C’era una volta, manco tanto tempo fa… lu carittu de lu scupì

C’era una volta mio padre che svolgeva l’attività di netturbino, allora conosciuta con la denominazione di “scupì”. Posso perciò dire con certezza che, raffrontata quell’attività alla equivalente di oggi e a come si svolge oggi, quelli odierni si possono a pieno titolo chiamare netturbini. Questo si può dedurre dal diverso modo in cui svolgono il loro lavoro. Fino a qualche anno fa si poteva vedere “lu scupì” passare in tutte le vie della città, strusciando con la scopa con rumore ritmico e cadenzato, ammucchiando la sporcizia per poi raccoglierla e caricarla su “lu carittu”. Questo personaggio si faceva anche 5 piani per aiutare le signore, mentre i signori vuotavano “lu sicchju” di casa nel sacco che “lu scupì” trasportava in spalla. Oggi invece i moderni operatori usano nuovi mezzi dotati di turbine: quindi, come non chiamarli net… turbini? Non si sentono più le trombette di una volta che avvisavano dell’arrivo dello scopino, oggi ci sono gli urli delle turbine dei camion e dei “soffioni”. Vada per i camion ma qualcuno ci vuole spiegare perché per raccogliere la spazzatura dalla strada bisogna prima soffiarla per aria? Poi come si raccoglie? Con la retina come per le farfalle? Ecco allora che ritorna dal passato la figura de “lu scupì”, con la sua bella scopa “de mellica co’ lu mannicu piegatu a modu”, a raccogliere la spazzatura con il suo attrezzo meno costoso, meno rumoroso, meno inquinante e più… raccogliente!

PP

15 febbraio 2019   

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