Firenze, alla “Leopolda” l’elefante ha partorito un topolino

L’elefante ha partorito un topolino, anche se la cosa tragica è che questo enorme animale ha paura di questo “animaletto”.  La stazione della “Leopolda” a Firenze ci aveva abituato a segnalare idee e proposte per il futuro, quindi non posso pensare che il risultato di questa importante assise sia stato solo quello del lancio dei cosidetti “comitati civici”, contornati da comizi elettorali ?!, da pseudo segnali al partito di riferimento e di nessuna efficacia comunicativa. Potrò sbagliare, ma la “Leopolda” è scivolata via come l’acqua piovana, tanto è vero che mi sono chiesto se è finito un modo di far politica, che sa tifare, non mediare e sa riconoscere i propri errori: ho notato un clima per niente strategico, ma di attesa!

 

“Centrosinistra senza lineetta”

So bene che le proposte economiche di questo Governo (si basano su un “contratto” tra forze diverse che sperano di accontentare i rispettivi elettorati, e non su un programma che dia risposte ai problemi della “gente”) sono contrarie a ogni vera crescita e che i loro intenti sono di carattere assistenziale, ma l’arroganza di avere in tasca (esiste già un documento alternativo del Pd sulla manovra economica) la verità o adagiarsi sul rimpianto del passato, si scontra palesamente con ogni confronto politico e la necessità di costruire un progetto per il futuro: ci vorranno anni, anche con un po’ di utopia, per far tornare a sognare una sinistra divisa e dispersa e tanti progressisti che attendono il “ritorno” del “centrosinistra senza lineetta”. 

 

La recita di un passato che non c’è più

È vero le scelte dei precedenti Governi andavano nella direzione giusta, ma il popolo elettore li ha giudicati poco coraggiosi e non aderenti alla realtà e ci ha fortemente punito (abbiamo perso e continueremmo a perdere) prevalentemente per la mancanza di interventi nel sociale e, in aggiunta per gli egoismi personali: ci aspettavamo dalla Lepolda un suggerimento per riprendere a discutere e non metabolizzare le sconfitte senza alcun approndimento, e invece abbiamo ascoltato la recita di un passato che non c’è più.

Oggi più che mai i gruppi parlamentari debbono svolgere il ruolo giornaliero di opposizione, mentre il partito deve coordinarla e occuparsi maggiormente della “missione” per il futuro.

 

“Rimescolamento”

L’aggregazione dei riformisti che ha saputo superare il guado dell’800 pare che possa guardare avanti e che il “rimescolamento” tra la ricetta marxista, liberale, cattolica, con la quantità necessaria di laicismo, nonostante le batoste, sembra funzionare: ora che abbiamo superato la pubertà, nella nostra giovinezza dobbiamo prefissarci i traguardi che sapremo, con grande sicurezza, superare da grandi, e rivisitare la storia dei riformismi per capire e quella travagliata del recente passato per rafforzarci e ricominciare la scalata.

 

Percorso storico

In questa rivisitazione non è possibile dimenticare il lungo e travagliato rapporto politico che portò Moro, Berlinguer, appoggiati dai laici (in testa Ugo La Malfa), a ipotizzare un intesa, tra forze popolari, (interrotta dal tragico rapimento di Moro) per il “bene” dei lavoratori e dei cittadini (si diceva allora:…colpire uniti); l’Ulivo e come qualcuno intendeva levarselo di torno con l’alleanza con Cossiga, le elezioni politiche (l’Ulivo andò unito alla Camera e vinse, i partiti singolarmente si presentarono al Senato e persero) prima della formazione del Pd; il nobile tentativo di Veltroni, al Lingotto di Torino, di dare una fisionomia al Pd, da chi riteneva il riformismo patrimonio di una sola parte dei democratici: l’unità è un valore, ma non si troverà fintanto che non saranno chiarite le tante cose oscure che hanno frammentato le forze progressiste.

 

Approfondire i nodi della sconfitta

Penso che il Pd dovrebbe approfondire i nodi della sconfitta mettendo al centro del suo dibattito un rinnovato solidarismo internazionale a partire dall’aggregazione Europea, dalle migrazioni; in particolare sull’Europa non è possibile rimanere nel coro del “cambiare” questa Ue, ma prevedere (dirlo con chiarezza che la nostra – imponendolo agli altri – è una regione dell’Europa) il trasferimento di alcuni poteri nazionali e chiedendo con forza alla Ue di investire sugli effetti negativi della globalizzazione a partire dalle povertà, dall’occupazione, sulla sempre più larga forbice fiscale “tra sfruttati e sfruttatori”.                                                                                             

Giulio Lattanzi

25 ottobre 2018

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