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Postino a piedi da Macerata a Corridonia
A pensare che, come scrive don Andrea Bartolazzi, a Pausula (Corridonia) fino al 1855 la posta veniva portato da Macerata con un postiglione, ossia un postino che – badate bene – a piedi, una volta la settimana andava a prendere le lettere della posta di Macerata entro una bolletta di corame col suo lucchetto a due chiavi e quando arrivava se ne dava segno con l’antichissimo campanone della comunità. Il campanone annunciava l’arrivo della posta così che gli interessati potessero recarsi all’ufficio per il ritiro. Il lucchetto a due chiavi garantiva che gli uomini responsabili del servizio fossero due, garantendo la segretezza della corrispondenza.
Organizzazione postale pontificia
Lo Stato Pontificio era suddiviso nell’organizzazione postale in tre Distanze: la prima per Lazio, Umbria e Sabina, la seconda per le Marche e la terza per le Romagne. Le Direzioni Postali nella Delegazione di Macerata erano tre: Tolentino, Loreto e Macerata stessa. La Delegazione di Macerata con Editto di Pio IX del 1850 era stata suddivisa nei Distretti di Loreto, Fabriano, Macerata, Recanati e San Severino; questi erano stati suddivisi a loro volta in Mandamenti e Montolmo come capoluogo ricadeva nel Distretto di Macerata. Camerino sotto lo Stato Pontificio era sede di Delegazione e pertanto aveva una propria Direzione.
I “Bolli Franchi” e l’arrivo del calesse
L’introduzione dei Bolli Franchi (francobolli) avvenne solo nel 1851 con editto del cardinal Antonelli. Ovviamente la lettera veniva tassata in base alla distanza e al peso. Anche in quei tempi esisteva la “tassa a carico”, e in questo caso l’addetto postale nel momento della partenza scriveva a penna sul fronte della missiva la somma da riscuotere dal destinatario. Solo nel dicembre 1855 a Pausula cominciò a correre la posta con la messaggeria a due cavalli, cioè con un calesse tirato da due cavalli che garantiva un minimo di velocità nella consegna, con gran sollievo del povero postino salvato dal percorrere i venti chilometri di viaggio di andata e ritorno da Macerata sotto ogni tipo di tempo. Comunque, seppur lentamente, la posta arrivava e non si perdeva.
L’anno del colera, 500 morti al mese e le spoglie di San Felice
Il 1855 fu un anno funesto per Pausula, fu l’anno della violentissima epidemia di colera che era seguita a un anno di profonda carestia. Scrive don Andrea Bartolazzi: il morbo era orribile soprattutto nelle persone più giovani e robuste che morivano smaniando, facendosi nere. Terrorizzati cercavano tutti di ritirarsi per timore del contagio: gli stessi parenti abbandonavano i moribondi, e molti finivano per mancanza di soccorsi. L’ospedale era talmente pieno che gli ammalati venivano collocati per terra su di un materasso nel cortile antistante. Solo in un mese si contarono circa cinquecento vittime! La punta dell’epidemia venne toccata il 14 luglio, poi stranamente dopo che il parroco di San Pietro, don Pietro Paolo Bartolazzi, fece giungere a Pausula le spoglie di San Felice, l’epidemia incominciò a scemare e il 2 agosto cessò definitivamente. Miracolo? Semplice coincidenza?
Il fascino della lettera
Ritorniamo alle nostre vecchie poste, saranno state pure lente, ma a me personalmente affascina ancora la lettera scritta a mano che giunge dopo diversi giorni. La lettera di cui rimane traccia anche dopo tanti anni, la lettera che ci impegna nello scriverla, che si aspetta con impazienza guardando tutti i giorni nella cassetta. Niente a che vedere con l’anonimo ed arido messaggio annunciato da uno strano suono del nostro iphone, messaggio di cui non rimarrà traccia: dove finiscono i messaggi cancellati o mai recapitati? Nel nulla! E poi come avrebbe fatto Foscolo, fosse vissuto oggi, a scrivere un romanzo epistolare? Dilemmi della storia!
Modestino Cacciurri
12 settembre 2017