È uscita in questi giorni la nuova silloge di Gianni Marcantoni dal titolo “Ammessi al paesaggio” edita da Calibano; il poeta di Cupra Marittima giunge così alla sua sesta pubblicazione, dopo avere ottenuto con le precedenti raccolte, premi e riconoscimenti.
Questa fatica letteraria è frutto di un lavoro durato a lungo, in cui le poesie e i poemi “Nascono da un’elaborazione interiore complessa e personale e s’interrogano, senza compromessi, sulla realtà, sull’esperienza e sui loro molteplici significati. Partendo anche da oggetti e situazioni quotidiane, Gianni Marcantoni propone in versi limpidi una poesia corsiva e corsara, originale nel suo stagliare su immagini classiche metafore inattese”.
La copertina
Subito l’attenzione si rivolge all’immagine di copertina, molto suggestiva e singolare che utilizza uno scatto eseguito dal poeta, nella quale si vede una figura umana stilizzata in bianco e nero, rovesciata a testa in giù, che sembra cadere – o caduta – al suolo.
La ricerca
Questi versi giungono da un’attenta ricerca effettuata nel complesso mondo del linguaggio e delle emozioni, degli stati d’animo, con un continuo guardare dentro e fuori di sé, in un mondo che troppo spesso appare disumano, intriso di orrori, arroganza e inquietudini.
La domanda
Un necessario interrogarsi e chiedersi verso quale direzione l’umanità si stia dirigendo, ammesso che non si sia già perduta in qualche anomala dimensione, sempre più staccata dalla realtà e distante dalle vere necessità dell’uomo, il quale sembra avvicinarsi a molteplici forme di alienazione ed abbandono: un individuo smaterializzato all’interno di una identità sfuggevole.
Gli “ammessi al paesaggio”
In tutto ciò, gli “ammessi al paesaggio” diventano coloro ai quali la vita è stata strappata con violenza, con sopraffazione, abusi: atti compiuti contro esseri indifesi, fragili o inermi. Volerli riammettere al paesaggio vorrebbe poter dire, per il poeta, riammetterli nuovamente alla vita, restituire loro il diritto a vivere, ridando con ciò quella esistenza tolta prematuramente e ingiustamente. Se tutto questo fosse per assurdo realizzabile, forse il mondo oggi avrebbe una possibilità in più di non soffocare, di non implodere, di non perdersi nella disgregazione, potendo invece mostrare maggiore pietà verso l’altro, più comprensione ed umanità.
La prefazione
Così come si legge nella prefazione della scrittrice e poetessa Rita Armanda Bigi, che ha ripreso con massima cura alcuni versi dell’opera: la verità è che siamo stati scelti per essere ammessi al paesaggio e non importa “ritrovarci allineati sui brandelli dell’esistenza, prima che qualunque eternità ci possegga”, se ci muoviamo “sotto un cielo trasandato”, se ci tocca scendere “nel pieno di un dolore immane”, se siamo nati “da un parto precipitoso cadendo dai roghi bruciati di una meteora”, se “la vita non si capisce bene cosa sia stata”, perché alla fine della trama “arriveremo – un giorno – ai piedi/ di una botola segreta,/ che all’apertura ci mostrerà/ il grano azzurro dell’altro emisfero nascosto”. Che io sia nel ruolo dello scrittore o del lettore, le parole dissotterrate sono capaci di dare un nome alle emozioni e scoprire che “un solo giorno/ – di una sola ricchezza – è abbastanza/ per morire nell’incolumità di un verso”.
Non resta che leggere questa nuova opera, immergersi nella vastità profonda dei versi di Gianni Marcantoni per guardare alla nostra parte più nascosta e scoscesa, nei dirupi taglienti della coscienza, con uno sguardo però che si rivolge sempre più al mondo circostante, che ci parla a gran voce nel bene e nel male.
6 aprile 2019