Eno Santecchia, nostro collaboratore da tempo, non è nuovo a tali avventure letterarie avendo al suo attivo numerose pubblicazioni. Questo suo ultimo lavoro, “Le orchidee del Chienti” è un libro le cui pagine sono costruite con racconti brevi, interviste e storie di vita vissuta. Non segue una trama ben definita ma è suddiviso in quattro parti. Nella prima sezione ci sono dodici capitoletti su storie e persone; nella seconda sezione i 6 capitoli sono interessati alla difesa della natura, un argomento molto caro a Eno; nella terza sezione protagonista è il bacino del Mediterraneo con le sue città, i suoi popoli, i suoi colori, gli animali e le realtà archeologiche; l’ultima e quarta sezione è fatta d’incontri, di crescita personale attraverso il colloquio con persone e personaggi i più vari e delle più diverse etnie e religioni. Quante storie si possono narrare porgendo le giuste domande a persone che, come nel caso dell’Ammiraglio Vincenzo Martines, sono state in posti di comando della Marina Militare, si vengono a scoprire operazioni umanitarie portate a compimento dai militari pressoché sconosciute, tradizioni del mare e significati reconditi, come gli “otto fischi alla banda”, una usanza risalente alla marineria velica. Si può anche dare avvio a una storia partendo da un piccolo particolare, a esempio lo scotano, un arbusto, oggi ornamentale, coltivato sul monte di Capolapiaggia, un tempo usato per la concia delle pelli. Da qui si sviluppa con rapidi tratti la figura di un signore d’altri tempi, delle sue stranezze e del modo di vivere in un tempo molto diverso dall’oggi e di luoghi che hanno subito lente trasformazioni. È bravo Eno, nel cogliere e nel raccogliere i fatti; e a portarli alla nostra conoscenza, come le vicissitudini di ragazzi che si dovevano dare alla macchia per sfuggire ai rastrellamenti dei tedeschi e, a volte, trovavano umanità nel nemico. La sensibilità dell’autore verso la natura, dai suoi scritti, si capisce sia diventata consapevolezza. Lui sa che avere cura della natura significa avere cura di noi stessi. Non sopporta le “capitozzature”, perché sono indice del pressapochismo con cui vengono trattate le piante nelle città, con le potature che sono appaltate, troppo spesso, a persone incompetenti. Interroga esperti su questo argomento e le conclusioni sono sconfortanti, anche se sembra in aumento la sensibilità ambientalista di alcuni amministratori. Poi è la volta delle altre grandi passioni di Eno Santecchia: viaggi, viaggiatori e archeologia. Direttamente o per interposta persona, intervistandola, porta il lettore a conoscere la Romania, una bella nazione in via di sviluppo e la città di Arad, prossima al confine ungherese, ricca di architetture, musei e, aggiungiamo noi, di un parco giochi fluviale davvero bello. Scorrono pagine sul Marocco, sull’India con appunti per turisti e non; straordinarie le avventure del civitanovese Marcello Trappolini e della sua rossa Emma, una Vespa 125 con non si sa quanti chilometri sulle spalle, percorsi in giro per il mondo. Si sa, i vespisti sul pianeta sono un clan numeroso e molto affiatato e sono dappertutto, tanto da accogliere il vespista in solitaria nei luoghi più sperduti con commoventi incontri. Eno, viaggiatore lui stesso, ogni anno ci regala report interessanti sui luoghi che visita: Egitto, Giordania e non manca, durante i suoi giri, di confrontarsi con gli altri viaggiatori che incontra, per conoscere attraverso le esperienze altrui, per stringere amicizie. Lo spinge quella molla inesauribile che è la curiosità, ma anche, successivamente, la voglia di comunicare al prossimo quanto è riuscito a vedere, a capire, facendo tesoro di ogni esperienza. “Le orchidee del Chienti”, edito dalle Edizioni Simple di Macerata ha in copertina “Lago di Polverina”, un dipinto di Davide Giovannini.
Fernando Pallocchini
10 settembre 2017