Storia millenaria al confine tra Marche e Umbria: il castello di Popola

Poco distante da Colfiorito sorge il castello di Popola, in una zona che da millenni è stata un punto d’incontro e di transito. Basta ricordare che recenti scavi nel tratto locale della nuova superstrada hanno portato alla scoperta di tombe dei piceni, che si recavano quassù per effettuare gli scambi commerciali con gli umbri, gli etruschi e i plestini.

 

Le origini del castello

Il percorso che passa nei pressi di Popola, detto via della Spina, era anche frequentato dai pellegrini che da Roma andavano a Loreto. Le origini di questo castello si fanno risalire e prima dell’anno mille e fu solamente verso la fine del 1200 che venne fortificato con alte mura e quattro torrioni, per garantire il controllo militare della importante via di comunicazione.

La battaglia tra i Romani e Annibale

Rilevanza storica ha la battaglia che avvenne nella piana tra Popola e Cesi, nel 217 a. C., tra le truppe romane comandate da Centenio e i cartaginesi di Annibale, uno scontro assai cruento in cui l’esercito romano fu sconfitto. Qui, verso il 1750, durante i lavori di costruzione della strada per Popola, fu scoperta una fossa di notevoli dimensioni dove si rinvennero ossa umane, resti di cavalli, elmi, spade, corazze, lance e finimenti per cavalli.

L’attacco dei Varano

Essendo un castello di confine tra i territori di Foligno, Camerino e Spoleto ebbe a subire continue scorribande, l’ultima delle quali avvenne nel 1462. In questa occasione mentre Spoleto stava aggredendo Roccafranca, le milizie dei Varano da Camerino portarono un attacco a Popola, causandogli pesanti danneggiamenti, tanto che gli abitanti volevano abbandonare il malridotto castello.

L’abbandono

Nel 1522 una Commissione voluta da Papa Adriano VI definì in via definitiva i confini dei tre litiganti, almeno fino a quando tutto il territorio finì sotto l’amministrazione pontificia e così il castello di Popola non ebbe più ragione di esistere motivo per cui subì un lungo periodo di  abbandono.

Da castello a “casa di villeggiatura”

Fu Papa Pio VI a donarlo ai marchesi Barugi di Foligno, la cui famiglia nel 1780 provvide al restauro della torre poligonale semidistrutta e delle mura castellane. Nel catasto Gregoriano la struttura, di 960 mq, è classificata come “casa da villeggiatura” del Marchese Girolamo Barugi, il quale aveva possedimenti nelle terre di Rasiglia, di Volperino e di Roccafranca per un totale di 162 ettari. Oggi, nel Catasto Fabbricati dell’Ufficio Distrettuale delle Imposte Dirette di Foligno è ancora censito come “casa di villeggiatura” composta da 13 vani.

Oggi proprietà privata

Estinta la famiglia Barugi la proprietà è passata alla Congregazione di Carità di Foligno ed è stata adibita a colonia estiva per gli orfanelli, per poi essere venduta a cinque proprietari dei quali due vi abitano in modo stabile e gli altri saltuariamente, tenendola come residenza secondaria. Oggi del castello a pianta quadrangolare resta in piedi solo una torre, quella affiancata alla porta di entrata; sui ruderi di un’altra è stato eretto il campanile della chiesa. Le mura sono quasi tutte ben conservate meno il tratto a oriente.

L’affresco del 1400

Dentro la cinta muraria sorge la chiesina, consacrata e agibile, che conserva un affresco del 1400 in cui c’è Gesù in croce tra la Madonna e San Giuseppe, contornato da 4 angeli, di cui due raccolgono in una coppa il sangue che sgorga dalle ferite delle mani del Cristo. Dopo il sisma del 1997 il castello è in restauro.

Il fatto di sangue

Un fatto di sangue fu il 6 maggio del 1650 tra la gente di Popola e di Cesi. I due centri erano divisi da un fiumicello, il “Rio”, dove andavano a lavare i panni le donne dei due paesini. Quel giorno le abitanti di Popola stesero il bucato ad asciugare e imbiancare al sole; le altre, non potendo fare lo stesso per via che prati e siepi erano occupati, attaccarono litigio. Volarono stracci e ceffoni e le urla giunsero agli uomini che accorsero, la rissa si accese ancor più e rimasero uccise sei persone. Nessuno osava più oltrepassare il confine segnato dal Rio. Poi, lì dove fu la strage venne eretta una edicola dedicata alla Madonna della Concordia per sancire la pace. Ancora oggi l’evento si ricorda con una processione che parte da Popola e raggiunge il Rio intonando le litanie dei santi. Al grido di: “Ave Maria del mazziere!” tutti cadono in ginocchio intanto che le campane di Cesi suonano a distesa.

Fernando Pallocchini (servizio e foto)

6 maggio 2019

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