Il volumetto, strutturato bilingue inglese-italiano, inizia così: “La Regione Marche è vissuta sempre ai margini dell’interesse di operatori turistici, studiosi d’arte, archeologi e storici, spesso prevaricata dal clamore di altre Regioni quali la Toscana o l’Umbria. Eppure questa Regione oltre alle bellezze paesaggistiche cantate dal Leopardi, offre una ricchezza di tesori artistici così diffusa e straordinaria, che sembra impossibile non abbia attratto l’attenzione di cultori dell’arte nei tempi passati.” Questa nuova pubblicazione di Alberto Morresi è l’ennesimo richiamo degli appassionati locali diretto ai marchigiani e ai turisti, un “guardate che qui nel passato c’è stato qualcosa di grosso, talmente grosso che è stato cancellato”… In queste pagine si pone l’attenzione su una chiesa, una delle tante magnifiche costruzioni medievali marchigiane, di recente ristrutturata e visitabile: Santa Croce al Chienti, la cui struttura risale al tardo antico, poi ristrutturata e ampliata in epoca carolingia, come provato da documenti d’archivio e più volte citata da Andrea Bacci nei suoi scritti del 1500. La ricostruzione delle vicende che ruotano intorno all’abbazia Santa Croce è piuttosto complessa, ma in sintesi conferma l’importanza politico religiosa del sito, con il coinvolgimento di molte generazioni di imperatori e di papi, fino al momento in cui il papato, accaparratosi dei beni imperiali con conseguente indebolimento del potere imperiale, induce il Barbarossa a salvare il salvabile optando per la translatio imperii, cioè spostare il cuore del potere imperiale a Colonia, insieme con i suoi simboli. Quindi, dopo averlo fatto Santo per poterlo spostare, cerca a lungo i resti di Carlo Magno, introvabili forse perché nascosti, o proprio perduti; il problema viene risolto per “divina ispirazione” con i resti di un uomo che nel 1166 furono portati a Colonia e oggi sono venerati ad Aachen come appartenenti a San Carlo Magno. Ma il video di un documentario sul reliquiario di Aachen, molto probabilmente rivela la falsità dell’operazione messa in atto da Federico Barbarossa: sulla calotta del presunto Carlo Magno c’è un buco, e dalle fonti non risultano interventi del genere sull’imperatore; pare invece che tale intervento lo avesse subìto il pronipote Carlo il Grosso… Un ulteriore tassello nel puzzle, fra i tanti ancora da trovare e sistemare, in questa avvincente storia.
Per info contattare l’autore all’indirizzo email: alberto.morresi@libero.it
Simonetta Borgiani
5 gennaio 2018