L’amico Massimo Orlandini ci manda, commentando “guardate un po’ qui” una pagina del Monumenta dominationis pontificiae, con evidenziato il passo Per Spoletum in Francia confugit. Siamo andati a leggere di che argomento tratta, e siamo anche andati a cercare altri testi che riportassero lo stesso racconto.
Paderborn
Siamo finiti a Paderborn, e il nostro percorso, iniziato in modo autonomo, coincide pressappoco con quello di Simonetta Torresi nel suo “II+II”. Paderborn si trova in Westfalia, nella Germania nord-est. Dai documenti disponibili (poeta Saxo-Annales) è citata per la prima volta nell’anno 777, quando Carlo Magno tenne in questo luogo la prima dieta imperiale in terra sassone. Qui distrusse gli idoli pagani e iniziò a far costruire un oratorio dedicato al Salvatore.
L’agguato a Papa Leone III
Nel 799, papa Leone III a Roma fu vittima di un agguato: ferito e imprigionato, venne liberato dal duca di Spoleto Visigiso, un fedele di Carlo Magno, che lo portò in salvo a Spoleto. Qui il papa si riprese e decise di recarsi in Francia, da Re Carlo: Hinc Winigisi Spoletani ducis accurrentis cum copiis, ut sanctum ponteficem contra impios tueretur, praesidio fultus santus pontifex per Spoletum in Franciam confugit.
Un incontro logisticamente strano
Bada bene: non c’è scritto che andò ad Aquisgrana, ma che si diresse in Francia, e infatti i due si incontrarono, sempre nel 799, a Paderborn (a metà strada? no, Paderborn sta a nord-est di Aachen, e pure piuttosto distante – foto 1). É in questa circostanza che fondarono il Sacro Romano Impero: Re Carlo assicurò protezione al papa affinché potesse rientrare a Roma, e si discusse l’incoronazione di Carlo a Imperatore. Si inizia subito la costruzione di una basilica dedicata a Santa Maria, San Liborio e San Chiliano, “probabilmente” su colonne, “forse” con un’abside centrale e due piccole laterali.
Chiese scomparse
Difficile identificare le due chiese oggi a Paderborn: la storia narra di almeno tre gravi incendi che comportarono la completa ricostruzione. Comunque, la chiesa di Santa Maria a Paderborn nell’805 viene consacrata, con la presenza nell’altare della cripta delle reliquie di Santo Stefano, diventando anche sede vescovile. Nell’836 si arricchisce delle reliquie di San Liborio che verranno poste nella cripta.
Palazzo imperiale a Paderborn
Non domandiamo se le reliquie si trovano ancora lì, gli incendi sono una buona scusa: nella foto di copertina ecco l’attrazione principale della piccola e graziosa Paderborn, un palazzo imperiale ricostruito, sede di un museo archeologico ben curato, ma che a reperti impallidisce di fronte al più piccolo dei nostri musei paesani.
Viaggio di ritorno… improbabile
Il papa, secondo la storia, ripartì da qui in autunno inoltrato, arrivando a Roma nel novembre del 799: uno dei viaggi medievali altamente improbabili.
Il toponimo
Ma analizziamo il toponimo, che nei testi antichi troviamo così scritto: Paterbruna, Patresbrunnon, Paterbrunnen, Padrabrunno, Padrabruno, Eginardo la chiama Padabruna, per dirne alcuni. Sorge spontaneo pensare a un “Paterno”, nome di tanti paesi e contrade almeno nell’Italia Centrale. Studiosi sia italiani che tedeschi collegano i toponimi “Paterno” alla presenza di un grande fiume (Po, Pad, Pade), con una certa forzatura. Invece secondo lo storico siciliano Gaetano Savasta, Paterno deriva da “Paternum Praedium” ossia proprietà terriera ereditata dal padre, questo è verosimile se pensiamo alla Lex Salica che tenne lontani i romani dai possedimenti piceni! Ovviamente non vuol dire che tutti i poderi rientranti nella lex salica si chiamassero, o si chiamino ancora, Pader.
La famiglia Bruni
Nello specifico, Paderbrunno potrebbe darci più indicazioni sulla famiglia, che potrebbe essere Van Brunn, famiglia imparentata sia con Vitukind che con Carlo Magno, oppure Bruni, esistita nell’aretino con la facoltosa Bruni d’Arezzo, e a San Severino Marche una Bruni era la madre di San Pacifico da San Severino, con una lunga lista di abati, priori, giureconsulti, prodi guerrieri.
Paternum Praedium Bruni
Bene, Paternum Praedium Bruni, per essere residenza reale, dove Carlo Magno e i suoi successori dimoravano quando avevano esigenza di recarsi in quei territori (diete, trattative, emissione diplomi), doveva essere una tenuta notevole, posta vicino a importanti snodi viari, un colle difendibile e con ampia visuale dei dintorni. E con buone rendite, dai Monumenta Paderbornensia la diocesi aveva giurisdizione su 24 ville, 20 castelli, 6 monasteri, 54 parrocchie. Quali altre informazioni possiamo avere dai testi per localizzarla in centro Italia?
L’ucronìa
Qui parte l’ucronìa. Un colle in posizione strategica che oggi non ha costruzioni né memorie è il colle chiamato Colbeccariccio (foto 2), zona Serravalle del Chienti, che non lontano, anche se prova debole, ha ancora una abbazia San Salvatore e una chiesa di Santa Maria (come quelle fondate da Carlo Magno). Siamo andati a vedere e il luogo sembra proprio una sorta di isola in mezzo alle montagne impervie, ai suoi piedi passano importanti strade, che si incrociano con l’antica Via della Spina, che da Spoleto conduceva a Colfiorito. Tutto intorno il territorio era dominato dalla famiglia Trinci, ma questa piccola area che comprende Collecurti, Curasci e Colbeccariccio nella Istoria di Casa Trinci non viene espressamente nominata, come se non fosse di loro competenza. Il toponimo Collecurti riporta al luogo dove dimorava la corte reale, più a est le mappe antiche riportano una “val di maggio” che può ben essere un campomaggio carolingio (foto 3), e c’è anche Orvano, forse l’abbazia di Corvey che si trovava al confine est del vescovado. Dobbiamo giustamente annotare che sia Simonetta Torresi che don Carnevale sostengono che ci furono più di una Corbeya e più di una Paderborn, rimandiamo alle loro pubblicazioni il racconto delle complesse vicende dei popoli Franchi e Sassoni. Come spiegare infine la totale sparizione della vecchia Padrabrunno? Una damnatio, non solo per cancellare la memoria della corte reale, e qui citiamo ancora Simonetta Torresi: se come dicono leggende e poche tracce, vicino a Paderborn Carlo Magno fondò la Corte Vehmica, o Santa Feme, allora dal vicino monte Fema prese il nome quel Tribunale segreto che fu teatro di sanguinarie sentenze; opportuno perciò cancellare ogni traccia, e chi sapeva, non poteva certamente parlarne.
Fonti:
Acta Sanctorum junii tomus I (1867)
Historie di Spoleti Tomo I (1672)
Patrologiae tomus XCVIII (1831)
Chronici Dithmari (1807)
Annalium Padebornensium (1693)
Le Grand dictionnaire geographique M-P (1768)
Vita del Beato Pacifico da San Severino (1787)
Historia Famiglia Trinci (1638)
Simonetta Borgiani
12 luglio 2019