Don Pietro Paolo Bartolazzi e il colera del 1855 a Pausula

Di nobile e antica famiglia, Pietro Paolo Bartolazzi – che si firmava indistintamente Pier Paolo o Pierpaolo – nasce a Pausula il 27 novembre 1824 da Andrea e Marianna De Mincis di Falerone. Rimane orfano a 11 anni di entrambi i genitori e lo zio Paolo lo avvia agli studi prima presso il seminario di Recanati e poi di Macerata.

 

Miracolo o caso?

A 17 anni per una caduta soffre per mesi fortissimi dolori di sciatica, finché falliti tutti i tentativi di cura, si affida alla immagine della Madonna di Guadalupe di Santa Croce, spalmandosi sulla parte malata l’olio della lampada votiva: miracolo o caso, poco tempo dopo il dolore scompare e il ragazzo resta devoto per tutta la vita all’immagine sacra. La chiesa di Santa Croce di Corridonia (allora Pausula) fu eretta dal comune nel 1420 per celebrare la fine dello Scisma d’Occidente e il ripristino della sede papale a Roma il 30 settembre 1420.

 

L’immagine sacra

Nel dicembre del 1531, in Messico a Guadalupe, era apparsa la Madonna e copie dell’immagine miracola impressa sul mantello non tardarono a giungere in Europa. Quella della chiesa di Santa Croce fu dipinta da un anonimo autore su di un muro esterno della chiesa, quindi nel 1610 trasferita all’interno: oggi si può ancora ammirare sopra l’altare principale. Forse il pittore non sarà stato un grande artista ma i corridoniani sono stati sempre devoti e affezionati all’immagine, basti ricordare che il 31 ottobre 1965 riuscirono a far arrivare da Roma, dov’era per il Concilio Vaticano II, Miranda y Gimes Miguel, arcivescovo di Guadalupe.

 

Le 11 messe in contemporanea!

Ritorniamo al Bartolazzi che è nominato sacerdote il 23 dicembre 1848, un periodo pieno di sconvolgimenti. Va ricordato che i preti “conservatori”, specialmente i frati, erano schierati politicamente per l’Austria, mentre i giovani preti, come Pietro Paolo, per la Francia e Napoleone III. Pietro Paolo è inviato presso la chiesa di San Pietro di Pausula dove a quei tempi i sacerdoti abbondavano, tanto da dover ricordare aneddoti davvero divertenti. I molti preti presenti volevano tutti ufficiare la messa quotidiana “ante lucem” e pertanto infischiandosene dei fedeli, arrivarono a dire, utilizzando tutti gli altari allora presenti, addirittura undici Messe in contemporanea con un solo “servente” che si metteva in mezzo alla chiesa e rispondeva a tutti!

 

È scoppiato il colera a Pausula

Il giovane Bartolazzi desiderava da sempre visitare la tomba degli Apostoli a Roma e finalmente il 26 maggio 1855, nel sabato di Pentecoste, partiva alle 15 con la diligenza da Macerata per giungere nella Città Santa alle 17 del giorno dopo. Poté gioire ed estasiarsi per la processione del Corpus Domini e per il Pontificale del 29 giugno in San Pietro, finché fu raggiunto dalla notizia che a Pausula era scoppiato il colera. Senza nessun indugio il 3 luglio parte da Roma e trova a casa una situazione drammatica. Da metà giugno il morbo era scoppiato a Macerata e i primi di luglio aveva raggiunto con enorme virulenza Pausula.

 

La cruda cronaca

Il continuo succedersi delle comunicazioni per il viatico, il suono delle campane l’accompagnava, l’incessante passaggio del funebre convoglio per il cimitero, i desolati pianti di tante mogli, di tanti madri che correvano scarmigliate a raccomandarsi, avevano messo a tutti uno spavento indescrivibile. Non si trovavano né assistenti per l’ospedale, né facchini, né seppellitori: bisognava con la forza costringere i contadini a scavare le fosse nel camposanto. Il morbo era orribile sopratutto nelle persone più giovani e robuste che morivano smaniando, facendosi nere. Terrorizzati cercavano tutti di ritirasi per il timore del contagio; gli stessi parenti abbandonavano i moribondi, e molti finivano per mancare di soccorso.

 

I preti scappano, Pietro Paolo resta

Il parroco di San Pietro, Olivieri, cerca l’aiuto degli altri religiosi che invece scappano: restano a  portare i conforti religiosi il solo Pietro Paolo e due cappellani che iniziano a soccorrere gli ammalati, portare i sacramenti, consolare, incoraggiare e incitare la popolazione al soccorso dei malati. L’Ospedale civico era talmente pieno che gli appestati furono collocati su materassi distesi nel  piazzale davanti al nosocomio. L’Ospedale, o almeno la facciata, è ancora esistente ed è l’attuale casa di risposo: progettato dal Valadier nel 1796 venne modificato in corso d’opera dall’architetto Antonio Mollari essendo rimasto incompiuto fino al 1811, quando ricominciarono i lavori che ancora nel 1817 non erano conclusi a causa di inadempienze della ditta appaltatrice Antonio Bolognesi.

 

L’architetto Mollari

Mollari nasce a Montolmo (sempre Corridonia… quanti nomi!) nel 1768 e muore a Roma nel 1843: sepolto al Verano la suo tomba è ancora esistente. Compì i suoi studi a Roma con il noto architetto Giuseppe Valadier (1762-1839) e collaborò con personaggi di spicco come il Canova. Tra i diversi lavori nella sua città natale va ricordato anche il progetto del 1810 del Cimitero Comunale, che è ancora visibile nelle due vecchie entrate.

 

L’ultima speranza contro il colera

Ritorniamo al Bartolazzi che corse notte e giorno in città e campagna, dovunque occorressero i conforti religiosi senza badare a disagi, a fatiche, e pericoli di vita. Soltanto in un giorno si contarono cinquanta casi con trenta morti, e in meno di un mese cinquecento vittime. Don Pietro Paolo infine pensò di far venire come intercessione che valesse a liberare dal morbo il paese, il corpo di San Felice Martire che era stato estratto dalle catacombe di Sant’Agnese in Roma il 10 gennaio 1850 e che gli era stato donato dal canonico don Antonio Bianchedi di Monte Milone (Pollenza). Ricevuta la reliquia il 14 luglio, fu portata nella chiesa di Santa Croce: da quel momento, caso o miracolo, il colera cominciò a diminuire fino a sparire del tutto il 2 agosto.

 

San Felice

Di quale San Felice si tratti non è dato sapere: dei 66 Felice (santi, beati, venerabili) esistenti ufficialmente, non uno sembra essere stato ritrovato nella Catacomba di Sant’Agnese e certamente non è come ha scritto qualche storico, San Felice soldato romano martirizzato a Lodi, i cui resti si trovano a Milano in Sant’Ambrogio. Di questo santo sparì il busto con il cranio nel 1799 ma fu ritrovato nel 1959 presso un antiquario belga e riportato con tutti gli onori a Milano dal cardinal Montini, futuro papa Paolo VI.

 

Perché non ricordarlo?

Delle virtù morali e religiose di Pietro Paolo, del suo impegno verso i poveri e gli abbandonati, molto si potrebbe dire la sua morte fu, come si dice, in odore di santità. Notevole è il suo libro di storia locale “Memorie di Montolmo”, a cui tutti gli storici hanno attinto. Peccato che nella sua città natale abbia solo una via e una scuola d’infanzia intitolate: di certo ricordarlo per la sua vita tutta dedicata a Dio e ai poveri sarebbe un meritato onore.

Modestino Cacciurri

6 agosto 2019

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