L’Accademia Filelfica di Scienze Lettere ed Arti, che promuove la formazione e lo sviluppo culturale con studi, ricerche ed eventi sul territorio di Tolentino, ha organizzato domenica 12 marzo una conferenza con l’architetto Luca Maria Cristini, che ha raccontato la sua corsa al salvataggio delle opere d’arte nelle 486 chiese di competenza dell’arcidiocesi di San Severino-Camerino dove svolge l’incarico di Direttore dell’Ufficio beni culturali.
Le Marche, delle tre regioni colpite dal sisma, pur avendo il 75% dei danni, è quella che subisce più di tutte l’oblio mediatico. Il sisma del 30/11 ha completato l’opera dei precedenti, distruggendo i beni già compromessi e aggiungendo a questi danni rilevanti in zone che nelle scosse precedenti erano state poco interessate. Gli edifici religiosi sono quasi tutti coinvolti, per la tipica conformazione “scatolare” che li rende vulnerabili, in associazione spesso a disomogeneità nelle murature, dovute negli anni e nei secoli a ricostruzioni post-terremoti, a parti aggiunte, a modifiche che hanno indebolito le strutture; a volte anche interventi di rinforzo o di restauro si sono rivelati inutili se non dannosi. In alcuni casi la tempestività nella messa in sicurezza ha salvato in parte edifici dal crollo. “Non è stato tuttavia possibile – ha precisato l’architetto Cristini – vista la vastità dell’area interessata, intervenire in tempo ovunque”. C’è da sottolineare, però, che nel tentativo di trovare un modo per impedire che le risorse per l’emergenza venissero impiegate in contesti impropri, come accaduto in passato, nel 2012 e nel 2013, è stato riformato il Servizio Nazionale della Protezione Civile, ma il riordino di tutta l’organizzazione ha reso di fatto meno snelle le procedure: in questa emergenza la protezione civile è stata meno efficiente.
“In particolare, il Ministero dei Beni culturali – ha osservato Luca Maria Cristini – che con questa normativa si è escluso dall’emergenza ritenendosi capace in modo autonomo di gestire tutti i contesti di sua competenza, si è trovato ad avere poche risorse in termini di attrezzature e di persone a disposizione; situazione aggravata da una certa resistenza da parte dell’Ente a beneficiare della collaborazione dei volontari, che invece nei soccorsi sono stati determinanti, come tutti abbiamo visto”.
L’architetto Cristini invece, ha ben volentieri accettato l’aiuto dei volontari, sempre presenti nelle squadre di recupero composte da 1 sovrintendente, i vigili del fuoco e un carabiniere del nucleo tutela del patrimonio culturale di Ancona (tutte persone eccezionali, instancabili e impagabili!).
Questi volontari sono stati da lui stesso formati in appositi corsi organizzati negli anni passati, in quanto il volontario di Protezione Civile non serve solo in caso di terremoto: possono verificarsi molte altre tipologie di calamità, e anche in tempi “normali” si possono svolgere importanti attività di monitoraggio e di salvaguardia.
Come diventare volontari per i beni culturali?
Semplice, basta costituire una associazione di volontariato, iscriverla nell’apposito elenco Regionale, organizzare corsi approvati dalla Regione, dipartimento di protezione civile, e quindi qualificare i volontari. Oppure si può aderire a organizzazioni già esistenti (l’architetto Cristini porta l’esempio del Gruppo Protezione Civile Legambiente Beni Culturali Regione Marche).
Negli anni passati, non sono mancati progetti e idee innovative per prevenire danni da terremoto, che avrebbero evitato molte polemiche: una direttiva del 2013 prevedeva l’individuazione in condizioni non di emergenza di luoghi idonei di ricovero temporaneo per i beni culturali in caso di calamità naturali, per i beni ecclesiastici in particolare questi depositi erano da prevedere in musei nel territorio. Lavoro non eseguito, ecco perché tante opere sono state portate ad Ancona.
Si comprende, ora, l’importanza di un documento dove si pianifichino luoghi, persone, attrezzature, sistemi di sicurezza, cui fare riferimento immediato. Un altro progetto giace da tempo in commissione europea, riguardante l’istituzione di un fondo comunitario per i casi di calamità: da soli noi del centro Italia, e noi Marche in particolare, non possiamo farcela data la forza e la vastità del terremoto che ci ha coinvolti. A tutt’oggi, degli edifici danneggiati nel sisma del 1997, 1100 sono stati risanati mentre altri 1200 attendono ancora; molte opere stanno da allora rinchiuse in depositi e sono in parte da restaurare. Si imputano i ritardi alla crisi economica esplosa nel 2008, ma dovremmo sospettare anche di un nostro scarso peso elettorale sia a livello regionale che comunitario: le istituzioni hanno il dovere di darci aiuto ma finora, diciamolo, non hanno dimostrato interesse.
“In ogni caso – conclude l’architetto Cristini – non possiamo permettere che la fruibilità di luoghi e opere d’arte resti impossibile per i venti anni a venire. Per quanto concerne la ricostruzione questa necessiterà dell’impegno di tutti, e si dovranno inventare nuovi modi di fare economia, altrimenti si rischierà veramente di lasciare tutto deserto, o sistemato alla meno peggio, oppure d’innalzare cattedrali nel deserto”.
Nel frattempo, segnaliamo che alcune opere recuperate, particolarmente significative, saranno in mostra alla Galleria degli Uffizi di Firenze dal 28 marzo al 30 luglio 2017 per una iniziativa di solidarietà: “Facciamo presto! Marche 2016 – 2017: tesori salvati, tesori da salvare”. Un omaggio alle Marche colpite dal sisma con una serie di capolavori provenienti da chiese, palazzi e musei delle province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata. La mostra, a cura di Gabriele Barucca, ripercorre idealmente la storia dell’arte di questi territori a partire dal Medioevo e fino al XVIII secolo. I proventi saranno devoluti alla ricostruzione dei monumenti colpiti.
Le foto delle opere sono di “Con in faccia un pò di sole” e di Luca Maria Cristini
Simonetta Borgiani