Dopo la morte di Sigismondo Bandini, avvenuta cento anni fa, i coloni e i dipendenti della tenuta continuarono la vita affaccendata di sempre, ma con un sentore di decadenza.
Tutti in fila per il baciamano
Le ultime due eredi, donna Teresa la moglie del duca Sigismondo, e la sorella Maria Sofia “la contessa”, vivevano quasi sempre a Roma, facendo visita raramente alla loro proprietà, generalmente nel mese di maggio e in settembre, creando ogni volta un po’ di allegro scompiglio: al loro arrivo in auto, accompagnate da autista, cuoco e cameriere, tutti i dipendenti in fila e in perfetto ordine le attendevano nel chiostro, per accoglierle con tanto di baciamano.
Le feste e le battute di caccia passate
I lavoratori non sapevano cosa sarebbe stato di loro e della tenuta dopo la morte delle due nobildonne, e raccontavano con nostalgia di quando il duca Sigismondo e suo padre il principe Carlo organizzavano feste e battute di caccia per gli amici di Roma.
La scuola
Erano altri tempi, l’Abbadia non era come oggi luogo di svago, di cultura e di sport. Allora era una vera e propria frazione, piena di gente che lavorava: dal falegname al cantiniere, dal giardiniere al macellaio, e ovviamente c’erano il magazziniere, il fattore, l’amministratore… c’era anche la maestra, anzi, in alcuni periodi ci furono ben tre maestre, visto il numero di scolari, fino a 40 per classe. Erano i figli dei contadini e dei lavoratori della tenuta, che ogni giorno arrivavano a piedi dalle varie colonìe, compresa quella del Castello della Rancia, distante un’ora di cammino.
La grande guerra
Erano rare le macchine e le motociclette, i mezzi di locomozione più diffusi erano i carri e qualche bicicletta. All’Abbadia però passavano diverse “poste” cioè corriere, che partivano dalle città di Sarnano e San Ginesio dirette a Macerata e Ancona, e ritorno. La vita in abbazia scorreva lenta e laboriosa, anche la grande guerra, pur portando spavento, lutti e mancanza di alcuni generi, non turbò troppo le giornate: il cibo non mancò mai in campagna. Era una vita di comunità, ci si conosceva tutti, ci si aiutava a vicenda, e il passaggio di tedeschi, di partigiani, di polacchi, di zingari, più che spaventare incuriosiva, tanto gli uomini tenevano il fucile sotto il materasso…
I frati, una presenza disceta
La presenza dei frati era discreta, interagivano con il resto della comunità solo nelle funzioni religiose. Nessuno si permetteva di mancare a una funzione religiosa, alle serate di preghiera del mese di maggio, alla festa di Santa Rita, alle processioni e ogni sera le famiglie recitavano il rosario.
Il parallelo tra ieri e oggi
Le relazioni umane, di amicizia e di parentela, erano cosa sacra: si andava a far visita alle persone, alle famiglie, si facevano lavori assieme, si parlava. Rileggiamo un attimo questa ultima frase, confrontiamola con il modo di comunicare di oggi, con il concetto di rispetto e attenzione per l’altro che abbiamo… un mondo di saggezza popolare quasi perduto, insieme con l’usanza, che oggi fa ridere, di dare del “voi” ai più anziani.
Il desiderio esaudito
Oggi si vive in modo diverso, l’abbadia ha un aspetto diverso, i bambini stessi, che giocano sui prati, fanno giochi diversi, eppure l’incanto resta, nella grande chiesa silenziosa, nei profumi e nei colori lungo i percorsi, negli animali che capita di incontrare: una magia frutto di tanto lavoro e del desiderio del conte Sigismondo.
fonti:
Maura Chiavari – C’era una volta… l’Abbadia (2011 edizioni simple)
Paola Consolati . I Giustiniani -Bandini (1999)
Aldo Chiavari – l’abbazia di Fiastra, La Rancia e Canalecchio (2016)
G.Alimenti-S.Pasquali – Fondazione Giustiniani Bandini cronache di 40 anni (2014)
Otello Gentili – Abbazia di Chiaravalle di Fiastra (1984)
Giovanni Carnevale – La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti (2010)
Simonetta Torresi – II+II la storia dei popoli delle Marche (2016).
Simonetta Borgiani
11 giugno 2018