Simbologie di antichissime origini: nimbo, aureola, mandorla mistica

Il nembo è una nube scura, densa, tempestosa (cit. Treccani), mentre il nimbo, è una nuvola luminosa, un disco aureo che circonda la testa di Cristo e dei Santi. L’aureola invece è l’anello luminoso che circonda la testa dei santi nelle immagini sacre. Ma non faremo qui una tassativa distinzione tra le due definizioni, ciò che conta è il significato: sono entrambi segni di luce spirituale e di gloria di divinità e di esseri divinizzati (a esempio gli imperatori), già in uso nell’arte sacra non solo cristiana, ma anche nelle altre religioni e in quelle cosiddette “pagane” dell’antichità, in statue, monete, mosaici, lapidi, affreschi. Come è per tutti i simboli, il nimbo e l’aureola non vengono rappresentati a caso, ma secondo un preciso “codice” definito nei primi secoli d.C., che andiamo a descrivere nelle prossime righe, una curiosità che consentirà al lettore di avere un primo strumento di riconoscimento nel campo delle iconografie sacre.

 

Dio

Partiamo dal “capo”: Dio è rappresentato come un anziano barbuto e dai lunghi capelli, e con l’aureola triangolare, la Trinità. Quando non ha fattezze umane Dio è rappresentato come un occhio che tutto vede iscritto in un triangolo raggiato (foto 1), simbologia oggi largamente ripresa in altre realtà (a esempio la massoneria).

Foto 1 – aureola triangolare

Cristo

Gesù è riconoscibile dall’aureola con una croce o un monogramma “X” inserito all’interno, oppure ritratto con un’aureola circolare o ellittica che avvolge tutto il corpo, la cosiddetta “mandorla mistica” (foto 2) rappresentazione ripresa anche questa da antiche civiltà (Mesopotamia, Africa, Asia) e poi trasferita al Cristo, che quando non ha fattezze umane, troviamo in forma di pesce stilizzato, l’Ichtis.

Foto 2 – mandorla mistica o vesica piscis

Altre aureole

In genere l’aureola è rossa dei martiri, bianca dei vergini, verde dei confessori, viola dei penitenti, l’oro e l’azzurro sono riservati a santi e angeli. La Madonna ha spesso una corona di stelle. Se l’aureola è quadrata, il personaggio al momento della realizzazione era vivente (spesso il committente dell’opera), se a raggiera si tratta di un beato. Anche i “cattivi” portano l’aureola: il diavolo e il povero Giuda Iscariota si riconoscono dall’aura di colore nero.

Origine pratica?

E ora, dato l’ABC sui vari tipi di nimbo e di aureola, senza addentrarci negli stili che identificano le tendenze artistiche nei vari secoli, come colore, decorazioni particolari, spessori, evanescenza o vistosità, forma ellittica o circolare, ecc., passiamo ad analizzare come possa essere nato questo simbolo universale di santità. Autori dell’antichità attestano che nell’uso greco si fissavano dei dischi di bronzo a guisa di ombrello (detti in questo caso menisco) sulla testa delle statue collocate all’aperto, indistintamente dal soggetto rappresentato, per proteggerle dalla pioggia e dagli escrementi degli uccelli.

I chakra

Anche se ciò fosse vero non si deve generalizzare: le antiche usanze, anche egizie, di porre l’aureola sul capo delle immagini di eroi, Numi, regnanti, reali o mitologici che fossero, avevano in origine lo scopo preciso di rappresentarne la santità, e la raffigurazione deriva dall’aspetto vero e proprio di ciò che alcune persone, più di altre, emanano: oggi si parla di chakra o vortici energetici, molto diffusamente, e spesso inconsapevolmente, come fosse una teoria indimostrabile e invisibile. Oggi con varie tecniche si possono ricavare immagini colorate che evidenziano questi centri energetici, ma restando alle percezioni umane, sono molte le persone in grado, con modalità diverse, di “vederne” la forma, i colori, la dimensione negli esseri viventi.

Il chakra Bindu

Quando i cosiddetti chakra alti sono più “espansi” ci troviamo di fronte a soggetti particolarmente inclini alla spiritualità e alle facoltà psichiche: in particolare il chakra Bindu, anche detto il n° 8, di cui la letteratura antica e moderna poco parla. Questo chakra è quello posto alla sommità posteriore della testa, nel punto esatto dove i nostri capelli formano un vortice, lì dove i monaci indiani, rasati, lasciano un codino legato stretto (foto 3), e dove fino a qualche decennio fa i sacerdoti e monaci cattolici tenevano i capelli rasati (foto 4). Il Bindu non è che un punto, come quello che si studia in matematica: piccolo eppure infinito, un magazzino di esperienze, di ricordi, l’evoluzione della persona, rappresentato nella cultura orientale come un punto su una mezzaluna: quando la “luna” diviene piena, l’essere ha raggiunto la saggezza, la completa evoluzione della sua coscienza: ecco l’aureola.

Foto 3 – codino
Foto 4 – chierica

La “mandorla” o “vesica piscis”

Per la “mandorla”, più correttamente detta “vesica piscis”, l’origine dovrebbe ricondursi non tanto alla nascita, ma all’aura, il corpo energetico che avvolge tutta la persona e viene emanato in modo più esteso ed evidente, con colore uniforme, nelle persone particolarmente equilibrate. Poi, quando si vuole infarcire il tutto di misteri, di astrusi significati, di giri infiniti di parole, serve solo a complicare e ad allontanare dalla più pura e semplice spiritualità, e alla facoltà di percepirla, agevolando chi al contrario la nega.

Bibliografia

C’è una folta bibliografia disponibile sugli argomenti trattati sul presente articolo, a noi è piaciuto consultare i seguenti: vari dizionari e articoli nel web, libro “Kundalini Tantra” di Swami Satyananda Saraswati; Bullettino di corrispondenza archeologica 1841 pp.102-105; Dissertazioni della Pontificia Accademia Romana di Archeologia Tomo 5 (1835) pp.226-227; Il Museo Pio Clementino illustrato e descritto da E.Q.Visconti vol.III (1819) pp.72-73. Una menzione particolare per il bellissimo “Iconografia Cristiana” di Adolphe Napoleon Didron, disponibile digitalizzato solo in inglese e francese, manca la versione italiana, che esiste, ma l’Italia, nazione particolarmente prolifica di arte e letteratura sia sacra che profana, è… un po’ in ritardo.

 Simonetta Borgiani

2 aprile 2019

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