“I nostri studi non si occuperanno delle pratiche del terremoto fino a quando il Governo e il Commissario straordinario per la ricostruzione non cambieranno l’apparato normativo legato al Sisma 2016, che si è dimostrato inefficace ad avviare la ricostruzione. La nostra Associazione ha aderito alla giornata di sospensione del 5 marzo circa la progettazione degli edifici danneggiati dal sisma e andrà avanti a oltranza”. Questa dichiarazione viene espressa dal coordinatore regionale dell’ALPA (Associazione Liberi Professionisti Architetti), arch. Claudio Canullo, all’indomani della presa d’atto dell’assoluto fallimento del sistema di ordinanze emanate per la ricostruzione.
Ma la situazione più macroscopica è l’imposizione di tariffe insufficienti per la redazione dei progetti e il relativo sistema dei pagamenti che non fissa limiti temporali e che se arriva è solo dopo un anno di elaborazione di pratiche complesse e contraddittorie al quale si somma un anno di istruttoria, senza aver previsto un anticipo per le spese e lasciando tutti gli oneri sulle spalle dei liberi professionisti. La nostra categoria non riesce a sostenersi con questo sistema.
Il calcolo dei contributi, mutuato dal sisma dell’Emilia, non è in grado di coprire le spese di riparazione di una realtà edilizia come quella del cratere del sisma, costituito spesso da piccoli edifici, con il conseguente accollo dei costi da parte dei proprietari.
Analizzando l’organizzazione dell’intero sistema legislativo per questo sisma viene spontaneo immaginare che non ci sia volontà da parte dello Stato di voler ricostruire i territori colpiti.
Gli architetti, esclusivi competenti per legge del recupero dei manufatti tutelati e vincolati dal MIBACT per i beni culturali, oltre alle competenze di carattere urbanistico e di pianificazione territoriale, sono le figure indispensabili per guidare la riparazione dell’immenso patrimonio culturale e artistico danneggiato.
Gli edifici danneggiati, in maggior misura quelli tutelati dalla soprintendenza, necessitano di rilievi e analisi complesse e quindi i relativi progetti risultano assai impegnativi, ma tale realtà non viene considerata nelle ordinanze e gli oneri sono sostenuti dai professionisti con tempi di pagamento incerti e lunghissimi.
I tempi di istruttoria sono decisi da lungaggini burocratiche e a questi spesso si aggiungono personalismi decisionali sulle scelte progettuali, tutto ciò si riversa sui professionisti senza alcuna garanzia, con regole favorevoli all’apparato concedente e nessun diritto per il richiedente.
Portare avanti la progettazione in queste condizioni equivale a un suicidio professionale.
I dati parlano da soli, a fronte di circa 77.000 edifici danneggiati e inagibili da riparare sono state presentate solo 6.000 pratiche, ma di queste solo 1.500 sono state evase e finanziate, i cantieri aperti sono appena 100 e gli edifici completati si contano sul palmo di una mano.
Il sisma del 97-98 fu gestito da una sola semplicissima ordinanza che fissava i termini della progettazione e dell’assegnazione dei contributi ( la ordinanza n. 2153 del 14/09/1998) con ciò si arrivò in tempi molto brevi ad un pieno recupero della vita nei territori danneggiati.
L’ALPA chiede quindi di rivedere profondamente tutto l’attuale sistema di ordinanze per evitare di essere presi in giro, come è successo fino ad oggi, con modeste variazioni ed emendamenti che non sono in grado di risolvere nulla.
È necessario invece orientarsi verso una sola legge speciale e risolutiva da approvare velocemente, concordare con la nostra categoria, che poi è quella che si accolla la responsabilità dei lavori di recupero, un tariffario per stabilire equi compensi e certezza dei pagamenti.
Infine individuare parametri per stabilire i contributi da assegnare agli edifici commisurati al reale danno e non istituiti forfetariamente.
Arch. Claudio Canullo – Coordinatore ALPA
6 marzo 2019