Atteso da tempo è finalmente uscito “Fonti, fontane, lavatoi, fontanili – le acque nel comune di Macerata”, il libro opera di Silvano Iommi, Mariella Troscè e Gianfranco Pasquali, edito da Edizioni Simple.
Acqua, bene prezioso
È un volume importante, sia nella fattura che nei contenuti, e lancia un suo messaggio subito, dalla copertina e nemmeno tanto sibillino: la goccia (acqua bene prezioso da usare, oggi, con parsimonia); le prugne (acqua come bene fondamentale nel passato – la Macerata de li vrugnulù); la lattina accartocciata (incuria dei manufatti di un bene comunque ancora prezioso – vestigia da conservare con cura, fatto che non avviene).
La dedica
La presentazione è a cura di Angiola Maria Napolioni, Principe Accademia dei Catenati e di Alberto Meriggi, Presidente Centro Studi Storici Maceratesi, con ulteriori appunti di Giorgio Severini. Nella premessa degli Autori si legge “Questo libro dedicato a pozzi, fonti, fontane e fontanili nasce da due consapevolezze: la prima riguarda l’acqua, dove c’è l’acqua lì c’è la vita, il cibo, l’uomo; la seconda riguarda il rapporto stretto che c’è da secoli, anzi da sempre, tra Macerata, centro urbano sulla collina e il suo territorio, perché senza di esso non sarebbe sopravvissuta, così come il territorio, per come è stato curato e gestito, è lo specchio della sua cultura urbana e il paesaggio ne è il risultato”.
Le foto, i disegni
Non è quindi per caso che il “viaggio” inizia dal paesaggio, non solo come entità fisica ma anche culturale e identitaria. Poi prosegue in modo molto schematico, d’obbligo trattandosi di una tale e tanta mole d’informazioni, con il territorio diviso in sezioni all’interno delle quali sono state individuate le varie fonti, le sorgenti e quant’altro è nella trattazione. Il tutto ha, come bella e interessante “farcitura”, notizie a carattere storico, curiosità e riflessioni. Per gran parte dei lettori, la spinta a sfogliare le trecento pagine sarà data dalle immagini: foto di oggi e scatti del tempo lontano, testimonianze di come erano i manufatti e di come si presentano ora. Noi stessi siamo rimasti coinvolti nell’osservazione delle foto e anche dei disegni messi a illustrare il “com’era”, realizzati dal quel Maestro del restauro che è Gianfranco Pasquali.
Alcune fonti
Ogni sezione è preceduta da una tavola del catasto gregoriano, a seguire una mappa della zona trattata con la ubicazione delle fonti (esistenti, demolite, sorgenti perenni, pozzi e mulini), l’elencazione delle stesse e, fonte per fonte, visione aerea per l’individuazione, notizie e foto, tante belle foto. Alcuni manufatti sono essenziali, con un costruito minimo per il deposito dell’acqua e la sua distribuzione, spesso un foro; altri denotano la funzione cui sono destinati per la sagomatura dei mattoni, infatti quando i bordi delle vasche di raccolta sono arrotondati significa che lì vanno le bestie all’abbeverata. Altre fonti si presentano con una veste architettonica vera e propria, come Fonte Maggiore a Macerata o la non più esistente Fonte di Santa Maria del Sabato; ma ce ne sono pure con firme prestigiose come in contrada Cimarella, dove la Fonte di Villa Bianchini è stata realizzata su disegno dell’architetto Ireneo Aleandri.
Testimonianza storica da rivalutare
Oggi, con il fatto che l’acqua arriva da lontano in ogni casa, le fonti naturali non destano più interesse e molte sono cadute in disuso (non in campagna dove il prezioso liquido mai basta) eppure, in quanto testimonianza storica di come si viveva, andrebbero conservate e rivalutate dal punto di vista didattico, per mostrare ai giovani quanta fatica costava portare acqua in casa e quanta gioia c’era nelle lavandaie che intrecciava no canti tra le vasche delle fonti. Altri modi di vivere. Se questo libro fosse un video sarebbe un bellissimo documentario.
Fernando Pallocchini
7 giugno 2018