In molti testi antichi si parla di una razza di umani giganti, anche nella bibbia, ma nell’archeologia di oggi non vengono citati e le notizie sia vecchie che recenti sono puntualmente screditate, mentre il materiale reperibile nel web va preso, come sempre, con le pinze.
Giganti nelle Marche
Anche nelle Marche circolano leggende di antichi giganti, la più nota è quella dei giganti che, ancor prima del diluvio universale, sarebbero vissuti nell’ascolano, dove costruirono varie fortezze con massi che estraevano dal monte Conero, e di queste fortezze l’unica ancora esistente sarebbe Massignano. Secondo altre testimonianze, raccolte da Medardo Arduino, scheletri giganti sarebbero stati scoperti durante scavi e poi rinterrati qualche decennio fa presso l’abbazia di San Marco alle Paludi (Fermo) e davanti alla Rocca di Offida, dopo aver suscitato il terrore dei residenti. Anche Ancona conserva la sua leggenda sui giganti che, sempre ai piedi del Conero, pare avessero costruito fortificazioni e scavato cunicoli.
San Cristoforo
Esiste anche un altro indizio, che viene spacciato per simbolico-metaforico: la diffusa venerazione di San Cristoforo, il gigante dalla testa di cane che secondo gli ortodossi si convertì al cristianesimo ed entrò nell’esercito imperiale, finendo la sua vita torturato e decapitato. In occidente prevalse la storia di un burbero gigante che faceva il traghettatore su un fiume, e una notte con grande fatica trasportò il bambino Gesù da una riva all’altra del fiume, si convertì e divenne martire. Numerose sono le raffigurazioni di S. Cristoforo nelle zone interne del maceratese: esempi per tutte quelle di Castelsantangelo sul Nera e di Visso.
Ecco una traccia… a Pievetorina, la pubblichiamo integrale
Ma ecco una traccia: troviamo pubblicato all’interno del Bullettino dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica del 1869, un interessante rapporto del Conte Severino Servanzi Collio, coltissimo nobile settempedano, che di seguito trascriviamo fedelmente: “Antico Sepolcreto in Pievetorina territorio di Camerino. – I storici camerti hanno lasciato memorie sulla celebrità delle valli nel territorio di Camerino, ove scorrono i confluenti al ben noto fiume Chienti. Sulla sponda a sinistra del torrente appellato della Valle di S. Angelo a non molta distanza dal ponte San Giovanni presso Pievetorina (antichissimo castello compreso nel nominato territorio) è venuto alla luce da pochi mesi un vasto sepolcreto tra l’indicato fiume e la strada. Lo spazio occupato dai sepolcri è di circa metri 400 in lunghezza, e di 60 in larghezza, costituito da varj strati di breccia calata in più riprese dal vicino monte, da terra alluviale, e da calcestruzzo. Può dirsi, che per due a tre metri sia costantemente sopra l’ordinario corso del fiume. È tutto quanto coperto dall’ombra di varie querce, cui vuolsi attribuire l’età di raddoppiate centinaia di anni. I sepolcri furono scavati nella pietra spugna di una grandezza capace a contenere un corpo umano giacente: lo scavo si trovò, coperto con ghiaja, e con frammenti di pietra spugna. I scheletri stavano supini, con la testa rivolta verso levante. Tenevano abbracciato un vaso a due anse con la mano sinistra, ed un’anfora con la destra. Non di rado vi era collocata una patera capovolta presso al lato destro del capo con sotto essa avanzi di tessuti, e qualche volta uno specchio. Presso i piedi era posato un vaso lacrimale. Raro il caso di trovare i bambini. La altezza dei scheletri d’ordinario supera la comune degli uomini. Se n’è trovato uno di metri due, e centimetri sessantaquattro, ed essendosi da me elevato dubbj su la straordinaria altezza (quasi incredibile), mi si sono indotte pruove in giustificazione, e circostanze da doverne rimanere persuasi; ma io dubito ancora. Fra queste mi si raccontava che uno dei cavalieri preso in mano uno stinco, e misuratolo sulla propria persona giungeva sino alla metà della coscia. Qualcuno avrebbe voluto conservare questo scheletro, in qualche gabinetto anatomico, come cosa rara, ma vi fu persona la quale volle assicurare, che di quella altezza era facile trovarne in più gabinetti, e così venne disfatto e abbandonato. Presso che a nessun teschio mancano i denti, per cui pochi sono anche i vecchj. Non si sono trovate né armi, né monete. Sono però tornate a luce varie tegole con orli rotondi, alcuni frammenti di specchj di mistura di rame e stagno, varie strigili in pezzi, gli avanzi d’un istrumento di ferro a somiglianza di cisoja, un anello, un fermaglio di argento, qualche spillo dello stesso metallo, ed uno scarabeo, che però non si è potuto esaminare, perché ne fece privativa il proprietario. L’escavazione è risultata ricca di vasellami, giacché sopra uno spazio di metri quadrati 1300 circa già visitato, furono estratti tanti pezzi di svariate forme e grandezze, che sommano a 150, compresi molti lagrimatorj e vasi da conservare unguenti. Trenta vasi sono a due anse, coperti di vernice bianca con grande orifizio alti da centimetri 14 a 25. Dieci con un’ansa soltanto ed orifizio rotondo, alti da centimetri 12 a 20. Dodici anfore con una sola ansa, ed orifizio ripiegato, coperte di vernice bianca, ed abbellite da diversi ornamenti, e testine dipinte con vernice oscura, alte da centimetri 20 a 25. Altre due con orifizio ristretto, alte da 18 a 22 cent. Tre patere di diametro cent.17 a 19. Due tazzette di 8 cent. di diametro. Sei olle dell’altezza di cent. 24 a 32, diametro 20 a 30. Una lucerna molto rozza. Siffatti utensili figulini devono essere stati lavorati in epoche diverse, ed aver servito a persone più o meno agiate, perché diversa è la pasta, diverso il colorito ed il disegno, diverse le vernici brune e la loro lucidezza, diversa in fine la leggerezza e la rifinitura: le tegole non sono lavorate a somiglianza delle etrusche. Conte Severino Servanzi Collio”.
A questo punto restiamo in attesa di qualche testimonianza tramandata oralmente a Pievetorina, e chissà, anche della ricomparsa dello scarabeo e di altri reperti, magari di un osso-stinco che a un uomo normale gli arrivi a metà coscia.
Simonetta Borgiani
Foto: Africa, tomba con scheletro gigante; i San Cristoforo di Visso, Castelsantangelo sul Nera e Serravalle di Chienti, sono dei giganti a paragone delle altre figure, animali e persone, dipinte.
6 novembre 2017