Un viaggio impossibile, a meno che… Aquisgrana…

Un luogo che nel medioevo ebbe grande importanza e potenza è l’Abbazia Imperiale Benedettina di Santa Maria di Farfa (Rieti), dove oggi monaci e guide turistiche si vantano di trovarsi in un posto che ha visto papi e imperatori calpestare il suo suolo: tutto accertato storicamente. Dell’abbazia infatti sopravvivono non solo le magnifiche architetture, ma anche preziose documentazioni, i Regesta, i registri degli atti. L’arcivescovo Ildefonso Schuster nel suo volume “L’Imperiale Abbazia di Farfa” del 1921, nel tradurre a mo’ di racconto “Il Regesto di Farfa – volume II” trova un passo interessante, che lui si limita a citare in una nota senza commentare. Sono i documenti n° 237 e 238 che nell’edizione del 1878 si possono consultare alle pagine 194 e 195: “correva l’anno 818, e tra il 2 e il 4 di giugno l’abate di Farfa Ingoaldo dimorava nel palazzo di Aquisgrana. Siccome l’abbazia aveva ricevuto in eredità dei terreni, ma questa proprietà era intersecata da una porzione confiscata, l’abate si presentò al sovrano Ludovico il Pio (figlio di Carlo Magno) per spiegargli il danno e l’incomodo che proveniva all’amministrazione della Badia da quella divisione di dominio. Ludovico per accertarsi della situazione inviò un messo per istituire una inchiesta, e solo dopo che questa riuscì favorevole alle ragioni invocate da Ingoaldo, gli fece dono delle terre richieste. Questo diploma di donazione è del 5 giugno 818. Essendo il precedente documento datato 2 giugno (oppure 4, la data del documento originale è lacerata e mal leggibile, guarda caso) come è possibile che Ludovico il Pio abbia potuto mandare il messo a fare un sopralluogo da Aquisgrana a Farfa, e questo tornare indietro e, quindi, l’Imperatore firmare l’atto il giorno 5? Data la distanza da percorrere (da Aquisgrana/Aachen a Farfa e ritorno) la cosa sarebbe impossibile. Ma se Aquisgrana fosse quella in Val di Chienti sarebbe sì raggiungibile in un giorno, a cavallo.

Alberto Morresi

17 gennaio 2019

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