“Il rosso fiore della violenza”- XLIII puntata

“Che facciamo? Che facciamo? Ne paghiamo le conseguenze ecco che facciamo!” Rispose Sirtori, freddo e tagliente. “Di quali conseguenze vai parlando? Che l’abbiamo armata noi la mano di quell’assassino!” – “È come se l’avessimo fatto: ne conoscevamo le intenzioni, i moventi e avevamo la certezza che sarebbe accaduto; che a morire sia stato proprio uno di questi ragazzi inesperti aggrava ancor più la nostra imprudente leggerezza. È stata un’iniziazione tragica la loro e se ne porteranno dietro per sempre le conseguenze. Cerchiamo d’essere sinceri con noi stessi, una buona volta!

 

Presa di coscienza

Il nostro pressapochismo può essere eretto a eterno monumento della nostra imbecillità. E sarebbe anche ora di farla finita di considerare questi giovani arrabbiati del G.L.P. dei ragazzacci depravati. Essi ci stanno dimostrando con concreti fatti di essere dei veri combattenti e che ci fanno una guerra che sembra immorale soltanto ai nostri occhi; per loro ogni occasione è buona per i fini che si sono proposti di conseguire. Noi oggi gli abbiamo offerto, sopra un piatto d’argento, una occasione davvero magnifica. Ecco perché la morte di questo povero ragazzo deve pesare per primo sulla nostra coscienza!” – “Oh, oh, Alberico, stai esagerando con i tuoi sermoni da buon samaritano! È ora che te la smetti di fare il disfattista o, quanto è vero Iddio, ti denuncio per apologia di reato e ti sbatto a Gaeta, ti sbatto!” E andò via quasi correndo. “Sai quanto me ne frega che mi sbatti a Gaeta! Qui o in qualsiasi altra parte del mondo questa ferita me la porterò dentro per sempre”.

 

Una vera guerra

Alberto, intanto, correva trascinandosi dietro Angela che singhiozzava disperata: “Perché l’hai ucciso a sangue freddo? Non avevi ordinato che avremmo dovuto rispondere al fuoco soltanto per ritorsione?” – “Smettila e corri se non vuoi prenderti una pallottola in testa. Vi ho detto chiaramente che non avremmo giocato ai soldatini di piombo: la nostra è una vera guerra, se non l’hai ancora capito! A noi non devono interessare i modi ma soltanto i mezzi e gli scopi da raggiungere. Per me qualsiasi mezzo è lecito purché mi conceda di raggiungere lo scopo prefisso. Tu non hai mai smesso d’essere una borghesuccia romantica, perciò non sarai mai una vera rivoluzionaria”. – “Se rivoluzione significa assassinio di un innocente, sono contenta di non essere una terrorista e spero di non esserlo mai!” – “Attenta a ciò che dici, perché potresti pentirtene! A questo punto  è troppo  tardi per  te ritornare indietro”. – “Perché se no cosa mi fate? Mi fate fuori? Mi fate sparire nel nulla? Sarà sempre meglio che implorare come una mendicante un tuo sguardo, un tuo bacio. Il mio ideale rivoluzionario, sei tu! Per te ho abbandonato la mia famiglia, gli agi e le speranze future e poi, sappilo, per me è meglio morire che macchiarmi le mani di sangue innocente!”

 

Personaggi che tramano nell’ombra

“Sangue innocente? Di quale sangue innocente vai parlando? Per me non esistono innocenti in questa società di borghesi, corrotti ed egoisti, perché chi non ne denuncia le storture e le ingiustizie, chi non si ribella contro di essa a mano armata, è un complice, un traditore! L’omertà che protegge la corruzione è essa stessa corruzione e della peggior specie. In quanto ai miei sentimenti sia chiaro che io li nutro soltanto verso la causa che ho sposato, non ho tempo di dedicarmi a languide smancerie romantiche”. – “Evviva la santità degli scopi rivoluzionari! Che cosa credi tu che non mi sia accorta che t’affanni a eseguire ciecamente gli ordini di misteriosi personaggi che tramano nell’ombra per fini che nulla hanno a che vedere con i tuoi ideali rivoluzionari?” Alberto per la prima volta non seppe o non volle rispondere agli argomenti della ragazza. Giunsero finalmente sul posto dov’era parcheggiata la moto, vi salirono in fretta e ripartirono velocemente per rientrare nel nuovo rifugio: una casa diroccata, seminascosta al limitare di un bosco, a pochi chilometri dalla città.

 

L’uomo col pizzo caprigno

Tra i compagni che li stavano aspettando, Angela ebbe la sgradita sorpresa di rivedere con meraviglia e con terrore l’uomo dal pizzo caprigno che l’aveva spiata fuori dalla cabina telefonica. Comprese d’essere perduta perché egli certamente avrebbe informato Alberto della sua telefonata. Il suo viso impallidì di colpo, le labbra illividirono poi, vinta dalla fatica e dall’emozione, cadde svenuta. “Questa maledetta stronza stava per mandare a puttane tutto il nostro piano! È ora di decidere qualcosa o costei, prima o poi, ci metterà nei guai”.

 

Eliminatela!

“Eliminatela!” Sentenziò l’uomo dal pizzo caprigno il quale doveva evidentemente avere  potere e supremazia su Alberto e sul resto del gruppo. Tutti gli altri trasalirono ascoltando quella tremenda sentenza. Si fissarono l’un l’altro senza fiatare. Anche Alberto restò sconcertato dalla durezza di quell’ordine. Egli non aveva pensato a un’eliminazione fisica, quando aveva invocato provvedimenti nei confronti di Angela, ma non osò interferire. “L’ho pedinata per tutto il percorso perché da tempo avevo capito che non era un elemento di cui fidarsi. L’ho vista telefonare da una cabina pubblica, a chi non lo so, ma potrebbe anche aver telefonato alla polizia, quindi la cosa più opportuna è sbarazzarcene subito senza tanti complimenti. E in futuro siate più vigili nella scelta dei nuovi adepti. Nel nostro ambiente garanzia di successo è l’assoluta segretezza delle nostre decisioni e dei nostri movimenti”. – “Chi s’incaricherà di farlo?” Chiese con un fil di voce Katia cui non sfuggiva mai il lato pratico di qualsiasi problema. Anche lei da tempo s’era convinta che Angela costituiva il punto più debole tra loro perché una donna innamorata, all’interno di un gruppo eversivo, è sempre imprevedibile nelle sue iniziative e sempre antepone i suoi sentimenti alle necessità della lotta armata. Nessuno però si fece avanti per assumersi il compito di boia. “Va bene, lo farò io!” Disse l’uomo dal pizzo caprigno.                                  

 continua

15 febbraio 2018

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