Il terremoto del 1703 (III puntata)

Come fu affrontato a Roma il terribile sisma del 1703? Ci fu chi abbracciò la preghiera e chi, invece, fece altro…

“Al primo orribile segno del prenominato scuotimento della terra, la Santità di Nostro Signore Papa Clemente XI, preso in mano un crocifisso e stringendolo al seno, si gettò a terra in lacrime supplicando quel pietoso redentore di raffrenar l’ira sua e d’aspettare che il popolo tutto venisse a penitenza”.

Da quel momento, per cinque settimane, Roma tutta fu impegnata in messe, processioni, penitenze, digiuni, giubilei, preghiere collettive a tutti i santi gloriosi; un fervore di funzioni per propiziare la fine del terremoto. Ma ci fu anche un tragicomico episodio…

“Ciò che causò gran meraviglia fu, che nella notte del sabbato 3 di febbraro, verso le ore nove si cominciò per la città a udire un gran strepito, e sussurro, con persone che di porta in porta et anche di palazzo in palazzo andavan buffando, et esclamando, che d’ordine di Sua Santità dovessero tutti fuggire dalle loro case, e ricourarsi né luoghi aperti, e disabitati, mentre verso l’ore dieci di quella medesima notte doveva ad un’altra scossa di terremoto diroccar tutta Roma. Non è credibile lo spavento,  che impresse nel cuore di tutti una tal voce accreditata dal vedersi molti, che di già valendosi di così vano consiglio s’erano appresi alla fuga; di modo che in brevissimo spazio di tempo, seguitando quella proterva gente a spargere sì falso avviso, si diede tutto il popolo a fuggire verso la piazza di san Pietro, verso Campo Vecchio, e verso le porte della città per uscir da quella, con gemiti, con pianti, chi recitando orazioni, chi lacrimando, e chi facendo atti di contrizione, in guisa tale crescendo il timore, che si credevan tutti già morti. E ciò che rese più spavento si fu di vederli fuggire da lor palaggi, e principi, e dame, e cavalieri, e titolati, nè quali la gran tema non diede luogo a loro degni pensieri, considerando, che dalla somma, e impareggiabil prudenza si sua Santità, non potevano originare ordini così confusi, e spaventosi.

In questo tempo fu avvisato il Governo di così notabil disordine, e pienamente informato, che tale ordine non veniva in modo alcuno dal Sommo Pontefice, mandò alcuni soldati delle corazze a cavallo ad avvisare il popolo che tornasse alle sue abitazioni, mentre era stata quella una voce menzognera e bugiarda. Onde nostro Signore il giorno seguente fece pubblicare da Monsignor Illustrisimo governatore di Roma un editto d’impunità, e taglia di feudi 500, a chi avesse rivelato quei tali, che vagando per varii rioni, e avanzandosi alla detestabile temerità di abusarsi del Nome di Nostro Signore (il pontefice) avevano causata tal commozione, e costernazione in ogni sorte di persone, con gran incommodo, e pregiudizio di tutti, la qual taglia crebbe fra pochi giorni a feudi 1000, premendo molto alla Santità Sua di venire al chiaro d’un tal fatto, il quale per esser ancora all’oscuro, credesi che sia stata opera diabolica, tanto più che con somma meraviglia, non successe nessun furto, benché piccolo, con tutto che molti per la velocità del fuggire lasciassero le loro case aperte.”

Anche allora c’erano gli “Amici miei…” che tirarono agli impauriti romani uno scherzo in perfetto stile “Marchese del Grillo”.  È un sistema che a distanza di tre secoli buoni ancora funziona, visto come alcuni personaggi riescono ancor oggi ad alimentare la nostra apprensione…

Simonetta Borgiani

06 novembre 2016

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