La storia vera di Banca delle Marche – XVII puntata

Da questa puntata cominciamo a entrare nel vivo della storia di Carima – Banca delle Marche. 

A chi dà fastidio la CARIMA?

A ottobre 1992, Giovanni Battista Lucangeli, un vero e proprio signore di animo e di modi, rassegna le dimissioni perché troppo impegnato nella propria azienda che ha bisogno di una sua presenza a tempo pieno, e poiché rappresenta il mondo degli agricoltori viene sostituito per cooptazione da Lauro Costa. Inoltre, a gennaio 1993, il Ministro del tesoro nomina i nuovi vertici della fondazione: il presidente è Giorgio Pagnanelli (in foto), già direttore generale dell’ONU e noto da decenni soprattutto per il suo intervento nella vicenda dei militari italiani a Kindu, nel Congo, mentre il vicepresidente è, tra molte polemiche perché ritenuto di estrazione troppo politicizzata, Andrea Valentini, figlio di Enzo Valentini, già ispettore centrale della Cassa di risparmio e per molti anni vicepresidente dell’Associazione dei dipendenti ed ex dipendenti. Inoltre Andrea Valentini non è socio della Fondazione e ciò lo mette in una situazione molto delicata, perché, a esempio, può assistere, ma non partecipare all’assemblea dei soci, cioè non può votare e in teoria neppure intervenire nel dibattito. Contestualmente nella fondazione sono sostituiti anche i componenti del collegio sindacale, che rimangono solo in banca (anch’essi per elezione assembleare), sancendo definitivamente la separazione tra i due enti, il cui unico legame operativo resta ancora, per un po’ di tempo, la compresenza del segretario e del vicesegretario generale.

 

La vicenda Federconsorzi

Ma anche in banca la situazione è agitata: la vicenda del commissariamento della Federconsorzi blocca all’improvviso un meccanismo complesso che coinvolge tutti i consorzi agrari provinciali, con possibili consistenti perdite per la banca; la feroce e immotivata campagna denigratoria che segue contro il presidente Sposetti e lo costringe, per il bene dell’azienda, a rassegnare le dimissioni il 20 febbraio 1993. La vicenda della Federconsorzi resta per molti versi ancora avvolta nel mistero, con dubbi fondati circa la reale situazione di insolvenza che aveva portato al commissariamento, giustificato forse più da motivazioni di ordine politico. In particolare per la Cassa di risparmio maceratese, la Federconsorzi rappresentava un importante cliente sin dagli anni ‘30, invidiatoci da banche di maggiori dimensioni e a carattere nazionale, che non si capacitavano come funzionari di una piccola cassa di provincia avessero le porte aperte, mentre a loro toccava di fare anticamera e sollecitare le operazioni. Sono stati scritti libri e libri sulla vicenda, ma la verità è ancora lontana: qualcosa di più potrebbe dire il professor Alfonso Donadio, rappresentante della CARIMA nella società SGR che avrebbe dovuto gestire la liquidazione della Federconsorzi in tempi rapidi e con metodi efficaci. Questa ipotesi, tuttavia, solleva violente reazioni in potentati economici e in gruppi di professionisti, che vedevano già un’opportunità per loro lucrosa e che forse nulla o quasi avrebbe lasciato ai creditori; dopo molteplici vicende, che esulano dallo scopo di questa narrazione, sia pure con alcuni anni di ritardo, la banca finirà per rientrare dell’intero credito, senza danni significativi, almeno dal punto di vista economico.

 

 

La “guerra” dei biscotti e dell’aria condizionata

Sposetti viene quindi sostituito da Loris Tartuferi  (foto sopra) come consigliere, mentre presidente è nominato Alfredo Cesarini; se ne è andato anche il vicedirettore generale Giuliano Camanni, proveniente da Torino e assunto dopo la cessazione di Aimone Cioli; personaggio dall’aspetto e dai modi cordiali, ma che non trova evidentemente una collocazione per lui soddisfacente, tanto che dopo aver assicurato perentoriamente il consiglio di amministrazione che le voci del suo passaggio ad altra azienda sono assolutamente infondate, solo pochi giorni dopo, in maniera sconcertante, è alla guida della Cassa di risparmio di Perugia e a Macerata è sostituito da Tommaso Gozzetti (foto sotto), proveniente dalla Banca popolare di Spoleto. Questo è un personaggio estroverso e geniale, professionalmente molto preparato, e nella prima seduta di consiglio a cui partecipa a palazzo Ricci, o in una delle prime, fa trovare un tavolinetto imbandito con caffè, latte, biscotti ed altre vivande per ristoro. Il presidente Sposetti, che in tali riunioni ammette solo acqua, entrando in sala, getta una sguardo di sottecchi al tavolinetto, chiedendo in tono ironico: “Di chi è oggi il compleanno?” e all’imbarazzata spiegazione di Gozzetti, alla fine tronca con un secco “Va bene, va bene, ma che non si ripeta un’altra volta!” Inoltre tra i due c’è anche una simpatica guerra per l’aria condizionata: Gozzetti ha sempre caldo e cerca in continuazione di abbassare la temperatura della sala tramite il telecomando del condizionatore, che però emette un sonoro e inequivocabile “bip” a ogni tocco; a questo suono il presidente, che invece non gradisce troppo il fresco, mi guarda perentorio, invitandomi a ripristinare la temperatura precedente e a “sequestrare” il telecomando! Nel 1993 la CARIMA si imbarca in un’altra iniziativa, risultata poi vana, cercando di assumere il controllo della Banca della Capitanata, azienda privata pugliese con sede a San Severo: dopo estenuanti trattative altalenanti, con offerte e contro richieste, si rinuncia al progetto, e la Banca della Capitanata finirà nell’orbita della CARIPLO. Nel 1994 a tale banca, poi trasformata in Banca Apulia, come direttore generale prima e poi come amministratore delegato, va proprio Tommaso Gozzetti, dimessosi dalla Banca delle Marche al momento della sua costituzione, come vedremo in seguito.

 

15 maggio 2017

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