Il lituo di Re Pico: casualità o antichissima simbologia?

Pochi giorni fa ho trovato un corposo volume, “La istoria universale” edito a Roma nel 1699, autore Francesco Bianchini, nato a Verona nel 1662 e morto a Roma nel 1729. Un uomo di grande cultura e di vari interessi: fu astronomo, storico, teologo, archeologo. Scoprì tre comete: C/1684 N1 nel 1684, C/1702 H1 nel 1702, C/1723 T1 nel 1723, usando uno strumento ottico costruito su un suo progetto e dotato di griglia per misurare le distanze e le altezze degli astri. A lui si deve anche la meridiana nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. Questo grande e poliedrico uomo di scienze, nel primo capitolo intitolato “Intenzioni dell’autore” osserva che:

 

1 – apprendere la storia non equivale a comprendere la storia. Non sono sinonimi i due verbi: per apprendere la storia è sufficiente leggere un volume, per comprenderla è invece indispensabile consultare e confrontare vari autori, verificare i dati e la cronologia degli eventi; l’impegno non può essere analogo. Alcuni hanno percorso vie più comode: hanno appreso una storia e sono convinti di essere portatori di verità assoluta; qualche altro si appaga sulle varie edizioni dell’Isola dei Famosi e di Uomini e donne; ed è quieto e tranquillo, gran parte dell’anno trascorre in quello stato. Non si vuole pensare che qualificati storici possano credere a verità assurde per opportunità di carriera, anche se Longanesi amava dire che sulla bandiera italiana manca la scritta Tengo Famiglia.

 

2 – la congettura d’istorico non è decreto di Magistrato: lo storico vero non deve sentirsi depositario di verità inconfutabili: Franchini dichiara “non pretendo di arrogarmi la dittatura”, e si propone “di scrivere le più verisimili”. Il giudizio compete al lettore;

 

3 – L’etimologie non vaghino a capriccio dovunque le porta qualsiasi incontro. La validità dell’etimologia deve essere subordinata a dati attendibili, alla cronologia degli eventi, ai nomi degli idoli e dei luoghi, all’evoluzione delle tecnologie, degli strumenti, delle arti, della lingua e delle leggi; devono essere correlate alle vestigia che lasciano le nazioni con le guerre, con le vittorie, con le fondazioni di stati e colonie.

 

4 – Le favole degli antichi, premesso che molti storici aborriscono la Mitologia, dichiara: “Ma guai alle buone lettere, se in questa voce di Mitologia si figurassero la Terra incognita. Quelle, che noi diciamo Favole degli antichi, per lo più non sono altro, che Istorie, ingombrate alquanto con  equivoci e con aggiunte; ma non molto difficili ad espurgarsi… insomma gli autori nostri, e gli esterni, riconobbero, giacere sepolta nelle favole, ma insieme conservata la istoria”. Fa intendere che anche la leggenda, “ha un certo balsamo di eternità, inviolabile al tempo e traspira la perenne fragranza sotto ai più densi veli della menzogna”.

 

5 – Commento all’Eneide. A pagina 299 Franchini attesta che l’oracolo e la stirpe di Pico sono descritti  da Virgilio e da altri scrittori latini (molti dei quali sono a confermare che conquistò un territorio chiamato da lui Piceno). Osserva che l’Eneide (L. 7) tratta di Pico e Fauno come i primi re degli Aborigeni, i quali poi furono detti Latini; tratta della Reggia di Laurento, costruita da Pico, come sito sublime, tempio splendido, con 100 colonne, alberi sacri, augurj, museo e le insegne del principato denotanti l’origine Arcadica e “di Dodona, trasferita da’ Pelasgi in Italia”. Fa anche intendere che i riti dei Sali possano essere passati in Arcadia. Franchini evidenzia che Vigilio descrive Pico, Re, augure, e sacerdote. A pag 337 focalizza gli ornamenti sacerdotali di Pico: la piccola trabea1, lo scudo ancile2, e della verga o lituo3, per dimostrare che Pico e gli Aborigeni praticavano il rito dei Salii, anche rispettandone gli abbigliamenti, come si può dimostrare dall’esame delle medaglie de’ picenti, e di Roma (ne elenca varie: per approfondimento si rimanda al volume di cui sopra).

 

Osservazioni

Si deve essere grati a questo autore del 1600 sia per aver dettato i canoni a cui si dovrebbe ispirare l’autore di testi storici, sia per avere evidenziato l’importanza di Pico, sacerdote Salio. Pico risulta primo sacerdote dei Salii. Non sarebbe strano che ne sia stato il fondatore; i loro riti sono poi reperibili in Grecia. Non dovrebbe suscitare eccessiva meraviglia se ai Salii facciano riferimento le tre vie Salarie del Piceno. E se Pico fosse stato il costruttore della viabilità primordiale (e attuale) del suo regno..? “Dodona, trasferita da’ Pelasgi in Italia”: ? Molti altri storici (a partire da Dionigi di Alicarnasso) affermano l’esistenza dell’Oracolo di Pico (a volte detto di Marte) del tutto simile a quello di Dodona. Credo che il sito sia individuabile nei pressi di Rieti e della via Salaria.

 

Note sulle insegne di Pico

(2° millennio a. C.):

 1 –  trabea: toga corta, con strisce (trabes) di porpora che sarà poi prerogativa di consoli, sacerdoti e cavalieri Romani (dopo vari secoli);

2 – ancile detto anche scudo argolico (pelasgico);

3 – lituus, bastone liscio, con la parte apicale ricurva; con cui gli auguri individuavano lo spazio dei riti e/o del vaticinio.

Nazzareno Graziosi

23 luglio 2018

 

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