simonetta Torresi
(B) Il Piceno da Carlo Magno a Enrico I di Giovanni Carnevale e Domenico Antognozzi
(C) San Claudio al Chienti XX secolo di Piero Giustozzi
(D) Basilicam quam Cappellam vocant di Medardo Arduino
Simonetta Borgiani
27 agosto 2019