Delle cose che mi ha lasciato una ne conservo con particolare devozione. Sta lì, protetta da un vetro sottile, racchiusa in modesta cornice provata dalle ingiurie del tempo. È un volto emaciato raccolto intorno a due occhi accesi nel vuoto, coperto da logora bustina di panno grigio-verde: mio Padre a 39 anni, Capitano di Fanteria, internato militare italiano nel lager di Meppen, ultima sede della sua prigionia in Germania. Dopo due anni di “vacanze forzate” eccolo lì, ritratto da un caro compagno di tanti sacrifici, privazioni, umiliazioni, ma anche di gloria, che uno Stato dimentico e distratto gli avrebbe infine riconosciuto, ma solo su domanda…, che non volle mai presentare, offeso e deluso da tanto burocratica ingrata ricordanza. Che bello lo Studio ordinato, con quelle presenze amorose, che lanciano precisi sguardi dai quadri appesi nel tempo! Ma quando rifletto, un istante obliando le carte che danno sostegno alla vita, due cose mi tornano in mente: la bianca cicogna liberata sul Passo difeso dai Greci (nota 1) e quel Giuramento rispettato pur in tempo di triste prigione (nota 2). Per questo sono fiero di Lui, che un giorno mi ha dato i natali, perché con l’esempio lasciato costringe ad andare lontano.
Note
1 – Il Passo delle Termopili in Grecia. Nel suo libro “Povera foglia frale” di ricordi della vita militare, mio Padre fa memoria del lungo viaggio di avvicinamento con il Reggimento, nel luglio del 1943, alle linee di scontro con l’esercito greco e così scrive: “Passando davanti a una lapide collocata sulla vetta di detto passo – a ricordo della gloriosa resistenza opposta dal Re degli Spartani, Leonida, con i suoi 300 uomini all’esercito persiano di Serse – ho lasciato volare una delle cicogne catturate (n.d.r.: per arricchire la sbobba quotidiana) a Colindros”. È gratificante constatare che, anche in momenti così particolari e gravi, lo spirito umano sente comunque la esigenza di mostrare nei gesti la grandezza della cultura e della civiltà nonché l’elevatezza dei sentimenti di chi di queste si nutre.
2 – Nello stesso libro si legge: “Non ho alcuna intenzione di aderire ai ripetuti inviti che ci vengono rivolti dal Comando tedesco per andare a lavorare per il grande Reich; né a quelli che ci pervengono da emissari della R.S.I. per l’arruolamento in reparti speciali, che si stanno organizzando per combattere a fianco dei tedeschi. Con l’adesione a tali inviti verrei meno all’impegno, da me assunto con il Giuramento, nel giorno della mia nomina a Ufficiale”.
Giuseppe Sabbatini
11 marzo 2018