Tra l’indifferenza totale di chi passa sotto il portico dell’ex convento dei Francescani (oggi Scuole Medie) è murata la lapide del greco Teostoritto dei Papegomeni. La lastra fu ritrovata nella zona dell’ex Convento delle Clarisse, il complesso dove ora hanno sede le Poste, alloggi IACP e varie associazioni cittadine. Resta dell’antico edificio la piccola chiesa di San Giovanni Battista che dà il nome al terziere. Prima del monastero delle clarisse, nella stessa area, c’era un convento probabilmente benedettino, che fu abbandonato e forse ceduto in seguito alle Clarisse di cui il cenobio si tramanda fondato nel 1244.
La datazione della lapide: 1186 d.C.
Ritengo pertanto che la tomba del greco fosse nel cimitero annesso al monastero maschile. Non si sa quando la lapide venne ritrovata: lo storico Luigi Lanzi (1732-1810) la ricorda murata nel palazzo comunale da dove venne spostata nel luogo dove si trova oggi all’inizio degli anni ‘30 del ‘900, quando il vecchio municipio fu abbattuto per far posto al complesso della piazza Corridoni. Molto interessante è la datazione della lapide: 7 Agosto, Indizione 4, Feria 5, Anno 6694. Il calendario Bizantino pone la creazione del mondo nel 5509 a.C. e pertanto l’anno corrispondente dell’età cristiana è il 1186. Da notare la estrema precisione nella definizione della data: si utilizza l‘Indizione, cioè il rapporto dell’anno bizantino con quello dell’era cristiana per avere un risultato che permetta di avere un ulteriore termine di confronto onde evitare errori. Si ricorda anche il giorno di morte: giovedì (Feria 5).
Teostoritto era un funzionario di Bisanzio?
Questa precisione nella data, specialmente l’utilizzo dell’Indizione, che veniva spesso usato nei rapporti diplomatici per evitare errori, potrebbe far pensare che Teostoritto fosse un funzionario di Bisanzio spedito in Italia per qualche missione: va ricordato che il 1186 è l’anno della Sesta Calata del Barbarossa e che Bisanzio era a livello economico strettamente legata e dipendente dalle Repubbliche Marinare. Il 1192 un emissario dell’Imperatore d’Oriente, Niceforo Papegomeno, coadiuvato dal traduttore Giberto Alamanopulo, si reca a Genova per la ratifica di un trattato tra i due stati. Singolare che questo funzionario bizantino abbia lo stesso cognome di Teostoritto.
La traduzione della iscrizione
Torniamo alla lapide. L’iscrizione molto poetica, scritta in un greco assai elegante, recita: “Dopo aver condotto il carro della vita per 2 volte venti oltre cinque dei maggiori rivolgimenti del sole, trovai soltanto per mercede questo breve sasso che qui ricopre la mia cenere. Voi pertanto che entrar dovrete in questa strada, qui tutti spandete suppliche a Lui che avrà da giudicare il genere dei mortali affinché io lo trovi propizio prima di giudicarmi ed eviti la condanna dei tormenti. E voi cari pastori, in una coi monaci custoditemi dalle ossa altrui, me che sono il misero Teostoritto nato da Teodoro, rampollo ultimo della dinastia dei Papegomeni. Chi violerà questo sepolcro sebbene angusto, decada dalla eredità dell’Eden ed incorra nella maledizione de’ Padri, e l’ultrice mano di Dio lo raggiunga. 7 del mese di agosto, feria 5, indizione IV. Anno 6694”.
La maledizione
Il testo davvero suggestivo spiega che all’età di 45 anni Teostoritto, figlio di Teodoro, discendente ultimo della famiglia Papegomeni, trova rifugio nel cimitero dei monaci in un piccolo sepolcro. Ai cari monaci chiede che venga sepolto accanto a loro e che non gettino le sue spoglie in un ossario comune, mentre ai visitatori chiede preghiere a Dio per la salvezza della sua anima. Infine lancia una maledizione: chi oserà violare il suo sepolcro venga dannato per sempre e incorra nella maledizione dei monaci e nella vendetta di Dio. Maledizioni ricorrenti, specie nella tradizione bizantina.
Come era capitato a Montolmo?
Su come fosse capitato un greco a Montolmo possiamo solo azzardare ipotesi. Partiamo dalla più semplice, che fosse solo di passaggio, rammentando che Montolmo era su di una importante arteria che collegava ai porti della Puglia da cui si partiva per la Grecia e la Terrasanta. Poteva essersi ammalato e ospitato dai monaci fino alla morte e quindi lì sepolto. I monasteri fungevano spesso da luoghi di ristoro per i viandanti e pertanto la cosa potrebbe essere plausibile. Passiamo ora a un’altra ipotesi, che in Montolmo esistesse una comunità stabile di greci: potrebbero essere stati mercanti ma non si hanno notizie storiche in merito.
Ipotesi dell’enclave bizantina
A questo punto non si può non citare la teoria del professor Francesco Nobili Benedetti. Il professore ritiene che un’enclave di cultura bizantina avesse resistito nella zona di San Claudio di Corridonia anche dopo la sconfitta definitiva di questi (prima metà dell’VIII secolo circa) e si fosse incastellata a Montolmo intorno al Mille dopo la sconfitta di Trasone l’Irsuto a opera del vescovo di Fermo. L’incastellamento sarebbe avvenuto nella odierna zona di via Don Bosco dietro l’ex Mercato coperto, dove era presente una chiesa (oggi non più esistente) denominata Santa Maria Nuova. Con un gioco di assonanze nella pronuncia dal greco, il professore ipotizza che l’attuale Chiesa di San Claudio fosse precedentemente chiamata di Santa Maria e che pertanto la Chiesa urbana di Santa Maria Nuova fosse stata denominata “Nuova” rispetto a quella antica presente a San Claudio. Altre prova sarebbe la denominazione della zona in contrada Napoli (in dialetto via Stefano Nobili viene chiamata Gabba de Napoli): per il Nobili Benedetti Napoli non sarebbe altro che una storpiatura di Neapolis cioè “nuovo insediamento”. Ultima prova che porta infine è la lapide del greco Teostoritto ritenuto un discendente dei feudatari bizantini. Tesi molto suggestiva ma che, mi dispiace dire, è basata solo su ipotesi molto labili, complesse e prive di alcun riscontro storico. Inoltre mi sembra davvero difficile, se non impossibile, che una comunità di cultura greca fosse resistita nelle sue tradizioni per secoli in un territorio culturalmente differente; per non parlare poi dell’ipotesi di Santa Maria Nuova, della Napoli e della lapide di Teostoritto che poteva essere lì per i più svariati motivi.
Una prece…
Di certo non sapremo mai chi fosse e per quale motivo Teostoritto era a Montolmo, come non sapremo se l’epitaffio sia stato da lui composto in punto di morte o dai monaci dopo la sua dipartita: resta solo la richiesta di una preghiera per la sua anima e la supplica, non esaudita, che le sue ossa non vengano disperse.
Modestino Cacciurri
11 dicembre 2017