In Italia nel 2016 sono stati registrati oltre 615 mila decessi tra i cittadini residenti, 32 mila in meno rispetto al 2015 (-5%). Nonostante il calo del tasso di mortalità, quello del 2016 rappresenta il secondo anno per numero assoluto di decessi.
Popolazione più anziana, maggiore mortalità
A partire dagli inizi degli anni ’90 e soprattutto negli ultimi dieci anni la curva dei decessi va assumendo una crescita accelerata, fenomeno atteso in un contesto come quello italiano, analogamente a quanto accade in altri Paesi avanzati, e non deve destare allarme: le persone tendono a vivere più a lungo, ingrossando nel tempo le fila della popolazione in età anziana, la più esposta ai rischi di morte. Analizzando la distribuzione mensile dei decessi si ha la conferma di un 2015 che presenta dati eccezionalmente singolari nei primi mesi dell’anno (gennaio-marzo) e in quelli estivi (luglio, soprattutto). Nel 2016 la mortalità su base mensile torna in linea con quella del biennio 2013-2014, fatta eccezione nei due mesi finali dell’anno in cui supera anche quella osservata nel corrispondente bimestre del 2015. (sottto: grafico decessi popolazione in migliaia)
Il picco influenzale
Alla luce dei primi dati provvisori relativi al 2017 si osserva un massimo di mortalità nel mese di gennaio con oltre 75 mila decessi che, congiuntamente a quanto occorso sul finire dell’ultimo bimestre 2016, è da ricollegare al picco influenzale dell’inverno 2016-2017. I successivi dati mensili 2017 lasciano presupporre un ritorno alla tendenza degli anni precedenti. Nel complesso nel periodo gennaio-maggio 2017 si sono avuti 294 mila decessi, contro i 268 mila del 2016 e i 292 mila del 2015. A ogni modo, le informazioni statistiche a oggi disponibili non consentono ancora di valutare come la mortalità del 2017 risulterà a consuntivo, anche sotto forma di indicatori più specifici e strutturati come, a esempio, la speranza di vita. (sotto: grafico mortiper mese)
Le donne vivono più a lungo ma la differenza diminuisce
Per il totale dei residenti l’aspettativa di vita si attesta a 82,8 anni (+0,4 sul 2015, +0,2 sul 2014) e nei confronti del 2013 risulta essersi allungata di oltre sette mesi.
Disaggregata per genere, la durata media della vita risulta come di consueto più elevata per le donne (85 anni) ma il vantaggio nei confronti degli uomini (80,6 anni) si limita a soli 4,5 anni di vita in più (erano 4,8 nel 2013), consolidando quel processo di avvicinamento della sopravvivenza di genere che a partire dal 1979 (6,9 anni la differenza uomo-donna in tale anno) non si è mai interrotto.
Aumentata la speranza di vita
La speranza di vita aumenta in ogni classe di età. All’età di 65 anni, ad esempio, arriva a 20,7 anni per il totale dei residenti, allungandosi di cinque mesi sul 2013. A tale età la prospettiva di vita ulteriore presenta una differenza meno marcata tra uomini e donne (rispettivamente 19,1 e 22,3 anni) che alla nascita. Nelle condizioni date per il 2016, ciò significa che un uomo di 65 anni può oltrepassare la soglia degli 84 anni mentre una donna di pari età può arrivare a superare il traguardo delle 87 candeline.
Migliorata la sopravvivenza in ogni fascia di età
I guadagni di sopravvivenza conseguiti nel tempo interessano normalmente tutte le età, anche se non allo stesso livello di intensità. A esempio, confrontando quanto avveniva nel 1976 con il 2016, la probabilità di morire nel primo anno di vita si è abbattuta di oltre sette volte, scendendo dal 24,2 per mille al 3,2 per mille per un bambino, e dal 19,2 per mille al 2,7 per mille per una bambina. Proseguendo con l’età, a 40 anni un uomo aveva una probabilità di morire del 2,4 per mille contro una pari all’1 per mille di oggi, una donna una probabilità di morire pari all’1,3 per mille contro una oggi pari allo 0,6. Ancora più importante, ai fini dell’allungamento della vita media, è la riduzione dei rischi che interessa le età anziane: ad esempio, a 65 anni la mortalità si è più che dimezzata, passando dal 28,7 per mille all’11,1 per mille per un uomo, e dal 13,4 per mille al 6 per mille per una donna.
Speranza di vita dei neonati
Un neonato del 1976 aveva una probabilità del 90% di essere ancora in vita all’età di 50 anni, se maschio, e a quella di 59 anni, se femmina. Quaranta anni più tardi, un neonato del 2016 può confidare di sopravvivere con un 90% di probabilità fino all’età di 64 anni, se maschio, e fino a quella di 70, se femmina. L’aumento della speranza di vita nel 2016 rispetto al 2015 si deve principalmente alla positiva congiuntura della mortalità alle età successive ai 60 anni. Il solo abbassamento dei rischi di morte tra gli 80 e gli 89 anni di vita spiega il 37% del guadagno di sopravvivenza maschile e il 44% di quello femminile.
Vita più lunga nel Nord-Est
Nel 2016 si registra una leggera riduzione delle diseguaglianze territoriali di sopravvivenza, che tuttavia permangono significative. I valori massimi di speranza di vita si hanno nel Nord-est, dove gli uomini possono contare su 81 anni di vita media e le donne su 85,6. Quelli minimi, invece, si ritrovano nel Mezzogiorno con 79,9 anni per gli uomini e 84,3 per le donne. Sono 2,7 gli anni che separano le residenti in Trentino-Alto Adige, le più longeve nel 2016 con 86,1 anni di vita media, dalle residenti in Campania che con 83,4 anni risultano in fondo alla graduatoria. Tra gli uomini il campo di variazione è più contenuto, e pari a 2,3 anni, ossia alla differenza che intercorre, come tra le donne, tra la vita media dei residenti in Trentino-Alto Adige (81,2) e i residenti in Campania (78,9). (soto: grafico morti per regione)
Simonetta Borgiani
[Dati Fonte Istat]
27 ottobre 2017