Gli autori antichi, che trattano di Pico, sono vari e sostanzialmente concordi e fanno spesso riferimento al libro VII dell’Eneide. Ho ritrovato il vecchio testo scolastico edizione SAI a cura di Cesare Paperini, traduzione di A. Caro. Ho letto e riletto il cap. VII, inutilmente.
La ricerca e il ritrovamento
Anche se non sono un mago dell’elettronica mi sono affidato a internet e ho trovato il volume “L’Eneide di Virgilio del Commendatore Annibal Caro”, edito a Padova nel 1613. Problema risolto.
I 230 versi scomparsi… riappaiono!
Nel mio vecchio libro di scuola (ancora integro e con numerose incisioni) il numero dei versi è progressivo e senza errori: dopo il 254 viene il 255, il 256… ma il verso 255 corrisponde al 486 della versione del 1613! Per puro… caso si sono dimenticati 230 versi.
Breve sintesi fino al verso 254
Sintesi dei versi fino al 254: Enea è approdato, con le sue navi, sulle sponde del Tevere. Il giorno seguente, all’alba, molti si recano a ispezionare il territorio: “e la cittade / Da’ feroci Latini era abitata”. Enea sceglie cento oratori e, coronati d’oliva, carichi di doni, li invia a trattare amicizia, comodi e pace. Gli ambasciatori ammirano l’alte torri, i gran palagi, il fior de’ giovinetti loro / Su’ cavalli e su’ carri esercitarsi.
I versi scomparsi
Dal vero verso 255 trascriviamo, ritenendo ciò assai utile per la comprensione delle civiltà preromane…
Era la corte1 un ampio, antico, augusto
Di più di cento colonnati estrutto2
In cima a la Città sublime albergo.
Pico di Laurento il vecchio3 rege
L’hauea fondata. Era d’oscure selve,
Era de’Numi de’primi avi suoi
Sovra d’ogn’altra veneranda, e sacra.
Qui de’lor scettri, qui de’primi fasci
S’investivano i Regi. In questo tempio
Era la curia, eran le sacre cene,
Eran de’Padri i publici conviti
De l’occiso Ariete. Hauea d’antico
Cedro nel primo entrar, un dietro a l’altro
De’suoi grand’avi i Simolacri4 eretti.
Italo v’era, e ’l buon padre Sabino,
Saturno con la vite, e con la falce,
Giano con le due teste: e gli altri Regi
Tutti di mano in man, che combattendo
Non fur di sangue a la lor patria avari.
Pendean da le pareti e da’ pilastri
Un gran numero d’armi, e d’altre spoglie
Prese in battaglia. A i portici d’intorno
Carri, trofei, catene, elmi, e cimieri,
Et securi e corrozze5 e scudi, e lance,
Et rostri di navili, e ferri, e sbarre,
Di fracassate porte erano affisse.
In habito succinto, e con la verga6,
Che fu poi di Quirino7, e con l’Ancile8
Ne la sinistra, esso Re Pico assiso
V’era pria cavaliero e poscia augello.
Ch’in augello il cangiò la maga Circe
Sdegnosa amante: e gli suoi regi fregi
Gli converse in colori, e’l manto in ali.
In questo tempio sovra al seggio agiato
De’ suoi maggiori, a se Latino i Teucri9
Chiamar si fece.
Note – 1) Reggia; 2) fabbricato, vedi Tommmaseo 1924; 3) vecchio sta per antico Re o va inteso come Re in età avanzata? Nel secondo caso, prima di costruire la reggia avrebbe conquistato il Piceno. Era già Re dei Piceni prima di essere Re dei latini; 4) statue; 5) gran numero di mezzi di trasporto, con carri da guerra; 6) segno del potere; il vergaro è ancora il nome che nelle Marche indica il padrone delle aziende agricole; 7) Romolo; 8) scudo dei piceni; 9) gli uomini di Enea.
Prima di Roma solo capanne di paglia?
Certo, i versi di Virgilio non possono essere un documento storico inconfutabile. Ma è pur vero che un eccesso di “licenze poetiche” avrebbe nociuto alla sua credibilità e sarebbe stato un prezioso appiglio per gli altri scrittori ro mani non certo solidali tra loro. Il Mantovano si sottopose a lungi viaggi per avere contezza dei luoghi, a informarsi sulle antichità che descriveva e per verificarne almeno le vestigia. Non deve destare meraviglie la presenza di alte torri, dei grandi palagi e della meravigliosa reggia, tenendo anche presente che in quei tempi splendevano la civiltà Assiro Babilonese, la Greca, l’Egizia ecc. Non possiamo credere che in Italia, prima di Roma, tutti abitassero in capanne di paglia; alcune spalmate di pece. Notare anche la numerosa presenza di carri e carrozze nella Reggia/ “Museo” costruita da Pico e sulla piazza antistante; forse non molto diverse dal carro del Metropolitan Museum di New York, rinvenuto a Monteleone di Spoleto e l’altra conservata in Vaticano. Un cattedratico di archeologia sembra sostenga che prima dei romani non esistevano strade “non ci sono evidenze che altri…”. Ma nel sito archeologico di Belmonte Piceno (e non è l‘unico nel territorio Maceratese/Piceno) si è trovato, tra i tanti oggetti preziosi e meravigliosi, quanto sotto descritto:
I carri a due ruote
Durante gli scavi del 1909-1911 furono trovate almeno 9 o 10 sepolture che contenevano un carro a due ruote, di cui alcuni asportati in blocco e trasferiti al museo di Ancona… Solitamente il carro si presenta in un solo esemplare per tomba, posto nella fossa tombale ad un livello più alto rispetto al defunto. Eccezionale… è il rinveni-mento di 6 carri nella famosa “Tomba del duce”… A Belmonte i carri sono stati trovati sia in tombe maschili sia in sepolture femminili… oggi si conservano solo pochi frammenti… Dalle foto d’archivio sono individuabili, però, pure elementi in bronzo appartenenti al rivestimento. A quanto risulta dalle foto scattate durante gli scavi…
Forse c’è qualche inesattezza, forse non ho capito, altrimenti si dovrebbe dedurre che, negli scavi di quel sito Piceno, i carri trovati sono stati 16! (anche se qui le strade non sarebbero esistite!). Sarebbero rimasti solo frammenti. Ma che volete è già trascorso un secolo con due guerre mondiali. Non risulta che sull’aspre cime del Monte Conero si siano verificate grandi, lunghe e distruttive battaglie con l’uso anche di atomiche, che hanno polverizzato la, quasi, totalità dei reperti, lasciando integre solo le foto. Con le sole foto è difficile fare la storia di popolo.
Ecco i carri…
Mentre nei musei del territorio maceratese/piceno abbiamo solo piccole parti del metallo che rivestivano le ruote dei carri dei Salj, il carro di foto1 sta in Vaticano e quello di foto 2, invece, si trova al Metropolitan Museum: come mai?
17 dicembre 2017