L’isola di Ogigia è lontana,
così nutro il mio grido,
con timidi spaventi,
sottili inquietudini e rabbie.
Trasfigurata e ferma,
è la mia sete di te
mentre il cielo è sofferente
solo con l’eco dei giorni.
La notte mi trascina l’anima
per un sogno antico,
dove la vita si mostrava di luce.
Vorrei essere nella tua terra
per alimentare il corpo
di acqua cristallina;
adagio, trasparente nel sole
ma per non tornare più
tra quei silenzi intatti, muti
tu ed io soli e nell’oblio dimenticarmi
al tuo amore cosmico,
fatto di un sentimento fantastico,
surreale, favoloso,
frammento soave di una illusione.
Mauro Ruzzu
14 luglio 2019