In via della Vetreria (oggi via IV novembre) noi ragazzini programmavamo delle recite inventando delle scenette per sopperire agli spettacoli della città che non potevamo permetterci.
Personaggi e interpreti
La fantasia non ci faceva difetto e, nella “necessità che acutizza l’ingegno”, indossavamo abiti fiorati delle mamme e gli scialli delle nostre nonne, che a malincuore li estraevano dalle cassapanche, dove aleggiava delizioso profumo di spighette. Il babbo ci aiutava a sistemare il telone in un angolo del cortile e noi dietro, chiassosi, a far le prove: Wilma era la maestra, Floriana, Dolores, Renata e io le alunne, Gian Franco il babbo, Mariella la nonna, Ismaele il figlio della maestra, Carla la nutrice e il suo fratellino più piccolo era il poppante, Lauretta era la bidella, Giulia la direttrice e Giovanna, sua gemella, era l’ispettrice, Sandro fungeva da vigile.
Il catino di acqua addosso
Quando le nostre voci si accaloravano e divenivano insopportabili per chi abitava intorno, si affacciava Dora a rimproverarci e quando era davvero inviperita: “Adesso la vedrete!” ci ammoniva, il viso accigliato, corrugato fino all’inverosimile… poi rientrava per riaffacciarsi subito dopo e ci rovesciava un catino di acqua addosso. Raramente ci bagnava, eravamo prevenuti e facevamo in tempo a scappare, ma forse… anch’ella non aveva l’intenzione di bagnarci, voleva solo che la smettessimo con quel bailamme. Silvia, Mimì, Ines, Angela Dea, che erano ormai signorine, non prendevano parte alle nostre recite, però ci aiutavano per la sceneggiatura e ci truccavano con matite copiative.
Il pubblico
Alla rappresentazione ufficiale, fissata per uno di quei pomeriggi, venivano alcune donne del cortile e altri della via; veniva anche Dora cui era passata la stizza. Nonna Gaetana, per quella volta, rinunciava al suo davanzale e giungeva con tutta la schiera dei nipoti (in foto), contenta di veder recitare qualcuno di loro. Precedentemente avevamo preparato, non senza baccano, tante seggiole in fila davanti al telone, gli sportelli delle finestre facevano da panche, appoggiati da una seggiola all’altra, per aumentare i posti a sedere, poiché le nostre aspettative erano che arrivasse tanta gente e ce la mettevamo tutta per far bella figura.
Musica: strumenti e musicisti
Non mancava neppure la musica, poiché Giorgio suonava canzonette allegre con la sua fisarmonica; Ada, Angela Pia e le nipoti di Boccasecca lo accompagnavano con una musichetta provocata poggiando le pettinelle dei pidoc chi, coperte di carta velina, sulle labbra; i denti serrati di queste servivano bene anche al nostro scopo.
Caos finale
Lo spettacolo, dopo le prime battute e le prime scenette seguite con interesse dagli spettatori, finiva immancabilmente in una confusione generale e non si sapeva più chi fosse l’attore e chi, invece, fosse lo spettatore, poiché ognuno voleva dire la propria, mentre i suonatori continuavano imperterriti nelle loro esibizioni, convinti della utilità del loro impegno. Il divertimento era comunque assicurato; a recita finita ognuno era soddisfatto del ruolo svolto e di quello spettacolo rimaneva un ricordo favoloso nelle nostre accese fantasie.
Gli spettacoli in piazza Garibaldi
A volte, in Piazza Garibaldi, non molto lontana dal cortile, si esibivano i saltimbanchi mangiafuoco, i fachiri mangia spade, il lancia coltelli, il “Carnera” che si distendeva a spalle nude sui chiodi o sui vetri taglienti e il funambolo che faceva mille esercizi spettacolari, lasciando gli spettatori con il fiato sospeso. Altre volte, per la Fiera di San Giuliano, veniva il burattinaio col teatrino mobile dal sipario di velluto rosso e le nappine di seta: grossi cartelloni scritti a grandi caratteri annunciavano, nel borgo e lungo le sue vie, lo spettacolo che di solito si svolgeva nel pomeriggio. Quelle marionette dalle teste dure di legno, con le loro grottesche avventure, ci affascinavano; tutti potevamo partecipare a quel divertimento; bastava far cadere una moneta nel cappello del burattinaio che passava in mezzo alla calca degli spettatori a metà rappresentazione. Al termine dello spettacolo gli applausi erano interminabili. Tornavamo a casa euforici e si riaccendeva in noi la voglia di organizzare una nuova recita con personaggi e situazioni diverse; l’inventiva non ci mancava davvero e si rimetteva in moto la nostra frenetica collaborazione che confluiva immancabilmente in una successiva, fantasmagorica, rappresentazione.
Anna Zanconi
15 dicembre 2018