Sabato 8 dicembre, nella serata conclusiva del IV festival nazionale Serpente Aureo a Offida, prima della premiazione, è andata in scena la première de “La Cenerentola maritata” monologo a più voci di Manlio Santanelli, con Scilla Sticchi nelle vesti della protagonista e con la regia (e non solo) di Francesco Facciolli.
L’inizio che parte dalla fine
Sono ritornati sulla scena due fantastici attori, scenografi, registi e costumisti che fanno di un monologo, dal contenuto decisamente inatteso e probabilmente largamente condivisibile, un capolavoro di arte teatrale a tutto tondo. La Cenerentola maritata è una sorpresa a metà; si intuisce dal titolo e dalle note di regia, che qualcosa non andrà secondo il più classico dei “lieto fine”. Con ogni probabilità Manlio Santanelli, autore geniale e sfrontato, ha iniziato il suo racconto proprio dalla fine della favola, dal momento in cui si chiude la narrazione con la frase laconica e perentoria “…e vissero felici e contenti”.
La vita è diversa dalla favola
Ma il giorno dopo, le settimane successive, che succede a questa giovanotta, investita da una botta di fortuna, alle prese con un marito regnante e una suocera più regnante del principe? Allora, in un décor particolare e quasi dadaista, frutto della fantasia progressiva di Francesco Facciolli, Cenerentola confessa e si confessa: il tragico seguito della sua vita è un racconto del tutto simile a quello che narra delle sue disgrazie e di quelle di tanti altri personaggi famosi come lei, andati in malora anch’essi, in barba alle loro favole che erano finite benissimo.
I personaggi/pupazzi/spaventapasseri
Nell’audacia di una realtà che lì per lì si fa fatica a comprendere, in un linguaggio che si colora e si anima con quella robustezza e levità tutte napoletane, Cenerentola si ama e si dispera, in compagnia dei suoi “pupi” che le reggono il gioco. Un’invenzione magistrale quella dei personaggi/pupazzi/spaventapasseri che fanno compagnia a una Cenerentola in abiti da festa divenuti lisi e sporchi, mentre lei snocciola le magagne e le disgrazie arrivatele proprio all’indomani delle nozze. Che non sono state una benedizione.
A lezione di bon ton
Lei è tutto meno che “regale” e allora subito si preoccupano, a corte, di farle seguire un corso di bon ton, un altro di postura e di portamento, un altro di cavalleria e poi ancora altro, altro… mentre lei cammina, senza tregua, nelle centinaia e centinaia di stanze reali, tanto da avere dei piedi che non entrerebbero più neppure in uno scarpone, figurarsi in una scarpina! E le toccherà una sorte amara, addirittura beffarda, perché Cenerentola non può essere una principessa, non potrà esserlo mai, almeno così come la suocera regina vorrebbe.
Il tradimento del principe
E puntuale arriva anche il tradimento del principe, che genera la catarsi della scena finale: Cenerentola accetta la sua sorte ma la rivale in amore no, quella non potrà accettarla mai. Viene a galla il sentimento sanguigno della sguattera che, per un momento baciata dalla fortuna, sa bene di essere quello che è: spontanea, diretta, leale, povera e ne accetta la condizione. Ma con un distinguo; ritornerà alle sue origini solo quando avrà messo le mani al collo alla sua rivale, perché in amore Cenerentola non è seconda a nessuno: risiede tutta qui la sua forza, la sua capacità di amare e di farsi amare perché lei ama incondizionatamente, ama perfino la sua matrigna e le sue sorellastre.
Il racconto al pubblico
Il disincanto che chiude il racconto non sembra farle paura; prova ne sia che serenamente ma scocciata, racconta al pubblico le tristi vicende di altre eroine ed eroi simili a lei; non è andata meglio a Cappuccetto Rosso, a Biancaneve e neppure a Pinocchio: tutti sono stati abbandonati dalla magia di un momento, quel momento luccicante che li aveva fatti protagonisti per un giorno!
Gli effetti “speciali” di Francesco Facciolli
I pupazzi che accompagnano Cenerentola sono un’altra invenzione inattesa della pièce, costruiti quasi di niente eppure così fortemente presenti e vivi sulla scena. Come i burattini, altra abitudine a cui il regista Facciolli è avvezzo ricorrere ottenendo sempre l’effetto sorprendente del desueto, del mai prevedibile, del sempre sorprendente. Eccellente e del tutto convincente l’efficacia delle voci fuori campo di Francesco Facciolli, che hanno irrobustito la recitazione di una Scilla Sticchi sempre istrionica e fedele al personaggio che sta interpretando, sempre dotata di grandissima credibilità.
Applauso all’autore
In questa serata c’è stato anche il contributo di Daniele Facciolli, nella parte tecnica e fonica, elemento non secondario per la buona riuscita dello spettacolo. Un pubblico, infine, che ha fatto capire il suo apprezzamento con tanti applausi e un autore, Manlio Santanelli, felice e commosso alla prima teatrale della sua opera. Altre rappresentazioni sono in calendario e fra tutte segnaliamo quella del 23 febbraio a Caldarola, a conclusione della IV rassegna “Il gusto del teatro”.
Fabio Macedoni
12 febbraio 2019