È iniziata il 27 gennaio la rassegna “Macerata jazz 2019” al Teatro Lauro Rossi di Macerata e il primo ospite è stato il batterista Jeff Ballard, accompagnato sul palco da Lionel Loueke alla chitarra, Kevin Hays al pianoforte e Chriss Cheek al sassofono; tutti insieme per il loro nuovo progetto e per l’ultimo, recente, album: “Fairgrounds”.
Forse non tutti conosceranno Jeff Ballard e la sua storia.
Chi è Jeff Ballard
Jeff Ballard è nato a Santa Cruz il 17 Settembre 1963 ed è uno straordinario batterista statunitense, suo padre era un grande appassionato di jazz e della Big band del grande Duke Ellington ma, allo stesso tempo, anche della musica brasiliana di Sèrgio Mendes. Jeff inizia a prendere lezioni di batteria a soli 14 anni, poi nel 1986 si trasferisce a San Francisco e 2 anni dopo entra nell’orchestra di Ray Charles, con cui girerà il mondo in lunghe tournée di 8 mesi l’anno. Dopo tre anni si chiude questa bellissima esperienza e lui si trasferisce a New York. Lì incontra e suona con alcuni dei migliori jazzisti della sua generazione come Ben Allison e Mark Turner. Jeff dal 2005 fa stabilmente parte del “Brad Mehldau trio”.
Il concerto
Non si può descrivere un concerto di musica jazz, perché il jazz è fatto d’improvvisazioni, di sensazioni e d’immagini che si creano lì al momento, durante l’ascolto e perché, come lo stesso Jeff Ballard ha affermato (con la ironia, la simpatia e la leggerezza del cuore che lo contraddistinguono; leggerezza percepita mentre suonava o si rapportava con il pubblico), non sarebbe stato soltanto un concerto, quello che stava per iniziare e che noi stavamo per ascoltare, bensì un viaggio avventuroso da intraprendere insieme, che ci avrebbe portato in giro per il mondo attraverso le sue sonorità, con lo stesso biglietto uguale per tutti ma con destinazioni e luoghi da visitare diversi per ognuno di noi. Saremo stati viaggiatori da incrociare anche solo per il tempo di un pezzo, cercando un percorso attraverso di esso e sarebbe stato un viaggio meraviglioso nel momento in cui si arriverà insieme alla fine.
Parte prima
Il primo pezzo è caratterizzato da una sonorità assai briosa e frizzante, un momento in cui è impossibile adagiarsi, con i suoi saliscendi musicali meravigliosi e chissà quan
ti, tra il pubblico, hanno visto qualcosa attraverso quella musica, magari immagini precise (come diapositive che partite dal cervello si proiettano nell’inconscio) come, a esempio, trovarsi all’interno della jungla in un tour attraverso terre selvagge, guardando dall’alto, dentro un autobus pazzo che fila su due rotaie, circondati da piante e liane e capire soltanto alla fine del viaggio di non essere arrivati a una destinazione reale ma di aver viaggiato “in realtà” all’interno di noi.
Parte seconda
Il secondo set musicale è caratterizzato da una sonorità molto dolce, lenta all’inizio e melanconica. Siamo a Londra e una ragazza sta salendo su un treno, con gli occhi bassi e in mano una valigia color marrone vintage molto pesante. Nostalgia. Durante il viaggio la musica lentamente si anima e il suo cuore si accende: lei ora si vede e sente, attraverso i suoi occhi e il suo sorriso, cambiare qualcosa dentro di sé. Lei non sa cosa succederà ma sopratutto non può ancora sapere che questo viaggio la cambierà per sempre. Da Londra arrivare in Brasile con le vibrazioni del jazz è un attimo e ora la melodia e i colori, che si vedono proiettati attraverso la musica, invitano il viaggiatore a entrare: è un canto liberatorio, che invita a sciogliere dolcemente le catene mentali e, come per magia, solo un attimo dopo, attraverso suoni che diventano tribali, arriva l’invito a ballare intorno al fuoco della nostra vita a piedi scalzi, per trovarci, alla fine del pezzo, sgranando occhi increduli e sorpresi, in un elegante locale di New Orleans, ben vestiti ad ascoltare sofisticato jazz.
Più che un concerto è stato un “viaggio”
Dire che è stato un bel concerto sarebbe banale, piuttosto è stato un meraviglioso “viaggio” da cui si torna col cuore che ride e la voglia di ripartire! Citiamo da una intervista rilasciata nel 2016 da Jeff Ballard: “Uno deve costruire da solo le sue relazioni con la musica, diventando via via capace di suonarla con franchezza e discernimento”.
Emanuela Ginevra
7 aprile 2019