La recente sentenza della Corte di Giustizia europea che ha accolto il ricorso presentato da Banca Popolare di Bari, Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e Ministero dell’Economia contro la decisione di Commissione Europea e Direzione Concorrenza UE di impedire l’intervento del FITD a salvataggio di Banca Tercas, in quanto aiuto di Stato, apre nuovi scenari perché, seppur indirettamente, fa trasparire che erano possibili analoghi interventi preventivi a soluzione delle crisi in cui versavano nel 2015 Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara e CariChieti. Soluzioni ben diverse da quelle che hanno pesantemente penalizzato il tessuto economico della nostra regione.
Una sentenza che potrebbe riscrivere una fondamentale pagina economica e politica degli ultimi anni. È infatti evidente a tutti, e non solo alle organizzazioni sindacali che l’hanno sempre sostenuto, che Banca Marche e gli altri 3 istituti commissariati avrebbero potuto essere ricapitalizzati dal Fondo. E questo con oneri molto inferiori rispetto a quelli che sono stati necessari per rimetterle in piedi e farle acquisire da altri istituti: si calcola un costo di oltre 5 miliardi di euro per tutta la collettività.
Un costo duramente pagato anche dal sistema economico marchigiano che ha visto diminuire il credito erogato dagli istituti bancari nella regione di oltre il 20% negli ultimi tre anni. Analoga riduzione è quella del personale bancario occupato nelle Marche nell’ultimo triennio, mentre solo nel 2018 gli sportelli bancari nelle Marche sono diminuiti del 12%. Tutte cifre molto superiori alla media italiana!
Prima del decreto cosiddetto salvabanche, Fisac Cgil sostenne l’analogia tra la crisi delle 4 banche e Tercas, presentando ad esponenti politici ed istituzionali uno studio in cui si contestava tra l’altro la svalutazione capestro dei crediti deteriorati (quel 17,65% che divenne valore di riferimento per gli stock di npl in pancia agli istituti italiani), che tanto contribuì a spingere le 4 banche dritte verso e poi dentro il baratro. Il sindacato non venne ascoltato e, complice la debolezza del governo anche allora alle prese con le “flessibilità di bilancio”, il veto europeo divenne un muro invalicabile.
All’indomani di una sentenza europea così importante, il presidente dell’Abi Pautelli ha chiesto le dimissioni della Commissaria Vestager, il rimborso delle banche danneggiate dalle conseguenze delle decisioni illegittime di Commissione Europea e Direzione Concorrenza UE e di tutti gli azionisti ed obbligazionisti azzerati dalle risoluzioni delle 4 banche.
Ma ciò non basta. Ci sono anche i lavoratori. Quella sorta di bail-in retroattivo messo frettolosamente in piedi dall’allora governo in carica per risolvere uno spinoso problema, forse più politico che economico e finanziario, ha fatto scempio del rapporto tra banche, dipendenti e clienti, influendo senza dubbio in maniera negativa anche sulle dinamiche tra esigenze economiche dei territori ed erogazione del credito, con effetto domino su tutto il sistema.
Tutto ciò non attenua, anzi non assolve (perché siamo in presenza di procedimenti penali a carico di coloro che hanno per anni governato Banca Marche e gli altri istituti), la responsabilità di chi ha male amministrato le banche portandole al commissariamento.
Ma probabilmente la vita dei lavoratori delle banche, quella dei lavoratori dell’indotto (es. ex SEBA) licenziati a causa dell’annullamento di appalti di lavorazioni, la vita dei risparmiatori che hanno visto andare in fumo il frutto dei risparmi di una vita, la vita di tutti gli operatori economici coinvolti, questa sì sarebbe stata migliore.
Segreterie CGIL Marche – FISAC CGIL Marche
22 marzo 2019