30.10.2016 – Ancora una scossa.

Il terremoto è fatto di istanti, non di minuti o di ore, ma di attimi che infieriscono e uccidono. Nel suo sconvolgente procedere racchiude, nel breve, una tale quantità di sensazioni che per sbobinarle e ripercorrerle tutte ci vorrebbero ore e forse giorni. Ma alla fine ci si convince che è quasi impossibile trattenerle in un’unica testa. Il suo inizio non lascia prevedere la fine, che potrebbe essere la fine del tempo e della vita. Le urla, il terrore servono a fissarne il processo: il crescere, il cessare e l’improvviso riprendere, col sottofondo di un lamento sordo e cangiante, come di tuono, e uno sferragliamento, come di treno che passa, sfiorandoti. Ma tu ci sei sopra e vorresti scendere, fuggire, dimenticare! Una cosa immensa, improvvisa, che tante persone, a prescindere di dove siano o che stiano facendo, avvertono all’unisono. Chissà per quanti chilometri? chissà con quali esiti? Tutti sanno del terremoto ma nessuno, al momento, ne conosce le conseguenze. Ci si guarda in faccia l’un l’altro, smarriti, col volto livido e il fiato corto.  Ci  saranno  stati dei morti?  Forse  tra  qualche attimo tornerà a farsi vivo, per distruggere ciò che non ha finito ancora? Storditi, perché i pensieri non hanno avuto ancora il tempo di catalogarsi. Forse la fuga è la soluzione? Una fuga disperata, solitaria, che tradisce l’amore, gli affetti più incarnati, e persino una normale solidarietà. Il terremoto ti ha reso cattivo quanto lui, egoista, crudele, insensato. Con luce maligna ha illuminato per un istante le tue innumerevoli facce. Per qualche istante ha cancellato il tuo prossimo, facendoti sentire solo, svuotato, ramengo persino nella coscienza. E ti ritorna il boato, e una forza che scuote senza rendersi visibile, misteriosa quanto subdola e spietata, aliena e alienante. Poi, anch’essa insensata, sopraggiunge l’euforia di essersi salvati e di poterla raccontare. Ma a chi, se tutti hanno già vissuto e, nella sua sconvolgete vicinanza, assaporato la morte? Infine una speranza: può esser vero che la tenerezza dell’amore sia un seme deposto entro la terribilità della natura con l’incarico di convertirla?               

Lucio Del Gobbo

 

06 marzo 2017 

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