La storia dell’altro medioevo vede protagoniste la Francia e la Germania grazie ai documenti che, però (allora e anche in tempi relativamente più recenti), si possono facilmente falsificare. Infatti là hanno i “documenti” ma, purtroppo per loro, non riescono a trovare le “pietre”. Invece qui da noi, nel territorio maceratese, i documenti sono andati distrutti da incendi negli archivi (o portati via, Napoleone docet) ma le “pietre” ci sono e pure i toponimi dei luoghi. Le situazioni più lacunose le stiamo trovando nella vita dei santi e proponiamo, tra San Benedetto e San Germano, quattro possibili ucronie: e se invece fosse che…
Le ossa di San Benedetto, e San Germano di Parigi
Germano visse nel VI secolo, ed ebbe una infanzia decisamente triste: i parenti cercavano in continuo di avvelenarlo. Si salvò andando a vivere per quindici anni presso uno zio, Scopillone, a Luzi, una località ancora oggi di incerta identificazione: forse Laizy (Saoneet-Loire), o forse Lucey (Cote-d’Or).
UCRONIA 1
La tenuta Luzi si trova nel comune di Treia, dove il marchese omonimo ha ancora molte proprietà.
San Germano e tre chiese francesi
Poi Germano divenne vescovo a Autun (San Maroto – Pievebovigliana), poi vescovo di Parigi (Macerata). Ma parlare di San Germano di Parigi soprattutto riporta a tre importanti chiese francesi: l’abbazia di Saint Germain des Pres nel cuore di Parigi, l’oratorio di San Germain des Pres a 35 km da Orleans, e nei pressi di questa c’è un’altra chiesa importante, l’abbazia di Fleury.
L’abbazia di San Germano di Parigi è quella fatta edificare da Childeberto re dei Franchi nel 552, per custodire una croce decorata con pietre preziose e la stola di San Vincenzo di Saragozza. La prima intitolazione era difatti Santa Croce e San Vincenzo, e qui vennero sepolti il re Childeberto, la moglie e altri membri della famiglia reale. San Germano la consacrò nel 542, e fu sepolto in un oratorio nei suoi pressi; in seguito fu traslato dentro la chiesa stessa, alla presenza di Pipino il Breve e Carlo Magno, e la chiesa da allora si chiamò San Germano di Parigi. La chiesa venne saccheggiata più volte già dal IX secolo, incendiata dai normanni, fu ricostruita e ristrutturata più volte. Oggi sono in corso indagini archeologiche delle quali non sappiamo gli esiti, ma nel 2015 un ingegnere del Comune di Parigi disse: “Non escludiamo la possibilità di trovare i resti risalenti all’antichità”, quindi… è possibile che mai li troveranno.
UCRONIA 2
La vera chiesa di San Vincenzo e della Santa Croce, oggi completamente rimaneggiata, si chiama Santa Croce, sta a Macerata, e la sola memoria che resta in città di questo fastoso passato è solo un simbolo: lo stemma comunale. La mola è il simbolo di San Vincenzo di Saragozza, veneratissimo dai Merovingi, che gli avevano dedicato chiese e monasteri a Le Mans (Amandola), a Tours (Monte San Martino), a Metz (Morrovalle), ad Auxerre (Serrapetrona), a Ravenna (Ravenna). I continuatori Carolingi assecondarono questo culto, poi le cose sono cambiate, l’impero è decaduto e le chiese, molte distrutte, altre ricostruite, hanno subito riconsacrazioni e nuove dedicazioni. Un collegamento interessante, anche se non ben decifrabile, deve esserci a Fiordimonte (ops… Valfornace), dove nella frazione Petrignano, c’è una chiesetta malridotta, intitolata a Santa Croce e San Vincenzo! Non sappiamo se sia una consuetudine associare Santa Croce con San Vincenzo, onestamente ci pare strano. Nello stesso comune, nella citata chiesa di San Giusto in San Maroto, abbiamo notato un dettaglio sull’altare maggiore: un bassorilievo dove si vede un santo con una pietra legata al collo, la stessa iconografia di San Vincenzo di Saragozza. Ci sono anche delle lettere incise, interpretate come le iniziali di San Justus, che ha dato per questo il nome alla chiesa, ma noi, ci perdonino gli epigrafisti, dubitiamo che la seconda lettera sia una “J” e proponiamo: SV-ST che sta per San Vincenzo-Saragozza e Tarragona. Ce ne sono tanti di Santi con una pietra al collo, però… questa è precisa, perfino con la croce portata dal santo messa a ics, come la croce messa a ics nei due fiori in basso sul bassorilevo… Una perfetta ucronia.
L’oratorio di San Germano
L’oratorio di San Germano è quello che spesso viene citato negli studi del prof. Carnevale, per la particolarità di essere stato costruito tra l’803 e l’806 dal vescovo di Orleans Teudulfo, su immagine della cappella carolingia (basilicam miri operis instar eius quae Aquis est constituta), e ha la stessa pianta dell’abbazia di San Claudio al Chienti di Corridonia (MC). Caduta in rovina durante la rivoluzione francese, è stata completamente ricostruita nel 1867.
UCRONIA 3
Teodulfo costruisce una villa magnifica sui resti di una villa romana, e una chiesa uguale a San Claudio, nel territorio di Preci, che i locali chiamano “Le Presì”: assomiglia molto a quel “Les Pres”, che non si sa bene cosa voglia dire.
L’abbazia di Fleury
L’abbazia di Fleury, oggi Chiesa abbaziale di San Benedetto sulla Loira, non distante dall’oratorio di Saint Germigny des Pres, è quella chiesa dove sarebbero custoditi i resti di San Benedetto e Santa Scolastica, fondata dall’abate Leodebaldo nel 640 presso Floriacum in Vallis Aurea. Nel 577 Montecassino era stata distrutta dai longobardi, e tra il 660 e il 707 Mummolino parte dalla diocesi di Orleans nella lontana Francia, per recuperare le spoglie dei due santi dalle macerie. Ci riescono solo quando un loro collaboratore ha in sogno la divina ispirazione (ci ricorda qualcosa… Barbarossa per esempio?), e due sarcofagi vengono trovati e portati in Francia. Cosa strana è che ancora oggi Montecassino nega: anche loro hanno recuperato, durante i lavori di ricostruzione, una cassetta con due scheletri con tanto di certificazioni. Ora non stiamo a sindacare se una delle due coppie di reliquie sia vera, quello che conta è che il racconto, così come ce lo spacciano i francesi, è improbabile.
UCRONIA 4
Siccome Montecassino è ormai distrutta e abbandonata, il Mummolino (di Mummuiola?) e alcuni monaci di Norcia, luogo natio di San Benedetto, decidono di andare a recuperare il loro fondatore. Non lo trovano, prendono i resti di un’altra coppia tra le tante sepolture del luogo, l’importante è il simbolo, il santo dà prestigio e protezione all’abbazia. In questa zona, potrebbe esserci stata l’originaria abbazia di Floriacum in Vallis Aurea; Floriacum si può tradurre in Colfiorito, anche se l’attuale non è vicinissimo. Fino all’anno 1000 i luoghi sono questi, poi con Barbarossa comincia la Translatio, Montecassino, Farfa, Spoleto non si possono cancellare, ma tante altre città avranno gli archivi bruciati o trafugati, le opere d’arte e gli oggetti antichi venduti, così oltre all’impero si trasferiscono anche le storie, e le badie copie d’oltralpe diventeranno le originali, per i motivi politici di cui abbiamo tante volte parlato. Di quelle vere, quelle con le fondamenta pre-mille, non si sa più nulla circa le loro origini. Anche la memoria popolare nel tempo si affievolisce, così diventa facile dire che distrussero tutto i Goti e i Saraceni, guerre per… tappare i buchi storici, ma è ora di scavare sottoterra e negli archivi superstiti e inaccessibili.
Simonetta Borgiani
Le foto di copertina e del bassorilievo per gentile concessione di Alberto Monti
3 giugno 2019