Il Commissario restò allibito da quella sua sortita e più che meraviglia fu ammirazione quella che gli fece stringere il braccio in segno di muta solidarietà. Ripresero il cammino verso l’obitorio.
Il custode dell’obitorio
Davanti a una porta ferrata, aspettava un inserviente dal camice bianco: era pallido e spettrale, come i morti che custodiva; due occhi lucidi e arrossati, quasi nascosti in orbite fonde, non esprimevano sentimenti, una barba grigia e cespugliosa, disarmonizzava il suo viso, un naso adunco sormontava labbra sottili e livide che generavano l’impressione ch’egli fosse un cerbero, messo a guardia di un’impossibile fuga dei morti. Egli guardò dall’alto in basso i due visitatori, aspettando impaziente che mostrassero il loro passaporto per attraversare quella porta di ferro che divideva il mondo dei vivi da quello dei morti. Dopo aver visionato la regolarità di quel passaporto, egli tirò fuori da sotto il camice una grossa chiave con la quale aprì una porta che dava accesso al suo regno.
Odore di formalina
Una lunga scala a chiocciola, serpeggiante, si addentrava nelle viscere del sottosuolo. Muri screpolati e umidi incombevano sui tre i quali, in assoluto silenzio, scendevano nel ventre dell’obitorio. I passi risuonavano sinistri sotto le enormi volte degli androni. Il Commissario spiava di sottecchi quel povero padre che abbracciava il mazzo dei gigli come se fosse stato il corpo inanimato della figlia. Egli ammirava la sua compostezza e il suo autocontrollo. L’acre odore della formalina perdeva il suo duro scontro con il profumo dei gigli. Finalmente giunsero in un vastissimo ambiente, illuminato fiocamente da una lampada che pareva sospesa nel vuoto tanto era alto il soffitto da cui pendeva.
La cassa
Le quattro pareti erano tappezzate da giganteschi armadi che ospitavano file di casse mobili. Il guardiano fece un gesto imperioso per dire ai due viventi di fermarsi. Si avvicinò a uno schedario e lo consultò rapidamente. Trovato quello che cercava si diresse verso una parete e cominciò a leggere i numeri neri che erano stampigliati sulle fredde casse. Nel farlo avvicinava talmente la faccia a essi da dare l’impressione che volesse leggerli in punta di lingua. Quando finalmente trovò il numero desiderato, con gesto deciso fece scattare in avanti la cassa con il corpo della povera Angela. Infine con una mano fece segno ai due visitatori che potevano avanzare e procedere al riconoscimento.
La visione
Il Commissario precedette l’Avvocato e scoprì il telo che copriva il cadavere. Il padre ebbe un attimo d’incertezza, si guardò intorno come se stesse ascoltando il richiamo di qualcuno la cui voce gli era nota. Si passò una mano sul viso fissando la parete di fondo che sembrò aprirsi su di un mondo immaginario che vedeva soltanto lui: prati a perdita d’occhio, coperti di strani fiori blu. Poco lontano, gruppi di splendide fanciulle dagli occhi e dai capelli blu con tenuissimi veli dello stesso colore danzavano leggere, quasi sfiorando con la punta dei piedi quei fiori strani. Dal gruppo si staccò Angela che gli corse incontro. Quando fu a circa un metro, si fermò e, con un sorriso mesto sulle labbra, gli sussurrò: “Perdonami papà, più della vita poté l’amore!”
Angela
La scena scomparve di colpo quando l’Avvocato si sentì toccare il braccio dal Commissario che gli chiedeva: “Si sente bene, Avvocato?” – “Sì grazie, è stato soltanto un attimo di smarrimento, mi scusi”. E tacque della visione perché egli, in cuor suo, era convinto che sua figlia realmente avesse voluto parlare con lui. Quello era un avvenimento che nessuna altro avrebbe potuto comprendere. Avanzò di due passi e vide il viso cinereo ma sereno di sua figlia che sembrava dormire di un sonno profondo. Egli notò un ciuffo dei suoi capelli fuoriposto, con un gesto delicato, come se avesse temuto di disturbare il suo sonno eterno, glielo ricompose, poi si chinò e la baciò sulla fronte. “Bambina mia tu non puoi non allietare il paradiso con la tua bellezza e con il tuo sorriso, intercedi anche per me, là dove tutto si può, se nostro Signore lo vuole. Ti ho portato gigli candidi dal casto profumo che ti saranno compagni nel tuo ultimo viaggio. Perdona, se puoi, la mia cecità d’animo se ho cercato altrove ciò che già possedevo”. Adagiò i fiori sul suo grembo, poi si girò lentamente verso il Commissario e fece con il capo un cenno d’assenso.
Di nuovo nel mondo dei vivi
Si staccarono di due passi dal feretro aspettando che il Caronte di quell’anticamera dell’Ade riprendesse le sue funzioni. Questi con un secco colpo di mano fece scorrere la cassa che con un rumore sordo fu inghiottita dal capace armadio. Li accompagnò di nuovo verso l’uscita e, con mano adunca e ratta, intascò l’obolo che il Commissario gli tese. Quando i due visitatori dell’oltretomba furono di nuovo all’aperto entrambi soffrirono un attimo di disorientamento. L’aria del mondo dei vivi era decisamente più balsamica di quella del mondo dei morti, nonostante lo smog.
continua
16 novembre 2018