Hanno demolito il mulino Vignati. Un tempo era a pietra. “Coccu, voli vinì’ co’ mme su lu mulì?” e io non vedevo l’ora di accompagnare mio nonno. Lui portava al mulino il grano e il granturco con la carretta di legno. Tornavamo a casa con la farina bianca e gialla: la prima per fare il pane e la seconda per la polenta. Mio nonno non faceva macinare tutto il granturco, un po’ ne regalava a me perché sapeva che mi piaceva tanto darlo alle galline e vederle indaffarate a beccarlo. Noi avevamo il forno in cantina e lì veniva cotto il pane. Poi divenne più pratico e meno dispendioso portarlo a cuocere nel forno a legna delle Fosse. Mia madre, dopo aver arrotolato sulla testa una “spara” (la “roccia”) vi poggiava sopra una decina di panetti, già lievitati nella madia (la “mattora”), coperti con un telo affinché mantenessero la lievitazione e si recava al forno. Era bello vedere quella processione di donne all’andata e al ritorno, soprattutto al ritorno quando si spandeva per l’aria un fragrante profumo che ti “costringeva” a staccare e addentare un pezzo di crosta ancora calda. Mia madre era fiera di portare sulla testa quella tavola ondeggiante e non si vergognava affatto, nemmeno quando incrociava qualche signora che incedeva con aria superba con in testa, anziché pane, un cappello guarnito con fiori finti. Mia madre, mio nonno e io: tutti e tre legati in qualche modo a quel mulino. Mio nonno faceva lo stradino, fuori orario di lavoro sistemava anche lo stradone di qualche terreno e riceveva in cambio dal contadino un po’ di grano, di granturco, di uva, di noci… Riponeva tutto nel tascapane e ritornava a casa contento come una Pasqua; non vedeva l’ora di fare cena anche perché a pranzo, forse, aveva mangiato solo pane e baccalà secco. Mio nonno! Aveva lavorato per cinquant’anni e un giorno ricevette una lettera dal Comune: era stato collocato a riposo. Dopo averla letta cominciò a piangere… un pianto dignitoso ma incessante. “Ma come, non sei contento?” – “No, avrei voluto ancora lavorare…”. Come suonerebbe male questa risposta oggi… Poco dopo andava in pensione anche il forno a legna delle Fosse. Il mulino, invece, qualche anno fa è diventato un cumulo impressionante di macerie, è un altro pezzo del nostro passato che se n’è andato. Prima se n’erano andati mio nonno e mia madre senza aver avuto il tempo di assistere a una nuova cementificazione. Mio malgrado vi ho assistito io.
Umberto
22 ottobre 2017