Nel libro “Noi nei Lager” si è voluto portare alla luce la sorte di tantissimi italiani internati nei vari Lager nazisti dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, sorte della quale nessuno aveva mai parlato. Infatti solo nel 2009 venne reso noto che era stata costituita una Commissione Italo-Tedesca che avrebbe dovuto occuparsi proprio della sorte di quegli italiani. Il libro contiene i racconti di alcuni dei tantissimi che furono rinchiusi nei Lager nazisti. L’opera, ha colpito Bruno Frapiccini perché, in particolare, nel volume si parla del mistero del campo 366 di Biala Podlaska. Bruno era proprio uno di quei prigionieri e si chiede: “Quanti ancora sono rimasti in vita e sono interessati a tale argomento? Io con i miei 95 anni e certo pochi altri”. Ha riassunto brevemente la sua storia…
Il giorno della resa
L’otto settembre 1943 mi trovavo a Rodi come Ufficiale dell’Esercito. Dopo alcuni giorni di combattimenti contro i tedeschi (avevamo i fucili contro… carri armati e aerei) fu per noi la resa!
La destinazione
Venni trasportato con altri in aereo fino ad Atene, venimmo poi messi in treno e dopo aver attraversato tutta l’Europa occupata dai tedeschi, con un interminabile viaggio durato ben diciannove giorni (del quale non racconterò le peripezie), giungemmo a quella che era la nostra destinazione: il campo di concentramento di Biala Podlaska.
La strana adesione
Premesso tutto quanto sopra, scrivo non per aggiungere qualcosa a quanto esaurientemente raccontato da molti circa le tristi condizioni di vita nel campo di Biala Podlaska, ma per portare la mia testimonianza circa lo strano, singolare e, probabilmente, unico fatto (come alcuni lo hanno definito) riguardante la quasi totale, si parla di circa 2000 italiani, e contemporanea adesione dei prigionieri del campo dove ero rinchiuso alla Repubblica di Salò.
147 coraggiosi
“Che cosa era successo in quel Campo 366 perché ciò avvenisse?”, si domanderanno in molti. “ Che fine avranno fatto quegli italiani, visto che nulla si è più saputo di loro?”. Dico subito che io non sono uno dei 147 coraggiosi che non hanno aderito, ma uno delle migliaia che invece, dopo un terribile tormento, decise (o meglio finse) di aderire alla repubblica di Salò. Proverò, per quanto mi è possibile, aiutato anche da tutto ciò che scrissi nel mio diario, a chiarire come e perché quanto sopra avvenne.
L’ultima Commissione
Dopo il nostro internamento in più occasioni vennero nel Campo delle cosiddette Commissioni, formate da Ufficiali dell’esercito repubblichino, che avevano in sostanza lo scopo di arruolare carne da macello per combattere ancora al fianco dei nazisti tedeschi. Tralascio di parlare delle prime Commissioni, per soffermarmi invece sull’arrivo dell’ultima. Fino a quel momento aveva aderito solo uno sparuto gruppo. Si era ai primi di Gennaio del 1944, esattamente il 6 (così riscontro dal mio diario), tutto sembrava identico alle altre volte ma, come riportato nel libro: “qualcosa era cambiato”!
In Italia ci sono i monti…
Il qualcosa di nuovo, che forse solo pochi non riuscirono a captare, era tutto nel comportamento, nelle parole e nei cenni seminascosti del Generale italiano Capo della Commissione! Dopo il solito discorso propagandistico fatto in presenza degli Ufficiali tedeschi, si sciolse la grande adunata e tanti di noi cercarono di avvicinare il Generale, soprattutto per chiedere notizie su quanto stava accadendo in Italia. Ciò che diceva e ripeteva, con ammiccamenti e cenni vari, era solo di aderire, perché saremmo stati portati in Italia e… “In Italia poi, ci sono anche le montagne e in montagna ci si può anche perdere…”.
Trucco o verità?
Era la verità oppure era un trucco? Potevamo fidarci o no di quanto furtivamente insinuatoci? Qui cominciò il nostro grande tormento, perché questa volta una importante decisione si doveva prendere. Era un continuo parlottare fra noi, anche per diffondere quanto da molti non sentito.
In migliaia firmarono
Prima in piccoli gruppi e in breve con lunghe file, le migliaia di prigionieri del Campo 366 decisero di firmare l’adesione: “Dichiaro di aderire alla R.S.I.”, tutto qui. Poi per noi cominciò l’attesa per il promesso rientro in Italia. L’attesa fu lunga perché tutto ciò che era avvenuto e per come era avvenuto, fece evidentemente nascere grossi dubbi al Comando tedesco, tanto che il tempo passava e del promesso rientro in Italia non se ne parlava più.
L’esercito di… cimici
Intanto sul fronte della guerra l’esercito russo stava avanzando verso la Polonia per cui il Campo 366 dovette essere sgombrato. Chiusi per due giorni in carri bestiame fummo trasferiti in un grande campo a Norimberga dove trovammo altri “abitanti”, cioè un agguerrito esercito di cimici, tutto intento a dissanguarci! Il tempo passava e solo sporadicamente si parlava del rientro in Italia, su sollecitazione di un gruppetto di Ufficiali italiani che tenevano i collegamenti con i tedeschi.
Partenza col primo convoglio
Arriva il mese di giugno e arriva anche la grande notizia: saremmo davvero rientrati in Italia con più convogli. A me toccò il primo. Alle ore 6 del 5 giugno 1944 varcai i reticolati di Norimberga. È superfluo che io descriva i nostri sentimenti. Si avverava quanto in gennaio ci aveva sussurrato il Generale italiano.
Tutti “in licenza”
Ci portarono ad Acqui Terme dove restammo due giorni, dopo di che fummo inviati “in licenza” muniti di foglio di viaggio con il quale poi ci saremmo dovuti presentare al Distretto militare di provenienza. Da notare che queste istruzioni erano rivolte a tutti noi, anche ai Siciliani e agli altri residenti in Italia meridionale… già occupata dagli alleati!
Finita la licenza…
Ovviamente, finita la licenza, non mi presentai e non so quanti lo abbiano fatto! Penso però che tutti si siano ricordati che “…in Italia ci sono le montagne”, come disse quel Generale. Le sue parole o mezze parole ed i suoi cenni, sia pure con forte ritardo, si erano perfettamente avverate. Io ebbi modo di nascondermi e raggiungere la mia abitazione a Macerata e proprio lungo la mia via era previsto l’ingresso degli alleati.
L’arrivo degli alleati
Ebbi infatti anche la fortuna di vedere proprio davanti alla mia abitazione giungere le truppe alleate con in testa i reparti dei paracadutisti italiani, che ovviamente avevano proprio il compito di snidare le ultime postazioni tedesche. Termino dicendo che quanto ho raccontato è quel “qualcosa che era cambiato”, con l’arrivo di quell’ultima particolare Commissione, quel qualcosa che portò la quasi totalità del Campo 366 alla massiccia “adesione” alla repubblica di Salò, dopo che per mesi, sempre, tutti noi avevamo detto un deciso no!
La felicità di Bruno
Felice di aver potuto comunicare a qualcuno che si interessa di questi argomenti, la particolarità di quegli accadimenti (anche se con grande ritardo).
18 marzo 2019