Sono un po’ i luoghi satellite dell’epicentro, né fuori né dentro. Arrivi, e sembra tutto in ordine, stessa aria fine da respirare a pieni polmoni, stessi meravigliosi panorami, i tetti sono a posto, i campanili pure. Poi noti che i camini non fumano, che qua e là ci sono i nastri rosso bianchi, che alle porte sono appiccicati fogli bianchi. E al primo piazzale, auto, tende, persone, mezzi e volontari di varie associazioni e della protezione civile giunti da tutta Italia. Sotto il tendone i letti in ordine, su uno spigolo il prete officia la messa, cui assistono tutti, assorti e in lacrime. Spesso i nervi sono a fior di pelle, quando si perde tutto, o quasi si precipita alla base della “piramide di Maslow” (la gerarchia dei bisogni) dove la sopravvivenza, la sicurezza, il proprio spazio, hanno la precedenza su tutto: accaparrarsi un caffè, un posto in branda, un parcheggio, una borsa di vestiti. Per i bisogni secondari, che sono le relazioni, l’autocontrollo, il recupero di pensieri e comportamenti più spontanei ci vuole un po’ di tempo, ci sono schemi e paure da superare. Giusto qualche scatto, per mostrare come la solidarietà sia fondamentale: senza i sindaci e i loro collaboratori, che si fanno in quattro per risolvere le criticità, i comuni satellite sarebbero abbandonati a se stessi. E come sempre, ci sono i volontari, che fanno i doppi turni affinché nessuno sia lasciato solo.
Simonetta Borgiani
Nelle foto il centro di accoglienza di Caccamo e immagini da Pievefavera
02 novembre 2016