Una curiosità soddisfatta
Un vecchio carbonaio, Andò de Festélla, di carattere bizzarro è ricoverato in ospedale in pericolo di vita.I familiari, preoccupati per l’anima del congiunto, pregano il buon don Carlo di visitare il moribondo. Tutto compreso dei doveri del suo ministero don Carlo si reca in ospedale intrattenendosi con il vecchio, cercando di inculcargli la rassegnazione: “Antò mmia, ce lo sapimo tutti che la fine nostra adè quella che dè… Andò, ‘gna rassegnasse, che cce vulimo fa: quanno ir Signore ce chiama, non g’è da fa’ atro che preparà’ scibbè ll’ànama… Se tte conféssi e tte pindi, Andò, so’ ssicuru che golerai im paradisu com’un angiulittu… Andò, lo penà’ tua sta per funì’, fatte coràgghju che la Madonna te ‘ssiste…”. Il povero Andò, supino e immobile per via della flebo, cereo in volto, con gli occhi semichiusi e il respiro impercettibile, le braccia fuori dal lenzuolo e le mani poggiate sul ventre, tace e non si muove. Sembra in coma. Ma a ognuna di quelle esortazioni del prete batte, ripetutamente e stancamente, la punta di un dito indice steso contro la base dell’altro indice pure steso. Don Carlo non sa come interpretare quel gesto. Pensa sia una specie di assenso ma, conoscendo le stravaganze di quell’uomo, un po’ diffida, fatto sta che la curiosità lo tormenta. A ogni buon conto avviene che Andò, quasi miracolosamente, di giorno in giorno migliora e, di lì a poco, i medici sanciscono l’avvenuta guarigione, dimettendo il paziente dall’ospedale. Andò, durante la convalescenza, per un periodo non esce di casa ma poi inizia a fare salutari passeggiate. Ed ecco che un giorno, il nostro redivivo Andò, incontra don Carlo. Questi, naturalmente, si complimenta con sincero calore per la recuperata salute e si sofferma a evocare i brutti momenti trascorsi da Andò. Al prete torna in mente il gesto degli indici e, curioso, gliene chiede la spiegazione. Il vecchio carbonaio ha come un sussulto ed esprime la sua meraviglia che quel suo gesto non sia stato capito da un prete intelligente come don Carlo. E gli fornisce la spiegazione dicendo: “Don Carlo mia, io rtinìo ll’ànama co’ li déndi, e ttu me vinìi a ddì’ de rassegnamme e mme parlavi de ll’ardilà. Io te facìo cuscì co’ le déte (e qui Andò ripeté il gesto con gli indici) lo sai perché? Perché, don Carlo mia, non ci-aìo la forza de fatte ccuscì!” A questo punto Andò, parlando, aveva abbrancato con la mano sinistra il bicipite del braccio destro, e fece con questo, teso e a pugno chiuso, il noto gesto di scongiuro e sberleffo universalmente noto come… manico di ombrello!
26 dicembre 2016