L’utilizzo del cemento armato a vista (calcestruzzo) si afferma a opera dell’architetto Le Corbusier, peseudonimo di Charles-Éduard Jeanneret-Gris (1887-1965), teorico del Funzionalismo, promotore dell’uso del conglomerato cementizio associato al ferro d’armatura, che veniva gettato in apposite casseforme e, una volta giunto a maturazione, liberato dalle forme, veniva lasciato a vista. Le sue teorie trovarono concreta applicazione in grandi edifici a Marsiglia, nel Palazzo delle Nazioni a Ginevra, nel Palazzo dei Soviet a Mosca. In seguito trovò applicazione in Europa e nel mondo e grande successo in Italia.
Quanto resistono le strutture in cemento armato?
Quanto può resistere, in modo efficiente, una struttura eseguita con questo sistema? Non si sa con certezza. Si ipotizza una durata di 50, 60 anni ma ciò è solo teoria, in quanto non vi è alcuna casistica o esperienze acquisite a dimostrazione. Certamente non si può affermare nulla di sicuro, perché questo tipo di costruzione ha necessità di una quantità di accorgimenti e se questi venissero applicati, con scrupolo e competenza, il calcestruzzo potrebbe anche assolvere il proprio compito pure per 100, 150 anni.
Le regole da rispettare
Per fare in modo che ciò si possa verificare c’è la necessità di rispettare alcune regole principali e altre secondarie non meno importanti. In primis una buona progettazione e un adeguato e ponderato calcolo statico, considerare l’ambiente in cui viene eseguita l’opera (nel caso di Genova di fronte al mare, con presenza di salsedine), la bontà del conglomerato, la corretta esecuzione dei lavori, la giusta dosatura di acqua d’impasto, una continua imbibizione del manufatto per impedire una rapida disidratazione dell’acqua d’impasto fino a maturazione dell’opera. Se queste operazioni saranno eseguite con scrupolo la durata del calcestruzzo potrà superare anche il secolo.
La manutenzione
Nel tempo ci sarà il problema della manutenzione ordinaria e straordinaria, anch’esse soggette ad alcune regole fondamentali secondo le condizioni di alterazione del manufatto. Purtroppo per tante costruzioni (anche di minore importanza del ponte di Genova) si è trascurata una scrupolosa indagine delle opere in cemento armato, che avrebbe evidenziato lo stato di degrado dei manufatti e suggerito il tipo d’intervento risarcitorio dell’edificato. Per le fasi d’intervento di ripristino, nel caso che il lavoro sia in buono stato, sarebbe sufficiente trattare l’opera con prodotti idrorepellenti a base siliconica, che impediscono alle acque meteoriche, altamente inquinanti, di penetrare nel calcestruzzo provocando il fenomeno della carbonatazione del ferro e la successiva espulsione del cemento con cui è a contatto. Nella circostanza in cui ci sia un più consistente deterioramento è necessario un intervento più energico e radicale. In primo luogo la rimozione di tutte quelle parti di conglomerato distaccate, utilizzando acqua a pressione, quindi la eliminazione della ruggine presente sul ferro scoperto, poi applicare sulle parti da risarcire un promotore di adesione ripristinando le parti mancanti, con appositi cementi antiritiro, al fine d’irrorare l’intera struttura con prodotti idrorepellenti ad alta penetrazione.
Un monito a tutte le Amministrazioni
Il ponte di Genova sia di monito alle Amministrazioni pubbliche affinché svolgano un meticoloso controllo su tutte le opere in cemento armato, anche su quelle di minore importanza, poiché per ragioni più o meno plausibili per troppo tempo se ne è trascurata la manutenzione ordinaria, e straordinaria. È il problema di tante Amministrazioni, Macerata inclusa, dove non mancano esempi di strutture degradate con evidenti segni di alterazioni strutturali, bisognose di necessari interventi in tempi rapidi. La tragedia di Genova insegna: a una imponente struttura viaria che ha evidenziato un alto grado di disagio non ha fatto seguito uno scrupoloso intervento di risanamento ed è collassata a causa di una ridotta capacità di resistenza. Non sia attribuita la responsabilità dell’evento alla fatalità ma solo a errori umani.
Umberto Migliorelli
20 dicembre 2018