L’antico motto di Visso “Estote cives, vissani, et pugnate pro patria!”

“Vi prego, aiutateci a ricostruire la Storia di Visso!” Così ci salutava la sera del 2 settembre una giovane del posto, menzionando un noto autore: Ado Venanzangeli, storico ed ex sindaco di Visso. La fiducia espressa dalla ragazza è nettamente inferiore all’imbarazzo nostro: cosa ne sappiamo in fondo di Visso, questo posto suggestivo e tappa obbligata nelle gite estive fuori porta?

 

Quando a Macereto c’era un castello

Cerchiamo notizie su questo autore, troviamo e acquistiamo la prima (crediamo) opera che pubblicò: il libriccino del 1955 “Visso e dintorni” una guida nello stile tipico dell’epoca, con notizie storiche, descrizione puntuale dei luoghi, dei monumenti, delle opere d’arte, degli abitanti. Scopriamo per esempio che prima del suggestivo tempio dove si va a maggio e agosto a fare scampagnate, a Macereto, c’era un castello abitato dalla famiglia Boncompagni, che emigrando vendette il titolo di conte al Comune di Visso, pertanto il titolo di Conte di Macereto ancora oggi spetta al Sindaco di Visso in carica.

 

Il popolo vissano, animo fiero e irrequieto

Scorrendo le pagine ci immergiamo in un mondo denso di storia, una storia travagliata di mutazioni di governo e di governanti. Ma chi non è nel tempo mai mutato è l’animo fiero e irrequieto del popolo vissano, intollerante dei potenti locali e con accese rivalità coi vicini, con i quali si battè sanguinosamente per secoli: Camerino, Norcia, Montefortino, Montemomaco, Acquacanina… Ci fu perfino una discordia civile, malgrado i rigidi Statuti comunali, che divise in due fazioni i vissani: i muffati e i maracceschi, chissà se questi epiteti quattrocenteschi si usano ancora? Venanzangeli descrive i vissani come uomini rozzi, ma robusti, forti, tenaci, svegli e bellicosi, di animo buono, ospitale, profondamente religioso. In ogni tempo a Visso vi furono artisti, artigiani, eminenti ecclesiastici ed esimi giurisconsulti.

 

L’emigrazione verso Roma

La risorsa principale però è sempre stata la pastorizia, che ancora sopravvive in bellissime aziende a conduzione familiare. L’autore spiega la presenza di tanti romani in estate a Visso come discendenti di antichi abitanti, che proprio grazie alla pastorizia e alle transumanze, conoscevano il territorio dell’Urbe e vi si trasferirono. L’edificio nel centro storico più importante per la devota collettività è senz’altro la Collegiata, fatta costruire nel 1143 per devozione inizialmente come cappellina, poi nel tempo ingrandita più volte per accogliere la popolazione che di venne sempre più numerosa.

 

La Madonna bruna

La madonnina venerata nella Collegiata, era arrivata a Visso, secondo la leggenda trascritta nel 1300, quando “Venne un pellegrino con una Madonna dentro una cassa e cantènno per tuttu lu paese la facìa vedere et baciare, e la madonna facìa grazie et miracoli a tutti. Postea fo portata nella chiesa sonànno le campane, venne tutta la gente e fo piena la chiesa, e allora la Madonna Bruna fece miracolo alla moglie di Trebonio molenàro alias Jacone che stia per morire. E allora la gente e la comune fìciru notu fare la Chiesia alla Madonna et insuper che non se lassàsse portà via ultra lu pellegrinu. Ma issu non se contentò, ma quanno la volse piglià (riprendere) non la potette movere… et ita restò con nui e lu pellegrinu mortus est lu dì dopo”.

 

 

 

 

 

 

La Madonna del Voto

Non indaghiamo oltre sulla causa della morte del povero pellegrino. Se la devozione popolare per secoli è stata per la Madonna Bruna, oggi l’opera più conosciuta è l’enorme San Cristoforo che arriva al soffitto, affresco stupendo affiorato dopo i lavori post sisma del 1997. Ma se vogliamo eleggere a simbolo di Visso uno dei suoi tesori d’arte, proponiamo senz’altro il dipinto realizzato a metà del 1400 da Paolo da Visso “la Madonna del Voto”, ecco la descrizione che ne fa Aldo Venanzangeli: “In alto, in mezzo a due schiere di angeli imploranti, scorgiamo il Redentore, adirato, scagliare saette (calamità: pestilenze, alluvioni, terremoti, guerre) che vanno a spezzarsi su un padiglione acuminato. Sotto questo è seduta la Vergine con il figlio morto, vicino è il popolo vissano (uomini a sinistra, donne a destra) in atteggiamento fiducioso, ma mesto; Sant’Agostino e San Nicolò da Tolentino sorreggono i lembi delle tende del padiglione.

 

Brani della prima letteratura italiana

Tre iscrizioni semplici, spontanee di sapore tutto medievale, che alcuni vorrebbero far citare tra i brani della prima letteratura italiana, completano la opera che si rivela di un’ampiezza veramente sorprendente”. Ecco i testi:

1) Da tucti si pregato Lux mundi in eterno, chel populo vissano conservi en bono stato.

2) Intercede per nui, Regina sancta/denanzi al tuo figliolu quale è iratu/che fine aggia questa tempesta tanta/la quale avimo per lu nostru peccati./ Et della tua sancta grazia ce admanta/che quistu populo non sia sagettatu/da queste sagette che passano el core/pregalo che el faccia per tuo amore.

3) Nui cognoscìmo che no simo digni/Madre che per nui dèggie pregare/perchè d’ogne iniquità noi simo prigni/et no cessìmo sempre de male fare/ ma la tua clemenzia se digni/per nui peccaturi volere orare/a ttuo figliolu re incoronato/che cesse la morìa de omne lato.

 

L’antico motto

La Madonna del Voto oggi è salva, ma in esilio come tanti abitanti di Visso. Stavolta le preghiere alle Madonne di Visso dovranno essere assai appassionate, mai s’era visto che il popolo fosse deportato per un terremoto: non c’era riuscito Alarico, non c’erano riusciti Papi e Imperatori a togliere libertà e casa ai Vissani. Per far risorgere Visso, alla forza delle sue Guaite, dovrebbero unirsi tutte le Marche, per impedire che i riflettori si spengano e che i nostri monti restino al buio. Facciamo nostro il loro antico motto: Estote cives, vissani, et pugnate pro patria!

Simonetta Borgiani

29 ottobre 2017

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