La storia vera di Banca delle Marche – XII puntata

Un’epoca professionalmente indimenticabile

Il nuovo presidente inizia subito il suo mandato con uno stile molto particolare, di taglio aziendalistico, che ricorda quello di Guzzini, ma assai più personale, con una visione della banca quale avrebbe potuto e dovuto diventare in tempi relativamente rapidi. Intanto la lunga ispezione della Banca d’Italia si è conclusa, con una lunga serie di osservazioni sull’organizzazione e la gestione aziendale e sanzioni per gli organi amministrativi e di controllo; per quanto concerne la segreteria, l’unico appunto consiste nella considerazione che dai verbali non appare una rappresentazione esauriente delle discussioni che accompagnano o dovrebbero accompagnare l’assunzione delle deliberazioni. Da una parte il direttore generale, per statuto segretario del Consiglio, non ha praticamente la possibilità di condurre l’esposizione delle proposte e contemporaneamente di verbalizzare osservazioni, valutazioni o altro; dall’altro, in realtà, le discussioni sono praticamente inesistenti, come avrò occasione di constatare dopo poco tempo. Si fanno così alcuni tentativi: all’inizio, uno dei presenti riferisce al segretario generale gli avvenimenti e le discussioni, con risultati tuttavia non convincenti circa l’esattezza e la completezza del verbale, per cui ben presto, anche per mie sollecitazioni, il presidente decide che la funzione di segretario verbalizzante sia svolta da un funzionario delegato, che assiste alle sedute redigendo il verbale in diretta. Trascorre così l’estate e al ritorno dalle ferie, all’inizio di settembre, il presidente Sposetti, incontrandomi per il corridoio, mi comunica che devo essere presente alla prossima riunione del consiglio di amministrazione, in sostituzione del segretario generale, per redigere il verbale, senza darmi tuttavia ulteriori spiegazioni. Passerà molto tempo prima che mi siano chiari i motivi di questa decisione, ma intanto comincia ufficialmente la mia funzione di segretario del consiglio e del comitato esecutivo, che durerà quasi ininterrottamente per circa venti anni.

L’abortita incorporazione della Cassa di Ancona: l’inizio della fine?

Dopo alcune settimane, il presidente comunica al consiglio l’avvio di una serie riservata di incontri con i vertici della Cassa di risparmio di Ancona (in particolare con il presidente Ferranti e il vicepresidente Raggetti) per la realizzazione di un progetto di fusione per incorporazione di tale banca, che si trova in una situazione di notevole crisi, tanto che le perdite presunte sono di ammontare pari o superiori al capitale sociale. Il 9 novembre 1987 il consiglio di amministrazione approva il progetto per la costituzione della Cassa di risparmio della provincia di Macerata e Ancona, dizione che rende utilizzabile anche il logo CARIMA, letto come CA.RI.M.A. (CAssa RIsparmio Macerata Ancona) invece che CA.RI.MA. (e qualcuno ci accuserà di averlo pensato già in ottica Cassa di risparmio delle Marche!); il 28 novembre l’Assemblea dei soci approva il progetto, compreso il testo del nuovo statuto, che il presidente mi invita a leggere e a illustrare ai presenti, nella mia prima e unica partecipazione “pubblica” al consesso. Inizia una serie di attività frenetiche in ogni settore della Cassa, per definire i tempi e i modi dell’assorbimento, mentre si attende da un momento all’altro la decisione del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CIRC), competente per l’approvazione di progetti come questo che vedono coinvolti enti pubblici come erano ancora allora le Casse di risparmio. Ma il ministro del tesoro Giuliano Amato sembra non avere fretta e la riunione viene rimandata di settimana in settimana, di mese in mese.

10 aprile 2017

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