Santa Begga, la trisnonna di Carlo Magno, e Loreto

Begga (615/698), badessa franca, figlia di Pipino di Landen e sorella di Santa Getrude, trisnonna di Carlo Magno, si considera originata da lei la casata dei carolingi.

 

Spostando la geografia quante coincidenze…

Nel testo “Vita S.Beggae ducissae Brabantiae” di Iosepho Geldolpho del 1631, e in “De S.Begga Vidua” del 1789, si racconta che Begga e suo marito Ansegiso possedevano una reggia fortificata a Capremontis (oggi Capriglia? – in foto sopra), da loro abbellita con palazzi, porte, feritoie e solenni decorazioni. Tra i lussi e i diletti praticati in questo luogo c’era la caccia, nella vicina foresta. Quando accidentalmente, durante una battuta, Ansegiso rimase ucciso, Begga se ne andò da questo luogo per non tornare più (si allontanò per motivi politici? Chissà). Scese dal ripido monte fino a un luogo dove scorreva un grande fiume, che i locali chiamavano Visera (nel territorio di La Serra-La Sara cioè Serrapetrona? Lì sotto scorreva un fiume, l’odierno lago non esisteva), per poi recarsi nel monastero fondato da sua madre Itta, dove c’era anche sua sorella Gertrude (ne abbiamo già scritto posizionandolo a Statte di Camerino).

Marchia_Anconitana 1589 G.Kremer

 

Il monastero

In seguito Begga fondò un monastero su un terreno di sua proprietà, ad Andenne, sul lato destro del fiume Mosa. Intorno alla chiesa principale, dedicata a Notre Dame, fece edificare altri sei oratori, dedicati agli stessi santi delle sette basiliche di Roma, dando al luogo il soprannome “delle sette chiese”. Tenendo presente che Andenne si trova scritto anche Anden, è verosimile si tratti dello stes so posto dove nativo era il padre, Landen (L’anden, come noi chiamiamo L’apiro la città di Apiro, per intenderci). Nei testi si legge che “Pipino di Landen amministrava con giuste leggi il popolo nei territori compresi tra la Selva Carbonara e il Fiume Mosa”; dal momento che la “Carbonaria Silva” ufficialmente si trova in Francia, ma non si è capito ancora di preciso dove sia, facciamo un’altra ipotesi: che si trovasse nelle Marche, là dove ancora oggi sopravvivono famiglie, che da secoli tramandano la tradizione dei carbonai, a Cessapalombo e dintorni.

 

Giriamo sempre intorno alle stesse zone

Ecco ricorrere di nuovo le zone di caccia dei carolingi, dove si trovano le due località Nivelle-Neustadt-Statte e Capriglia-Capremontis; il vero Meuse-Mosa potrebbe benissimo essere il Musone, nome che, si sa, deriva proprio dal longobardo Mosa, il cui corso nei secoli passati è stato regimato e la foce spostata più a nord. Oggi il MeuseMosa-Musone è un fiumiciattolo, anche a causa dell’intrappolamento delle sue acque nella diga di Castriccioni, ma in passato era navigabile tanto da lasciarne traccia in due toponimi: Villa Musone e La Barca, in territorio di Loreto (vedi www.laconfluenza.it per un bell’articolo sul fiume Musone).

 

Eccoci a Loreto

Loreto è dunque sulla destra del Mose. A Loreto c’è il più importante santuario mariano d’Italia, forse d’Europa, per le reliquie della Santa Casa che custodisce. Il luogo dove Loreto è stata edificata è un colle dalla vista straordinaria, consente un controllo del territorio mare-monti eccezionale, un luogo perfetto per insediamenti piceni, e per costruire castelli medievali. Si parla di questo colle, detto monte Prodo, a partire dalla posa della casetta di Maria in mezzo alla strada che da Recanati andava al suo porto, nel 1296, ma è improbabile che lì sopra, fino a quel momento, passasse solo una strada e non ci fossero altre importanti costruzioni. Magari non esattamente nello stesso punto, visto il fondo cedevole. Documenti precedenti al 1296 attestano che il luogo era abitato e vi si trovava già la chiesa intitolata a Sancta Maria in Fundi Laureti, e la Madonna Nera venerata ancora oggi indica la sovrapposizione a un culto ancora più antico, forse di Iside.

Lauretum

 

La toponomastica di Loreto

Osservando la toponomastica di Loreto qualche indizio lo fornisce la via Villa Berghigna, che ricorda le Beghine di Begga… Difficile ricostruire le vicende del vero monastero di Andenne nel periodo tra l morte di Begga nel 709 e la venuta della Santa Casa nel 1296, ma se il luogo dove si trovava fosse l’attuale Loreto, sarebbe lecito supporre che la proprietà, vista l’importanza del luogo, sia rimasta ai discendenti, o parenti di Begga.

 

La genealogia

Abbiamo tentato di ricostruire un collegamento genealogico con la famiglia Angeli, storicamente ritenuta coinvolta nella vicenda della traslazione della S. Casa, i cui protagonisti sono: Niceforo I d’Epiro, o meglio Niceforo Angeli Comneno e sua figlia Thamar Angela Comnena Ducena (1277-1311), detta Margherita, promessa sposa di Filippo D’Angiò (1278-1332). Thamar porterà in dote la Santa Casa di Maria e altre reliquie, trasportate dalla Terrasanta dai templari – dopo vari e complessi passaggi – sul monte Prodo, incaricati e finanziati da babbo Niceforo.

 

La famiglia Angeli

La famiglia Angeli secondo la Treccani ha origini ignote, il primo membro che si conosce è Costantino Angelo, marito di Teodora figlia dell’imperatore Alessio I. Bene, partendo da questa generazione, consultando i soliti siti stranieri di genealogia abbiamo ricostruito l’ascendenza e la discendenza: tra i parenti più stretti compaiono gli Svevi, i Comnenos e i discendenti del nostro Carlo Magno. Ecco spiegato perché nessuno osò opporsi quando la Santa Casa fu posizionata in luogo vietato, in mezzo alla strada: anche nel caso che il terreno intorno non fosse stato loro, la famiglia Angeli e chi la appoggiava erano così influenti da zittire tutti. L’affascinante storia della Santa Casa meriterebbe un discorso a parte (molto lungo), ma rimandiamo alla copiosa letteratura, citandone un paio di pubblicazioni: “La Santa Casa di Loreto” di Giuseppe Santarelli, e “La questione Lauretana fra storia e leggenda” di Vincenzo Galiè.

 

Cosa si vuole sottolineare con l’articolo

In questa sede si vuole solo sottolineare l’ovvietà, malgrado le smentite, che la zona di Loreto, nel territorio tra la Carbonaria Silva e il fiume Meuse, fosse da molte generazioni sotto il controllo diretto delle potenti casate dei Carolingi, poi degli Svevi & parenti. Chissà che un giorno non riveda la luce uno dei 7 oratori che Begga fondò a simboleggiare le 7 Basiliche di Roma!

 

Le 7 basiliche e la leggenda…

Chioccia di Teodolinda o di Begga

La nostra Santa Begga ancora oggi viene rappresentata da una chioccia con sette pulcini, perché secondo una leggenda sarebbe stata una gallina con i sui pulcini a indicare alla santa i luoghi dove avrebbe dovuto edificarle. Una simbologia nota nel nostro territorio, dove senza conoscere Begga e neanche il tesoro di Teodolinda, si parla sottovoce di chioccia con pulcini d’oro, o scrofa con sette porcellini, poi puntualmente spariti nel nulla.

Simonetta Borgiani

27 settembre 2018

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