Da un po’ di tempo in qua, in poesia, va di moda il termine… “non detto”. Quindi diciamolo il non detto nell’incontro avuto dai tecnici (ingegneri, architetti e geometri) con i giornalisti a proposito di ricostruzione post sisma.
Le cose che non vanno sono molte: burocrazia farraginosa con delibere a raffica, le quali, anziché semplificare, moltiplicano le incertezze; sgombero delle macerie lento come una tartaruga assonnata; deportazione dei terremotati talmente lunga da portare allo spopolamento di zone che, invece, hanno bisogno di essere abitate per un insieme di motivi, non ultimo il controllo del territorio e della natura, lasciando per il momento da parte la farsa delle casette.
Le dimissioni di personaggi chiave (Curcio e, di più, Errani), che non si sa ancora né da chi verranno rimpiazzati né che strada prenderanno i nuovi, portano a una domanda: “Si perderà altro tempo?”
Gli Ordini professionali dei tecnici marchigiani premono dicendo: “Abbiamo presentato progetti, siamo profondi conoscitori delle zone del cratere…”. Pensiamo noi de La rucola, da marchigiani sospettosi: “Non è che a Roma hanno in mente qualche team ammanicato per progetti che, poi, per scarsa conoscenza del territorio saranno slegati dal contesto delle zone disastrate?” Hanno dichiarato i nostri tecnici in conferenza: “Dobbiamo presentare progetti ai nostri clienti completi di studi, materiali, maestranze senza conoscere quali saranno i rimborsi, a rischio di veder contestato economicamente il progetto presentato”. Perché non si conoscono le cifre rimborsabili? I prezziari sono carenti nelle voci, perché? Non sarà per quanto abbiamo scritto sopra riferito agli ammanicati? Poi, che significa riparare una parete, sic et simpliciter, quando la crepa può essere dovuta a un cedimento strutturale che richiede un intervento più complesso? Non è che sono stati adottati dei parametri facenti capo al terremoto emiliano del 2012, avvenuto in un contesto territoriale completamente diverso dal nostro: là c’è pianura, qui dei borghi inerpicati per alte colline e altri sperduti fra massicci montuosi? Quante domande senza risposta. Anche la domanda da noi posta ha avuto una risposta che non è tale, sempre perché si naviga a vista nella nebbia normativa e senza una chiara visione di cosa c’è da fare. Abbiamo chiesto: “Voi, da tecnici, sapete affrontare la ricostruzione, quale che essa sia, ma… quali direttive ci sono, specialmente nelle zone più gravemente danneggiate?” Vale a dire: ricostruire come era e dove era, oppure ricostruire altrove, o ancora ricostruire solo le architetture più significative, o creare dei falsi storici… I nostri interlocutori hanno risposto in qualche modo ma, in soldoni, quello che abbiamo capito è: “Non ci sono direttive!”
È stato un incontro da cui è partito un corale grido di aiuto: “Qui siamo tutti pronti, che dobbiamo fare?”.
L’architetto Vittorio Lanciani, l’ingegnere Maurizio Paulini, i geometri Paola Passeri e Marcello Seri, in rappresentanza dei rispettivi Ordini a vario titolo, sembrano preoccupati. Noi de La rucola, invece, crediamo che i nostri corregionali terremotati siano proprio nella cosiddetta…
Fernando Pallocchini
29 agosto 2017