Si crede utile evidenziare che alcuni vocaboli italiani hanno stretti rapporti con le tradizioni dei Salii (descritte concordemente da numerosi storici antichi). Si porrà particolare attenzione a quelli correlati alle manifestazioni esterne della religione. I riti religiosi dell’antica Roma dovevano derivare da quelli praticati da popoli e civiltà precedenti. E non si può escludere “a priori” che siano strettamente connessi con quelli dei Salii Piceni. Anzi… Tra i vari testi seguiamo: “Roma Antica e Moderna, Baronio e altri Classici Autori, Tomo 3°” riedito a Roma nel 1755 (Cesare Baronio [Sora 1538, Roma 1607] storico, religioso Oratoriano, cardinale dal 1596, autore anche di “Storia del cristianesimo dalle origini al 1198” e del “Martyrologium Romanum” ed. 1587. Proclamato venerabile da Benedetto XIV nel 1745).
I Riti nell’antica Roma
Si riproduce la stampa su rame, pag.75; si sintetizza il testo a essa correlato.
“Vasi e altri Istrumenti per l’uso degli antichi Sagrifizj”
A: medaglia di Domiziano; B: gabbia con due galli, che servivano per vaticinare, dal loro alimentarsi. C: bacile grandissimo per le interiora. D: “Acera”, cassetta per incenso e odori; E: medaglia di Servio Tullio che celebra in onore di Marte; F: Vaso per aspergere il Popolo con l’acqua di Mercurio (forse quella dell’antica fonte di Porta Capena); G: Altare del Sacrificio; H: Praeficulum, ampolla per il vino, con cui il Sacrificante bagnava anche la testa della vittima; I: Flamen Diade, il berretto del celebrante; K: Apex (mal riprodotto) copricapo del Pontefice Massimo alla foggia di Mitra; L: Altare per le primizie; M (24): Candeliere ad olio o balsamo; N: vaso per cuocere la carne; O: mazza per stordire i bovini; P: Aspersorio, di lauro o d’olivo; Q: rotelle sacre; R: Scure; S: Secespita, coltello di ferro aguzzo, manico in avorio ornato in oro o argento; T: coltello (“scannarì” dei norcini marchigiani); V: pelle della Vittima; X: Lituo; Y: altri coltelli nella guaina.
Degli animali da sacrificarsi.
Gli Animali destinati al Sacrificio erano detti Vittime o Ostie. La Vittima era quella sacrificata da chi aveva vinto l’inimico. L’Ostia si sacrificava prima di andare contro l’inimico. Le Ostie e le Vittime erano scelte dai Sacerdoti, tra le più sane, belle e pingue, perché considerate più grate agli Dei. Si adornavano con fasce, corone e gli indoravano le corna.
Nei mercati boari del territorio piceno era possibile vedere, ancora nel secolo scorso, bovini “infiocchettati”; è una tradizione che ancora permane nella “RACI” di Macerata, dove vengono “bardati” in un simile modo i vincitori dei vari concorsi.
Del sacrifizio
Era Imposto il silenzio, si aspergeva la Vittima con farro rostito e sale (detto salsa mola; utilizzata anche negli insaccati, come si evince dalle “Tavole Igubine”); il Sacerdote gustava un poco di vino, poi lo faceva gustare agli astanti e lo aspergeva fra le corna della Vittima. Strappati alcuni peli dalla fronte, li gettava sulla legna da ardere posta sull’Altare. Si serviva acqua, miele, latte e oglio (olio- nel dialetto marchigiano: òjio). Veniva acceso il fuoco con legna secca, spaccata, prelevata dall’Albero sacro alla Divinità alla quale si sacrifica. L’incenso brucia negl’Incensieri o sul fuoco: da come brucia e dal fumo si prevede il futuro. Si conduce l’Ostia o la Vittima all’Altare dove viene slegata: la fuga era cattivo auspicio. Il Sacerdote ordina lo stordimento con la mazza “O”, segue il dissanguamento “S”. Con il sangue raccolto nelle tazze, si aspergono gli Altari. Posta la Vittima sopra la Mensa Sacra, si provvede al sezionamento. Terminato il Sacrificio, lavate nuovamente le mani, gustato il vino, dopo alcune preghiere si scioglie l’assemblea. Al sacrificio pubblico seguivano pubbliche Epule Sacrificales, preparate con sontuosità dai sette Epuloni. Se i sacrifici erano indetti da privati, essi e gli invitati mangiavano le parti che avevano“divise colli Dei, o per meglio dire co’ Sacerdoti”. Quando, nelle campagne marchigiane, era in auge la macellazione a domicilio molte parti del rito antico erano ancora seguite. Il proprietario dell’animale fungeva da sacerdote, ringraziava Sant’Antonio per aver fatto ingrassare la scrofa; invece della “Salsa mola” si adoperava la farina del mulino ad acqua. Le operazioni si svolgevano in un clima di raccoglimento. Era tradizione, quando si faceva “la pista”, gettare sul fuoco piccoli ritagli. Al termine delle operazioni era di prassi una ricca cena con i vicini di casa già avvertiti: “È morta la scrofa, ‘sta sera je cantimo la Messa”. Era la prosecuzione di un rito ancestrale: sacrificare é rendere sacro; consacrare è rendere sacro insieme con certe modalità.
De’ sagrifizj de’ dei infernali
Differenze tra i Sagrifizj alle Deità Celesti e alle Deità Infernali.
1 – I Sacerdoti degli Dei Superni, vestivano di bianco, quelli degli Infernali vestivano di negro.
2 – Ai Celesti si sacrificavano le Vittime bianche*, agli Infernali le negre.
3 – … “Sacrificandosi alli Dei superiori, scannavano le Vittime nella parte superiore, e dalli Infernali nella parte inferiore” (Forse nel primo caso si fa riferimento al dissanguamento con il taglio della vena giugulare, nell’altro caso all’accoramento).
4 – Le preghiere agli dei Superiori si facevano con le mani sollevate al Cielo, agli altri con mani verso la terra…
Le messe nere sono robe vecchie, anzi preistoriche.
Sacerdoti antichi e attuali: Presule
Dalla Enciclopedia Italiana del 1935, apprendiamo che Presule deriva dal latino (prae e salio) e individua il più alto grado dei sacerdoti Salii che “inizia il rito delle saltatio dei Salii”. Cicerone lo crede capo dei Salii, (Cic., De div., I, 26). Paramenti sacri: tunica picta, corazza con lamina di bronzo, toga praetexta, apex, lancia nella destra e ancile con la sinistra… Iniziava la danza guerresca, battendo con la lancia sugli scudi, e intonando il carme saliare, in latino arcaico (i Salii sono attivi vari secoli prima di Roma: la loro lingua era detta italica, non esclusa quella Picena) …il praesul, iniziava danza e canto da solo; gli altri Salii riprendevano dopo di lui… La danza era ritmica a tre tempi”.
1 – Sono convinto che non fosse un ritmo diverso a quello del saltarello, definito a cadenza binaria con suddivisione ternaria.
2 – Treccani, vocabolario on line: prèsule … chi danza davanti agli altri», con particolare riferimento al capo del collegio dei Salii, che durante le feste sacre a Marte, dirigeva processioni e danze.
3 – Compendio di Diritto Canonico, F. Mercanti, Prato 1832, Pag. 224 T VI Presule perché presiede al Concilio.
4 – Sapere.it: Presule: vescovo, prelato… deriva da salire ‘saltare, danzare’; chi guida la danza, detto in origine del capo dei sacerdoti Salii… Sinonimi:Prelato, Monsignore, Cardinale, Arcivescovo, Vescovo, Abate, Priore.
5 – Treccani on line: Prelato: Membro del clero cattolico avente giurisdizione ordinaria in foro esterno… prelati maggiori: Cardinali, Vescovi …; prelati minori: Prefetti Apostolici, Abati, Superiori generali e provinciali, Vicari generali e Superiori dei conventi. Tutti i Prelati hanno almeno il titolo di Monsignore.
Pontifex
Universalmente si accetta che Numa Pompilio abbia istituito le religioni di Roma con norme di diritto sacro: riti, feste, giorni fausti e infausti. Sicuramente attenendosi alle consuetudini preesistenti presso le popolazioni Latino-italiche, seppure non si conosce molto delle varie religioni Preromane. Va considerato attendibile che sia stato Numa a preporre un Pontifex a ogni “fede”. I vari pontefici erano membri del collegio al quale era preposto il Pontifex Maximum con funzione di coordinamento e vigilanza. I pontefici massimi erano protetti dalla Tribunicia Potestas (immunità di cui godevano i tribuni della plebe).
Nota – Numa Pompilio (Cures Sabini, 754 a.C. -673 a.C.) figlio di Pompone e marito di Tazia, figlia di Tito Tazio (anche lui di Cures, sulla via Salaria!); secondo re di Roma, regnò 43 anni.
Il Pontefice Massimo aveva una pienissima facoltà sopra de’ Sacrifizj, e funerali, essendo particolarmente interprete delle cose divine, ed umane (da Baronio).
…Sulle monete e i marmi, i pontefici sono segnalati da’ seguenti arnesi di culto, allogati come simboli ai loro fianchi: simpulum1, securis2, apex3 e aspergillum4.
1 – Simpulum – Un romajuolo o chiccherina (cyatus) con un lungo manico, adoperata nei sacrificii per prendere piccole quantità di vino (Varre. L., v. 124), da un crater o da altro gran vaso, a fine di farne libazioni.
2 – Securis – Un’accétta o scure, vedi disegno lettera R
3 – Apex – copricapo con un pezzo appuntato di legno d‘oliva, posto in un fiocco di lana, che era portato sul vertice della testa dai Flamines e dai Salii
4 – Aspergillum aspersorio per spruzzare l’acqua lustrale, vedi disegno lettera P.
(Da “dizionario antichità greche e Romane” di Antony Rich1803 – 1891).
Commento
Quanto asserito dal Rich è ampiamente confermato nei siti dei numismatici, con integrazione di Litus e Ancili. Litus, ancili, securis e Apex sono caratteristici dei sacerdoti Salii. Se ne dovrebbe dedurre che essi dovevano godere di notevole preminenza. I numismatici attestano il valore delle cose antiche, prescindendo dalle mode e da idee imposte da alcuni filoni storici.
Con Giulio Cesare il titolo e le funzioni del Pontefice Massimo furono assunte dagli imperatori romani. La storia insegna che non solo le autorità ecclesiastiche aspirano al potere temporale; anche i politici vogliono dominare le fedi religiose, facendosene paladini o inventandosene una propria, travestita da partito politico. Gli esempi sono numerosi.
2 ottobre 2018