Nazareno Sardellini è nato a San Claudio di Corridonia il 31 Marzo 1917 da Romolo e Lucia Ceschini. Era l’ultimo di una bella nidiata. La mamma si era sposata giovanissima, a 16 anni, e il primo marito faceva di cognome Lombardelli. Da lui ebbe tre figli: Adelina, Antonio e Fiore. Rimasta vedova a soli 19 anni, dopo aver avuto un figlio all’anno, si risposò con Romolo Sardellini, il fondatore dell’impresa edile tuttora esistente che, in quel periodo (primi anni del ‘900) stava restaurando l’Abbazia di San Claudio. Lucia Ceschini ebbe da Romolo Sardellini altri 7 figli: due morti quasi subito dopo il parto, gli altri sono Maria, Giuseppe, Giovanni, Elisa e Nazareno.
Maestro elementare
Giuseppe entrò in Seminario a Fermo e dopo qualche anno anche Nazareno seguì la stessa strada, ma a differenza del fratello maggiore, divenuto poi sacerdote, uscì dal Seminario ancora giovane. Insieme con i genitori e con il fratello Sacerdote, che nel frattempo era stato nominato Parroco di Gualdo, si trasferì nel paesino di montagna e terminò gli studi a San Ginesio, conseguendo il diploma di Maestro elementare. Vinse dopo qualche mese il concorso per essere immesso in ruolo e iniziò a lavorare in una scuola di campagna fra Gualdo e Penna San Giovanni.
Militare ebbe l’estrema unzione
Poi partì per il periodo di leva e, poco dopo essere stato congedato, fu richiamato alle armi per la II Guerra mondiale. Fece il corso per Capitano-pilota a Caserta, ma due soli giorni prima di ricevere il brevetto ebbe un’otite perforata, mal curata (i medici militari pensarono che fosse un lavativo e che non volesse partire con i suoi commilitoni, tutti destinati a una squadriglia aerea che operò in Russia), tant’è che entrò in coma e ricevette anche l’estrema unzione. È importante questo evento, perché dopo tantissimi anni (1982), quell’intervento chirurgico all’orecchio, mal eseguito, gli procurò una meningite fulminante dalla quale si salvò miracolosamente. Poiché la sua squadriglia era già partita per il fronte russo, venne aggregato, essendo anche marconista, a un reparto del Genio inviato nel pressi di Lubiana (Karlovac). Dopo l’8 settembre tornò in Italia con pochi commilitoni, per lo più a piedi e di notte, perché ricercato sia dai partigiani slavi come ex occupante, sia dai tedeschi come italiano “traditore”.
Il matrimonio
Riprese il lavoro di insegnante e si sposò (25 giugno 1949) con Irene Straffi da cui ha avuto 4 figli: Romolo (1950), giornalista, Cecilia (1952) medico anestesista-rianimatore, Patrizia (1961) ragioniera, Lucia (1963) ragioniera. Per poter restare vicino alla moglie rinunciò al posto di addetto all’Ambasciata italiana a Parigi, dopo aver vinto il relativo concorso. Nello stesso periodo iniziò anche a scrivere le prime composizioni in vernacolo e in lingua.
I primi lavori letterari
Il primo lavoro editato (1944) fu “La storia de lu Guardu”, poi scrisse con Dante Cecchi (la cui famiglia era sfollata a Gualdo) e con il maestro Trento Anzidei “Comme lu sole”. Nel 1954 si trasferì con la famiglia a Macerata, essendo stato cooptato nella segreteria del Provveditore agli Studi. Dopo alcuni anni scelse di tornare all’insegnamento nella Scuola di Corridonia, poi passò, sempre per sua scelta, a San Claudio dove abitavano ancora le due sorelle. Chiuse l’attività di insegnante a Macerata. Nel frattempo aveva vinto anche il concorso per “merito distinto” per Direttore Didattico, ma preferì andare in pensione come maestro elementare. Negli anni ’50, ’60 e ’70 portò avanti la sua passione letteraria, pubblicando “Voci di cose vive” (in lingua), Canto a due Voci (metà in lingua e metà in vernacolo, con disegni a tratto attinenti ai testi di Virgì Bonifazi) e la commedia in vernacolo “Comme quillu che dice”, rappresentata in quasi tutti i teatri della Provincia e dei paesi limitrofi e “tradotta” in dialetto anconetano.
Membro dell’Accademia dei Catenati
È stato membro dell’Accademia dei Catenati e della Famiglia Marchigiana. Ha vinto tanti Concorsi, fra questi citiamo quello della Gazzetta Letteraria di Milano e, qui a Macerata, la prima edizione del Premio Collevario. Dopo la meningite del 1982, pur essendosi ripreso molto bene, ha preferito appartarsi dalla vita artistica maceratese (rimanendo in contatto, comunque, con tanti suoi amici) per approfondire temi intimistici e spirituali. È tornato alla Casa del Padre il 2 febbraio del 2000 e ha voluto essere sepolto a Gualdo.
18 febbraio 2018